17.12.2023 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica 17 dicembre 2023

ore 11:00

Culto della 3a domenica d'Avvento

Chiesa San Francesco d'Assisi Via San Francesco d'Assisi 11 Torino


Predica su  Isaia 40,1-11 

Georg Friedrich Händel, dipinto di - Gemälde von Thomas Hudson (1749)
Georg Friedrich Händel, dipinto di - Gemälde von Thomas Hudson (1749)

Wo und Wann?


Sonntag,  17. Dezember 2023

11:00 Uhr

Gottesdienst zum 3. Advent

Chiesa San Francesco d'Assisi Via San Francesco d'Assisi 11 Torino


Predigt über 

Jesaja 40,1-11 



Predica


Cara comunità, care sorelle e  cari fratelli!

A volte si dice che la Bibbia sia obsoleta. I suoi testi sarebbero troppo vecchi e non avrebbero più nulla a che fare con la vita dell'uomo moderno. Io credo che questo non sia vero, ma che possiamo osservare l'esatto contrario nel testo della predica di questa domenica. Il testo è un brano dell'Antico Testamento, tratto dal libro di Isaia, capitolo 40, i primi undici versetti. Questo testo è molto antico, ha più di 2500 anni, ma la sua potenza e la sua vitalità  sono efficaci in ogni epoca, in ogni secolo, in ogni giorno, anche nell'odierna terza domenica di Avvento - e possono toccare il cuore anche dell'uomo moderno, proprio come lo siamo noi, tu e io. Più avanti illustrerò questo concetto con un esempio concreto.

 

Prima di ascoltare il testo: Di cosa parla questo brano del libro del profeta Isaia? È un messaggio di grande conforto quello che ascoltiamo: "Consolate, consolate il mio popolo!" sono le prime parole. Dio conforta il suo popolo, Israele, che è stato in esilio a Babilonia per 70 anni. Dio annuncia la svolta: "Io stesso verrò per condurre il mio popolo dall'esilio alla sua patria e per ricostruire la devastata capitale Gerusalemme". L'intero brano recita così: 

1 «Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. 2 Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità, perché ha ricevuto dalla mano del Signore doppio castigo per tutti i suoi peccati».

3 Una voce grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio. 4 Ogni valle sia colmata, ogni monte e colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in pianura.

5 Allora si rivelerà la gloria del Signore e ogni uomo la vedrà, poiché la bocca del Signore ha parlato». 6 Una voce dice: «Grida» e io rispondo: «Che dovrò gridare?». Ogni uomo è come l'erba e tutta la sua gloria è come un fiore del campo.

7 Secca l'erba, il fiore appassisce quando il soffio del Signore spira su di essi. 8 Secca l'erba, appassisce il fiore, ma la parola del nostro Dio dura sempre. Veramente il popolo è come l'erba. 9 Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion; alza la voce con forza, tu che rechi liete notizie in Gerusalemme. Alza la voce, non temere; annunzia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio! 10 Ecco, il Signore Dio viene con potenza, con il braccio egli detiene il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e i suoi trofei lo precedono. 11 Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore madri».

(Traduzione C.E.I)

Possono queste parole antiche essere efficaci ancora oggi? Come ho detto, risalgono a più di 2500 anni fa e furono originariamente rivolte a Israele. Eppure penso: sì, possono esserlo. Nel 1741, ad esempio, ebbero un effetto davvero impressionante su un personaggio famoso. A quel tempo, il compositore Georg Friedrich Händel era in grave crisi. Preoccupazioni, difficoltà finanziarie e domande sul futuro lo opprimevano. Era talmente in difficoltà che non riusciva più a comporre. Non riusciva più a trovare accesso alla musica; come il popolo di Israele, era intrappolato nell'esilio e allo stremo delle forze. Per settimane vagò senza meta per le strade di Londra fino a notte fonda. Tuttavia, quando tornò a casa una di queste notti, trovò una busta spessa sulla sua scrivania. Era il testo di un nuovo oratorio intitolato "Il Messia". Händel doveva comporne la musica, ma quando lo lesse, scosse la testa. Come avrebbe potuto affrontare un'opera del genere nel suo stato attuale?

