17.03.2024 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica 17 marzo 2024

ore 11:00

Chiesa San Francesco d'Assisi Via San Francesco d'Assisi 11 Torino


Domenica di Judica

Predica su Genesi 22:1-14

Foto: Lehmann
Foto: Lehmann

Wo und Wann?


Sonntag,  17. März 2024

11:00 Uhr

Chiesa San Francesco d'Assisi Via San Francesco d'Assisi 11 Torino


Sonntag Judika

Predigt über 

1. Mose 22,1-14 



Predica


Cara comunità, care sorelle e cari fratelli!

Non credo che nessuno di voi rimarrà indifferente alla storia che stiamo per ascoltare. Dio chiede un sacrificio ad Abramo, il capostipite del popolo d'Israele. Questo sacrificio è così grande che la maggior parte di noi dirà: È troppo grande, Dio non può chiedere un sacrificio così grande ad Abramo. Che razza di Dio è questo? D'altra parte, vedremo che Abramo è pronto a compiere questo sacrificio. Ascoltiamo il capitolo 22 della Genesi.

1 Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 2 Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». 3 Abramo si alzò di buon mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. 4 Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. 5 Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». 6 Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt'e due insieme. 7 Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?». 8 Abramo rispose: «Dio stesso provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutt'e due insieme; 9 così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. 10 Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. 11 Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 12 L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio». 13 Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. 14 Abramo chiamò quel luogo: «Il Signore provvede», perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore provvede». (Traduzione di C.E.I.)

Vedete la grandezza del sacrificio che Dio chiede ad Abramo? "Prendi Isacco, il tuo unico figlio che ami, va' nel paese di Moria e immolalo là come olocausto". Chi riesce a fare un sacrificio così enorme? Isacco è la cosa più preziosa e più grande che Abramo possiede. Quanto dolore proverà Abramo durante il lungo viaggio che farà con suo figlio fino alla cima del Monte Moria, fino a quando legherà Isacco sull'altare! 

 

E Dio? Come può Dio richiedere un sacrificio così grande? Come può fare questo ad Abramo? Dio appare così crudele! Inoltre, Dio interviene solo all'ultimo momento, quando Abramo prende il coltello in mano per uccidere suo figlio. In fondo, Dio non vuole questo sacrificio e impedisce ad Abramo di farlo. Ma Abramo non sa nulla dei piani di Dio. Dio non sta forse giocando un gioco molto malvagio e cinico con Abramo? E Dio non solo appare crudele in questa storia, ma appare anche contraddittorio. Isacco è il figlio che Dio diede ad Abramo e a sua moglie Sara in età avanzata. Ed è a Isacco che Dio ha legato la promessa di fare di Abramo una grande nazione grazie alla quale tutte le altre nazioni del mondo sarebbero state benedette. Ma ora Dio improvvisamente si riprende questo figlio e con lui questa grande promessa di benedizione. "Dio", vorremmo gridare, "cosa stai facendo, cosa vuoi, sei così incomprensibile, così contraddittorio!".

 

Non so come la pensiate voi su questa storia. Ma Vi confesso che quando l’ho letta, non solo ho provato incomprensione, ma anche rabbia nei confronti di Dio. Che cosa stai facendo, Dio, ad Abramo! - Eppure oggi voglio incentrare la mia predica su a questa storia senza lasciarvi con tante domande senza risposta. Vorrei cercare di mostrarvi il significato positivo che credo questa storia voglia trasmettere. Per farlo, dobbiamo metterci nei panni di Abramo.

 

Anche Abramo non capirà cosa Dio gli sta chiedendo. Durante il lungo viaggio verso il Monte Moria - la marcia dura tre giorni – sentirà un groviglio di emozioni contrastanti dentro di lui. Si porrà le domande che abbiamo appena fatto: Che cosa mi stai facendo, Dio, che esigi da me il mio unico e amato figlio che mi hai donato in precedenza? Vuoi anche riprenderti la tua benedizione, con la quale vuoi benedire le nazioni del mondo attraverso Isacco. Come faccio a capirti, Dio?

