Tampep – un progetto per le scuole

Solo poco tempo fa ho notato che nella metro sui monitor ai binari, oltre al bollettino meteo e alla pubblicità, vengono trasmessi anche degli spot sulla prostituzione e sulla tratta umana. Sono delle brevi sequenze di immagini in stile fumetto che finiscono con le parole «Mercato del sesso, tratta, turismo sessuale. Ignorare ci rende complici». In Internet (www.etts.info) ho poi notato che questo progetto va avanti già da due anni. A quanto pare non è per niente così facile tenere gli occhi aperti… nemmeno se ci viene chiesto esplicitamente di farlo.


Si preferisce non parlare di questo tema. Le donne ai bordi delle strade di Torino e lungo i campi fuori città fanno parte in qualche modo dell’immagine odierna cittadina e del paesaggio. In proposito ci può scuotere un numero nudo e crudo:

«Ogni anno nel mondo 1.390.000 persone, nella stragrande maggioranza donne e bambine, sono ridotte allo stato di schiave sessuali e comprate, vendute e rivendute come materia prima, come ostaggi o trofei».


Da un anno la nostra comunità sostiene l’Onlus Tampep Italia, la succursale del posto di un’organizzazione di livello europeo. Le sue attiviste prendono contatto con delle donne vittime per offrire loro consulenza sulla salute e giuridica.


Siccome volevo sapere di più sull’organizzazione, un tardo pomeriggio ho accompagnato Rosanna – la presidente – e Piera in un liceo. 

Il loro obiettivo era informare e sensibilizzare sulla tratta umana e sul turismo del sesso una classe della Maturità in un progetto suddiviso in tre parti. La classe è composta da più di venti allieve e un allievo. 

Parlare con loro di un tema così difficile… come si fa?


La settimana precedente era stato mostrato un video; oggi, però, si continua in modo completamente diverso: i banchi vengono messi di lato; al centro dell’aula vengono disegnati tre campi. Un campo significa «sono d’accordo», un altro «non sono d’accordo» e nel mezzo «non ne sono sicuro/a».


Gli allievi devono prendere una posizione… nel senso vero e proprio, in modo fisico. Si inizia con delle affermazioni semplici, per esempio «Vacanza significa avventura». Non tutti, ma molti, si mettono nel campo «sono d’accordo». Dopo, le affermazioni diventano più impegnative: «Il sesso è una cosa bella per tutti» oppure «Nella moderna economia di mercato ognuno può vendere quello che vuole». Viene annotato il numero degli allievi nei rispettivi campi.


Poi si siedono tutti in un grande cerchio e gli allievi si possono esprimere sulle singole affermazioni. A differenza dei talkshow, però, parla soltanto una persona: quella che ha la palla tra le mani. Gli altri ascoltano… e per davvero! Finché la palla viene lanciata alla ragazza successiva.


All’inizio, Piera e Rosanna devono fare ogni tanto delle domande chiarificatrici, ma ben presto il gruppo prende slancio. I ragazzi parlano di se stessi; della sessualità, della famiglia, dei valori, delle speranze, delle paure. L’insegnante è nell’aula, ma la questione se nella scuola vengano trasmessi dei valori viene discussa come se lei non ci fosse. Le accompagnatrici danno soltanto degli impulsi, a volte fanno domande per chiarire delle cose, incoraggiano a parlare, ma non giudicano mai quanto viene detto. E tutti hanno la parola, proprio tutti. Senza pressione.


Dopo un’ora e mezza, suona la campanella; due studentesse vanno via perché devono andare a un’altra lezione; gli altri rimangono e continuano a parlare.

Dopo due ore, saluto e torno a casa arricchito e per qualche verso felice. È così che si può fare, penso tra me e me: non è il tragico problema a determinare il discorso, bensì le persone si aprono l’una verso l’altra e nasce uno spazio della fiducia nel quale anche i problemi possono essere visti assieme. Non come qualcosa di esotico, lontano da qualsiasi esperienza personale, bensì con riferimenti alla propria persona. In questa prospettiva potrebbe succedere che la donna al bordo della strada non faccia più parte dell’immagine cittadina come gli alberi dei viali, bensì appartenga ai nostri simili, diventi il nostro prossimo… almeno nella nostra testa.


Sono felice che noi come comunità sosteniamo Tampep. 

A voi auguro una bell’estate con tanti incontri umani

Il vostro Pastore Heiner Bludau   


   (testo pubblicato sul nostro notiziario NOI/WIR, edizione maggio-settembre 2013)


Versione tedesca dell'articolo: Tampep - ein Schulprojekt