 

Con riluttanza, diede un'occhiata al testo e fu profondamente scosso dalle prime parole: "Consolate!". Erano parole della Bibbia, le parole del capitolo 40 di Isaia che abbiamo appena ascoltato. Händel le lesse di nuovo: "Consolate!". Queste parole erano come se fossero state pronunciate per lui. Erano parole di Dio, come una risposta dal cielo a lui personalmente: "Sii consolato!". Queste parole toccarono l'anima scoraggiata di Händel come un balsamo. Risuonarono dentro di lui, anzi, Händel sentì questo incoraggiamento nella musica. Era come un suono morbido che diventava sempre più pieno, sempre più sonoro, sempre più potente. E all'improvviso accade qualcosa di inaspettato ad Händel: inizia a comporre e non si ferma più! Compone, crea, fa musica e scrive e scrive e scrive per i giorni e le notti sequenti quasi senza interruzione. È così che nasce la magnifica opera "Il Messia". Viene terminata in soli 21 giorni. Händel sviluppa intensamente la parola finale "Amen" dal punto di vista musicale; è come una grande lode a Dio in un lento crescendo. L'intero oratorio diventa così una preghiera e un canto di lode: "Amen, Amen, Amen!". Per Georg Friedrich Händel fu chiaro fino alla fine della sua vita che Dio lo aveva incontrato in quei giorni, lo aveva confortato e aiutato: "Dio è stato con me".

 

Quando sento questa storia, mi chiedo: perché le parole della Bibbia dovrebbero essere superate? Perché Dio non dovrebbe incontrarci ancora oggi attraverso di esse? Perché Dio non dovrebbe confortarci ancora oggi attraverso di esse? 

 

Intuitivamente, Händel ha colto nel segno: ha considerato le parole di Dio "Consolate!" rivolte alla sua persona, le ha riferite a sé stesso come un richiamo di Dio. Naturalmente, queste parole erano originariamente rivolte a Israele. Ma soprattutto ora, nel periodo dell'Avvento, possiamo vedere che Dio non è venuto per confortare soltanto Israele. Piuttosto, attraverso Gesù - attraverso il "Messia" - Dio si è fatto uomo ed è quindi venuto da ogni essere umano per confortare ognuno di noi. Händel deve averlo capito: Il Messia Gesù è venuto anche per me, per confortarmi e risanarmi. Questo ha liberato in Händel un'enorme speranza, forza ed energia.

 

Händel deve anche aver capito : Dio è davvero con me, si sta prendendo cura della mia brutta situazione. Dio non parla dall'alto, dal cielo senza voler essere coinvolto nei  bisogni concreti di una persona. No, in Gesù, Dio diventa umano come noi e condivide con noi il nostro destino. Nulla di ciò che pesa su noi umani è escluso da Dio, ma Dio se ne fa carico e soffre con noi attraverso Gesù. Egli stesso viene di persona per confortarci. Come potrebbe non essere con Georg Friedrich Händel, nel suo dolore, nelle sue difficoltà finanziarie, nelle sue domande sul futuro, lui, Dio, che ha deposto sé stesso in una mangiatoia e si è persino abbassato fino a noi per subire la nostra morte sulla croce? No, Händel sapeva che Dio era personalmente con lui nel profondo della sua angoscia. 

 

E non importava che nulla fosse cambiato nelle circostanze esterne di Händel. Händel non trovò un mucchio di banconote nel suo appartamento quando tornò a casa quella sera, banconote che avrebbero posto fine alle sue difficoltà finanziarie. No, aveva ancora bisogno di soldi. Ma trovò le parole di Dio: "Consolate!", così che improvvisamente seppe che Dio era al suo fianco, nella sua casa, molto vicino a lui. É in questo modo che cambiò la sua vita: il Dio confortante per lui. Una grande luce di speranza brillò improvvisamente sulla sua vita cupa.

 

Spero sinceramente che la parola confortante di Dio raggiunga anche i nostri cuori e che la sua luce di speranza renda le nostre vite più luminose, che qualcosa di simile a Händel accada anche a noi che siamo qui riuniti oggi e che alla fine accada a ciascuno di noi questa mattina. Ognuno di noi ha bisogno delle parole di conforto di Dio ancora e ancora. Ma siamo in grado di fare in modo che esse dispieghino la loro forza dentro di noi? Ci sono situazioni in cui ci sentiamo completamente impotenti e deboli. Siamo bloccati in esilio come il popolo d'Israele, la nostra patria è scomparsa e non c'è più; o bloccati in esilio come Händel, che non riesce più a trovare accesso alla musica, che non riesce più a trovare accesso alla speranza. Ma poi, come dal nulla, arriva una parola di Dio che si afferma in noi, abbattendo tutte le porte chiuse, liberando la strada e accendendo la luce e la speranza nei nostri cuori. Così è stato per Israele, così è stato per Händel. Händel non ha fatto nulla, proprio nulla; è stato Dio a fare tutto in Händel. E perché questo accada, perché Dio prevalga in noi con la sua consolazione, perché prevalga in modo totale e assoluto, non possiamo farlo da soli, possiamo solo chiedere a Dio, possiamo solo pregare.