 

Eppure, nonostante le domande e il dolore, Abramo obbedisce a Dio. Abramo si aggrappa a Dio, si affida a Dio anche in questo cammino, pur non comprendendolo. È disposto a mettere Dio al di sopra di tutto e ad amare Dio al di sopra di ogni altra cosa. Abramo mette Dio al di sopra del suo amore per il figlio e della benedizione che Dio gli ha promesso. È pronto a rinunciare a tutto per l’amore di Dio. Dio è il bene più grande che ha nella vita. Abramo è pronto a rinunciare a tutto, tranne che a Dio.

 

A questo punto potete capire quanto questa storia sia vicina alla nostra vita! Anche nella nostra vita ci sono dei momenti in cui Dio ci sembra del tutto incomprensibile, anzi, in cui sembra rivoltarsi contro di noi. Perdiamo la salute e ci ammaliamo, perdiamo il lavoro e il reddito, amici fedeli ci deludono o la nostra famiglia si allontana da noi, persone care intorno a noi muoiono, forse anche un figlio (l'amato Isacco) muore, assistiamo a guerre e violenze o viviamo in mezzo a tali condizioni terribili. Tutto questo può mettere alla prova la nostra fede e il nostro amore per Dio! Se seguiamo l'esempio di Abramo, ci aggrappiamo a Dio in tutto questo, anzi nonostante tutto, e non dubitiamo dell'amore di Dio per noi, per quanto le azioni di Dio possano sembrarci incomprensibili, per quanto sembrino dirette contro di noi. Siamo disposti a rinunciare a tutto il resto per rimanere con Dio, Dio come bene supremo.

 

Ma dove troviamo la certezza che Dio abbia davvero buone intenzioni nei nostri confronti? Per noi Cristiani, l'amore che Dio ci ha rivelato in Gesù Cristo è il nostro solido sostegno. Dio non ha risparmiato suo figlio Gesù, ma lo ha dato alla morte per noi. Con Gesù, Dio ci dà quanto più alto e più grande per mostrarci l’immensità del suo amore per noi - proprio come Abramo espresse il suo più alto amore per Dio quando fu pronto a dare suo figlio Isacco a Dio. Dobbiamo aggrapparci a questo amore che Dio ci mostra in Gesù, anche quando tutto nella nostra vita sembra parlare contro questo amore. (Attraverso Gesù crediamo in Dio contro Dio).

 

Nella chiesa del villaggio della mia precedente comunità in Baviera, la storia del sacrificio di Isacco è rappresentata in un murale. È un dipinto che risale a diversi secoli fa ed è piuttosto sbiadito. Tuttavia, si può riconoscere l'altare costruito da Abramo e Isacco che giace legato su di esso, accanto all'altare Abramo con il braccio alzato e il coltello in mano e sopra di lui l'angelo di Dio che interviene all'ultimo momento e impedisce il sacrificio. Si vede la croce su cui è appeso Gesù e, vicino alla croce, la famiglia di coloro che hanno donato il dipinto. La famiglia si inginocchia davanti alla croce e sembra adorare il crocifisso. Io interpreto il dipinto in questo modo: Ciò che Dio ha rimesso ad Abramo all'ultimo momento - cioè sacrificare suo figlio - non lo ha rimesso a sé stesso, ma ha lasciato che suo figlio morisse per noi. Si potrebbero mettere le parole di preghiera in bocca alla famiglia dei donatori che guardano la croce: "Ora sappiamo che tu, Dio, ami noi esseri umani, perché non hai risparmiato il tuo unico figlio per il nostro bene".

 

Come questa famiglia di donatori, diciamo una preghiera davanti alla croce. Pronuncio le parole della preghiera e vi invito a pregare con me. "Signore, Dio nostro, Padre celeste, a volte sei completamente estraneo, distante e nascosto da noi, e non riusciamo a capire cosa stai facendo per noi. Proprio in questi momenti ti chiediamo di non lasciarci allontanare da te e rompere con te, ma di restare saldamente con te. Ti chiediamo di mostrarci tuo Figlio Gesù Cristo, nel quale riconosciamo tutto il tuo amore, che risplende come il sole. Fa' che viviamo con gli occhi fissi su Gesù e che crediamo nel tuo amore anche nei momenti più bui. Non vogliamo perdere Gesù. Dio, non vogliamo perder te. Tu sei il nostro bene più grande. Tienici con te finché non vedremo il tuo amore per noi in tutta la sua purezza e bellezza nell'eternità. Amen".