 

Pregare in questo modo per chiedere la consolazione di Dio per noi è ciò che vorrei fare ora con noi alla fine di questa predica. Vi invito a unirvi a me in una preghiera silenziosa. "Signore, nostro Dio, Padre celeste, che conforti come una madre conforta, che sei venuto nel nostro intimo attraverso il tuo Figlio Gesù Cristo! Questa mattina siamo davanti a te con un cuore debole e vuoto. Desideriamo profondamente il tuo conforto e la tua speranza. Apriamo tutte le porte della nostra vita davanti a te e ti chiediamo: entra in noi, trascorri con noi il tuo Avvento. Riempi i nostri cuori e le nostre vite. Allontana da noi ogni paura e angoscia. Accendi in noi le tue luci di speranza. Sollevaci. Mostraci di nuovo la tua strada. Lascia che attraversiamo la vita guidati da te. Sì, perché ti sei fatto uomo in Gesù, ci fidiamo di te. Verrai, anche da noi, anche nelle nostre profondità. Guardiamo a te con fede e speranza. Ti ringraziamo perché ci ascolti. Amen.

"E la pace di Dio, che supera di gran lunga ogni comprensione umana, mantenga la vostra mente e la vostra volontà nella bontà, sicuri nella comunione di Gesù Cristo". (Filippesi 4:7)

Pastore Tobias Brendel

Foto: Okapia. Statua sul Vecchio Cimitero di Monaco meridionale;  Grabdenkmal auf dem Alten Südfriedhof in der Landeshauptstadt München, Oberbayern, Bayern, Deutschland
Foto: Okapia. Statua sul Vecchio Cimitero di Monaco meridionale; Grabdenkmal auf dem Alten Südfriedhof in der Landeshauptstadt München, Oberbayern, Bayern, Deutschland

Predigt


Liebe Gemeinde, liebe Schwestern und Brüder!

Der Bibel wird manchmal nachgesagt, sie sei nicht mehr aktuell. Ihre Texte seien zu alt und hätten mit den Lebensumständen des modernen Menschen nichts mehr zu tun. Ich meine, dass das nicht stimmt, sondern dass wir etwa an dem Predigttext des heutigen Sonntags genau das Gegenteil beobachten können. Bei diesem Text handelt es sich um einen Abschnitt aus dem Alten Testament, aus dem Buch Jesaja, Kapitel 40, die ersten elf Verse. Dieser Text ist sehr alt, mehr als 2500 Jahre alt, aber er hat eine Kraft und Lebendigkeit, die zu jedem Zeitalter ihre Wirkung entfalten können, in jedem Jahrhundert, an jedem Tag, ja auch am heutigen 3. Adventssonntag – und sie können auch das Herz des modernen Menschen treffen, so wie wir, du und ich, einer sind. An einem konkreten Beispiel möchte ich Euch das gleich deutlich machen.

 

Bevor wir den Text hören: Um was geht es in diesem Abschnitt aus dem Buch des Propheten Jesaja? Es ist eine durch und durch tröstliche Botschaft, die wir dort hören: „Tröstet, tröstet mein Volk!“, so lauten die ersten Worte. Gott lässt sein Volk Israel trösten, das sich seit 70 Jahren im Exil in Babylon befindet. Gott kündigt die Wende an: "Ich selbst komme, um mein Volk aus dem Exil zurück in seine Heimat zu führen und die verwüstete Hauptstadt Jerusalem wiederaufzubauen."

Der gesamte Abschnitt lautet so

1 Tröstet, tröstet mein Volk!, spricht euer Gott. 2 Redet mit Jerusalem freundlich und predigt ihr, dass ihre Knechtschaft ein Ende hat, dass ihre Schuld vergeben ist; denn sie hat die volle Strafe empfangen von der Hand des HERRN für alle ihre Sünden. 3 Es ruft eine Stimme: In der Wüste bereitet dem HERRN den Weg, macht in der Steppe eine ebene Bahn unserm Gott! 4 Alle Täler sollen erhöht werden, und alle Berge und Hügel sollen erniedrigt werden, und was uneben ist, soll gerade, und was hügelig ist, soll eben werden; 5 denn die Herrlichkeit des HERRN soll offenbart werden, und alles Fleisch miteinander wird es sehen; denn des HERRN Mund hat’s geredet. 6 Es spricht eine Stimme: Predige!, und ich sprach: Was soll ich predigen? Alles Fleisch ist Gras, und alle seine Güte ist wie eine Blume auf dem Felde. 7 Das Gras verdorrt, die Blume verwelkt; denn des HERRN Odem bläst darein. Ja, Gras ist das Volk! 8 Das Gras verdorrt, die Blume verwelkt, aber das Wort unseres Gottes bleibt ewiglich. 9 Zion, du Freudenbotin, steig auf einen hohen Berg; Jerusalem, du Freudenbotin, erhebe deine Stimme mit Macht; erhebe sie und fürchte dich nicht! Sage den Städten Judas: Siehe, da ist euer Gott; 10 siehe, da ist Gott der HERR! Er kommt gewaltig, und sein Arm wird herrschen. Siehe, was er gewann, ist bei ihm, und was er sich erwarb, geht vor ihm her. 11 Er wird seine Herde weiden wie ein Hirte. Er wird die Lämmer in seinen Arm sammeln und im Bausch seines Gewandes tragen und die Mutterschafe führen.   

Können solche alten Worte heute noch eine Wirkung haben? Wie gesagt, sie sind mehr als 2500 Jahre alt und sind ursprünglich an Israel gerichtet. Und doch meine ich: Ja, sie können es. Im Jahr 1741 etwa haben sie auf sehr eindrucksvolle Weise an einer berühmten Persönlichkeit ihre Wirkung entfaltet. Damals steckte der Komponist Georg Friedrich Händel in einer schweren Krise. Sorgen, Geldnöte und Zukunftsfragen drückten ihn nieder. Es ging ihm so schlecht, dass er nicht mehr komponieren konnte. Er fand keinen Zugang mehr zur Musik, er war wie das Volk Israel gefangen im Exil, er war am Ende seiner Kraft. Seit Wochen lief er bis spät in die Nacht ziellos durch die Straßen Londons. Als er jedoch in einer dieser Nächte zurück nach Hause kam, fand er ein dickes Kuvert auf seinem Pult. Es war der Text für ein neues Oratorium mit dem Titel „Der Messias“. Händel sollte die Musik dazu komponieren; aber als er das las, schüttelte er nur den Kopf. Wie sollte er ein solches Werk in seinem gegenwärtigen Zustand zu Wege bringen?

 

Widerwillig warf er einen Blick auf den Text – und wurde schon bei den ersten Worten innerlich zutiefst erschüttert: „Tröstet!“ Es waren Worte aus der Bibel, die Worte aus Jesaja, Kapitel 40, die wir eben gehört haben. Händel las noch einmal: „Tröstet!“ Diese Worte waren wie für ihn gesprochen. Es waren Worte von Gott, wie eine Antwort des Himmels an ihn persönlich: „Sei getrost!“ Diese Worte berührten Händel in seiner entmutigten Seele wie Balsam. Sie klangen in ihm, ja, Händel hörte diesen Zuspruch in Musik. Es war wie ein leiser Ton, der immer voller wurde, immer klangvoller, immer kraftvoller. Und plötzlich geschieht mit Händel etwas Unerwartetes: Er fängt an zu komponieren – und er hört nicht mehr auf! Er komponiert, erschafft, musiziert und schreibt und schreibt und schreibt die folgenden Tage und Nächte fast ohne Unterbrechung. So entsteht das großartige Werk „Der Messias“. In nur 21 Tagen ist es fertig. Das Schlusswort „Amen“ gestaltet Händel intensiv musikalisch aus, es ist wie ein großer, langsam anschwellender Lobpreis zu Gott. So wird das gesamte Oratorium zu einem Gebet und Lobgesang: „Amen, Amen, Amen!“ Für Georg Friedrich Händel bleibt bis an sein Lebensende klar, dass Gott ihm in diesen Tagen begegnet ist, ihn getröstet und ihm geholfen hat: „Gott ist mit mir gewesen.“

 

Wenn ich diese Geschichte höre, frage ich mich: Warum sollten die Worte der Bibel veraltet sein? Warum sollte uns Gott durch sie nicht auch heute noch begegnen? Warum sollte Gott uns nicht auch heute durch sie trösten? 