"E la pace di Dio, che supera di gran lunga ogni comprensione umana, mantenga la vostra mente e la vostra volontà nella bontà, sicuri nella comunione di Gesù Cristo". (Filippesi 4:7)

Pastore Tobias Brendel

St Jakobuskirche Dürrenmungenau
St Jakobuskirche Dürrenmungenau

Predigt


Liebe Gemeinde, liebe Schwestern und Brüder!

Ich glaube kaum, dass irgendeinen von Euch die Geschichte, die wir gleich hören werden, kalt lässt. Da fordert Gott ein Opfer von Abraham, dem Stammvater des Volkes Israel. Dieses Opfer ist so groß, dass die meisten von uns sagen werden: Es ist zu groß, ein solch großes Opfer kann Gott unmöglich von Abraham verlangen. Was ist das nur für ein Gott?! Andererseits werden wir sehen, dass Abraham bereit ist, dieses Opfer zu erbringen. Hören wir aus dem 1. Buch Mose, dem 22. Kapitel.

1 Nach diesen Geschichten versuchte Gott Abraham und sprach zu ihm: Abraham! Und er antwortete: Hier bin ich. 2 Und er sprach: Nimm Isaak, deinen einzigen Sohn, den du lieb hast, und geh hin in das Land Morija und opfere ihn dort zum Brandopfer auf einem Berge, den ich dir sagen werde. 3 Da stand Abraham früh am Morgen auf und gürtete seinen Esel und nahm mit sich zwei Knechte und seinen Sohn Isaak und spaltete Holz zum Brandopfer, machte sich auf und ging hin an den Ort, von dem ihm Gott gesagt hatte. 4 Am dritten Tage hob Abraham seine Augen auf und sah die Stätte von ferne. 5 Und Abraham sprach zu seinen Knechten: Bleibt ihr hier mit dem Esel. Ich und der Knabe wollen dorthin gehen, und wenn wir angebetet haben, wollen wir wieder zu euch kommen. 6 Und Abraham nahm das Holz zum Brandopfer und legte es auf seinen Sohn Isaak. Er aber nahm das Feuer und das Messer in seine Hand; und gingen die beiden miteinander. 7 Da sprach Isaak zu seinem Vater Abraham: Mein Vater! Abraham antwortete: Hier bin ich, mein Sohn. Und er sprach: Siehe, hier ist Feuer und Holz; wo ist aber das Schaf zum Brandopfer? 8 Abraham antwortete: Mein Sohn, Gott wird sich ersehen ein Schaf zum Brandopfer. Und gingen die beiden miteinander. 9 Und als sie an die Stätte kamen, die ihm Gott gesagt hatte, baute Abraham dort einen Altar und legte das Holz darauf und band seinen Sohn Isaak, legte ihn auf den Altar oben auf das Holz 10 und reckte seine Hand aus und fasste das Messer, dass er seinen Sohn schlachtete. 11 Da rief ihn der Engel des HERRN vom Himmel und sprach: Abraham! Abraham! Er antwortete: Hier bin ich. 12 Er sprach: Lege deine Hand nicht an den Knaben und tu ihm nichts; denn nun weiß ich, dass du Gott fürchtest und hast deines einzigen Sohnes nicht verschont um meinetwillen. 13 Da hob Abraham seine Augen auf und sah einen Widder hinter sich im Gestrüpp mit seinen Hörnern hängen und ging hin und nahm den Widder und opferte ihn zum Brandopfer an seines Sohnes statt. 14 Und Abraham nannte die Stätte »Der HERR sieht«. Daher man noch heute sagt: Auf dem Berge, da der HERR sich sehen lässt. 

Seht Ihr die Größe des Opfers, das Gott von Abraham fordert? „Nimm Isaak, deinen einzigen Sohn, den du lieb hast, und geh hin in das Land Morija und opfere ihn dort zum Brandopfer.“ Kann jemand ein solch großes Opfer bringen? Isaak ist das Höchste und Größte, was Abraham besitzt. Wieviel Schmerz wird Abraham auf dem langen Weg empfinden, den er zusammen mit seinem Sohn bis oben hin auf den Berg Morija zurücklegt, bis er Isaak auf den Altar bindet! 

 

Und Gott? Wie kann Gott ein solch großes Opfer fordern? Wie kann er Abraham das antun? Wie grausam erscheint hier Gott! Noch dazu schreitet Gott erst im letzten Moment ein, als Abraham das Messer in die Hand nimmt, um seinen Sohn zu töten. Denn Gott will ja letztendlich gar nicht dieses Opfer und hindert Abraham daran. Aber Abraham weiß von diesen Plänen Gottes nichts. Spielt Gott hier nicht ein ganz böses, zynisches Spiel mit Abraham? Und Gott erscheint in dieser Geschichte nicht nur grausam, sondern er erscheint auch widersprüchlich. Isaak ist ja der Sohn, den Gott Abraham und seiner Frau Sarah in deren hohen Alter noch geschenkt hat. Und an Isaak hat Gott die Verheißung geknüpft, Abraham zu einem großen Volk zu machen, durch das alle anderen Völker der Welt gesegnet werden sollen. Doch nun nimmt Gott unvermittelt diesen Sohn und mit ihm diese große Segensverheißung wieder zurück. „Gott“, so möchte man schreien, „was tust du, was willst du, du bist so unverständlich, so widersprüchlich!“

 

Ich weiß nicht, wie es Euch mit dieser Geschichte geht. Aber ich gestehe Euch, dass ich beim Lesen dieser Geschichte nicht nur Unverständnis, sondern auch schon Wut gegen Gott empfunden habe. Was, Gott, tust du Abraham da an! - Und trotzdem will ich Euch heute diese Geschichte predigen, und dabei will ich Euch nicht mit lauter Fragen zurücklassen. Ich will versuchen, Euch den positiven Sinn zu zeigen, den diese Geschichte aus meiner Sicht aussagen möchte. Dazu müssen wir uns in Abraham hineinversetzen.

 

Auch Abraham wird nicht verstehen, was Gott von ihm fordert. Auf dem langen Weg zum Berg Morija – drei Tage dauert der Marsch – wird es in Abraham heftig arbeiten. Er wird sich selbst die Fragen stellen, die wir gerade gestellt haben: Was tust du mir an, Gott, forderst meinen einzigen, geliebten Sohn von mir, den du mir zuvor geschenkt hast? Du willst auch deinen Segen zurücknehmen, mit dem du die Völker der Welt durch Isaak segnen willst. Wie soll ich dich nur verstehen, Gott?

 

Doch trotz dieser Fragen und Schmerzen gehorcht Abraham Gott. Abraham hält an Gott fest, er vertraut sich Gott auch auf diesem Weg an, obwohl er Gott nicht versteht. Er ist bereit, Gott über alles zu stellen und Gott vor allem anderen zu lieben. Abraham stellt Gott über die Liebe zu seinem Sohn und über den Segen, den Gott ihm verheißen hat. Er ist bereit, um Gottes Willen alles aufzugeben. Gott ist das höchstes Gut, das er im Leben hat. Alles ist Abraham bereit aufzugeben, nur Gott nicht.

 

An dieser Stelle seht, wie nah diese Geschichte an unserem Leben dran ist! Auch in unserem Leben gibt es Momente, in denen uns Gott völlig unverständlich erscheint, ja in denen er sich gegen uns zu richten scheint. Wir verlieren unsere Gesundheit und werden krank, wir verlieren unsere Arbeit und unsere Einkünfte, es lassen uns treue Freunde im Stich oder unsere Familie wendet sich von uns ab, es sterben liebe Menschen um uns herum, vielleicht stirbt sogar ein Kind (ein geliebter Isaak), wir sehen Krieg und Gewalt oder wir leben inmitten solch schlimmer Zustände. Wie kann das unseren Glauben und unsere Liebe zu Gott auf den Prüfstand stellen! Folgen wir dem Vorbild Abrahams, so halten wir in dem allen, ja trotz allem an Gott fest und zweifeln nicht an Gottes Liebe zu uns, so unverständlich uns Gottes Handeln auch erscheinen mag, so sehr es auch gegen uns gerichtet scheint. Wir sind bereit, alles andere aufzugeben, um Gott zu behalten, Gott als unser höchstes Gut.

 

Doch woher nehmen wir die Gewissheit, dass Gott es tatsächlich gut mit uns meint? Als Christen halten wir uns an der Liebe fest, die Gott uns in Jesus Christus offenbart hat. Gott hat seinen Sohn Jesus nicht verschont, sondern er hat ihn für uns in den Tod gegeben. Mit Jesus gibt Gott uns sein Höchstes und Größtes, um uns die Größe seiner Liebe zu uns zu zeigen – so wie Abraham seine höchste Liebe zu Gott zum Ausdruck brachte, als er bereit war, Gott seinen Sohn Isaak zu geben. An dieser Liebe, die Gott uns in Jesus zeigt, sollen wir uns festhalten, selbst dann, wenn alles in unserem Leben gegen diese Liebe zu sprechen scheint. (Durch Jesus glauben wir gegen Gott an Gott.)

 

In der Dorfkirche meiner früheren Gemeinde in Bayern ist die Geschichte von der Opferung Isaaks als Wandgemälde dargestellt. Dieses Gemälde ist schon einige Jahrhunderte alt und etwas verblasst. Trotzdem erkennt man auf ihm den Altar, den Abraham gebaut hat, und Isaak darauf gebunden liegend, neben dem Altar Abraham mit erhobenem Arm und Messer in der Hand und über ihm der Engel Gottes, der im letzten Moment einschreitet und die Opferung verhindert. Und man sieht das Kreuz, an dem Jesus hängt, und in der Nähe des Kreuzes die Familie derer, die das Bild gestiftet haben. Die Familie kniet vor dem Kreuz und scheint den Gekreuzigten anzubeten. Ich verstehe das Bild so: Was Gott dem Abraham im letzten Augenblick erlassen hat – nämlich seinen Sohn zu opfern –, das hat er sich selbst nicht erlassen, sondern hat seinen Sohn für uns in den Tod gegeben. Man könnte der Familie der Stifter, die auf das Kreuz blickt, die Gebetsworte in den Mund legen: „Nun wissen wir, dass du, Gott, uns Menschen liebhast, denn du hast deinen einzigen Sohn nicht verschont um unsertwillen.“

 

Lasst uns wie diese Stifterfamilie vor dem Kreuz ein Gebet sprechen. Ich spreche Gebetsworte und lade Euch ein mitzubeten. „Herr, unser Gott, himmlischer Vater, manchmal bist du uns ganz fremd und fern und verborgen, und wir haben keinerlei Verständnis dafür, was du mit uns tust. Wir bitten dich, dass wir uns in solchen Momenten nicht von dir abwenden und mit dir brechen, sondern an dir festhalten. Wir bitten dich, dass du uns gerade in solchen Momenten deinen Sohn Jesus Christus vor Augen stellst, in dem wir Deine ganze Liebe erkennen, die so hell scheint wie die Sonne. Mit dem Blick auf Jesus lass uns leben und auch in den finstersten Momenten an deine Liebe glauben. Jesus wollen wir nicht verlieren. Dich, Gott, wollen wir nicht verlieren. Du bist doch unser höchstes Gut. Halt uns bei Dir, bis wir in der Ewigkeit deine Liebe zu uns in all ihrer Reinheit und Schönheit sehen werden. Amen.“

„Und der Friede Gottes, der alles menschliche Begreifen weit übersteigt, bewahre euer Denken und Wollen im Guten, geborgen in der Gemeinschaft mit Jesus Christus.“ (Philipper 4,7)

Pfarrer Tobias Brendel