 

Intuitiv hat Händel es genau richtig gemacht: Er hat die Gottesworte „Tröstet!“ persönlich genommen, er hat sie als Anrede Gottes auf sich selbst bezogen. Natürlich, diese Worte sind ursprünglich an Israel gerichtet. Aber gerade jetzt in der Adventszeit sehen wir doch: Gott ist nicht nur zu Israel gekommen, um es zu trösten. Sondern durch Jesus – durch den „Messias“ – ist Gott Mensch geworden und ist so zu jedem Menschen gekommen, um einen jeden von uns zu trösten. Das muss Händel verstanden haben: Der Messias Jesus ist auch für mich gekommen, um eben auch mich zu trösten und wiederaufzurichten. Das hat diese enorme Hoffnung, Kraft und Energie in Händel freigesetzt.

 

Händel muss auch verstanden haben: Gott ist tatsächlich bei mir, er nimmt sich meiner schlimmen Situation an. Gott spricht nicht von weit oben, vom Himmel her, salbungsvolle Worte, aber will ansonsten mit der konkreten Not eines Menschen nichts zu tun haben. Nein, sondern Gott wird in Jesus Mensch wie wir und teilt unser Schicksal mit uns. Nichts an Schwerem, das auf uns Menschen lastet, wird bei Gott ausgeklammert, sondern Gott nimmt es auf sich und durchleidet es mit uns durch Jesus. Er selbst kommt in Person, um uns zu trösten. Wie sollte er nicht bei Georg Friedrich Händel sein, in seinem Kummer, seinen Geldnöten, seinen Zukunftsfragen, er, Gott, der sich in eine Krippe gelegt hat und sogar so weit zu uns hinuntergestiegen ist, dass er am Kreuz unseren Tod erlitten hat? Nein, Händel wusste Gott persönlich bei sich in der Tiefe seiner Not. 

 

Und da spielte es dann auch keine entscheidende Rolle, dass sich an Händels äußeren Umständen nichts verändert hatte. Händel fand ja keinen Stapel an Geldscheinen in seiner Wohnung vor, als er in jener Nacht nach Hause kam, Geldscheine, die seine Geldnöte beendet hätten. Nein, in Geldnöten war er noch immer. Aber er fand die Worte Gottes vor: „Tröstet!“, so dass er plötzlich Gott an seiner Seite, in seiner Wohnung, ganz nahe bei sich wusste. Das war es, was sein Leben verändert hat: der tröstende Gott bei ihm. Da ging über seinem düsteren Leben auf einmal ein großes Hoffnungslicht auf.

 

Dass das tröstende Wort Gottes auch unsere Herzen erreicht und sein Licht der Hoffnung es hell macht auch in unserem Leben, dass so etwas wie bei Händel auch an uns geschieht, die wir heute hier zusammengekommen sind, und dass es letztlich an einem jeden Menschen geschieht, das wünsche ich Euch und uns allen heute Morgen von Herzen. Jeder von uns braucht doch die tröstenden Gottesworte immer wieder aufs Neue. Doch dass sie in uns ihre Kraft entfalten, können wir das in uns selbst bewirken? Es gibt Situationen, da fühlen wir uns völlig kraftlos und schwach. Wir stecken fest im Exil wie das Volk Israel, die Heimat ist weg und dahin; oder fest im Exil wie Händel, der keinen Zugang mehr zur Musik, der keinen Zugang mehr zur Hoffnung findet. Doch wie aus dem Nichts kommt dann ein Wort Gottes zu uns, das sich wie von selbst in uns durchsetzt, das alle verschlossenen Türen sprengt, den Weg frei macht und Licht und Hoffnung in unseren Herzen entzündet. So war es bei Israel, so war es bei Händel. Händel hat nichts, gar nichts getan; Gott war es, der alles in Händel getan hat. Und darum, dass das geschieht, dass Gott sich mit seinem Trost in uns durchsetzt, ganz und restlos durchsetzt, das können wir nicht aus uns selbst, darum können wir Gott nur bitten, darum können wir nur beten.

 

So zu beten, um für uns um Gottes Trost zu bitten, das möchte ich jetzt am Ende dieser Predigt mit uns tun. Ich lade euch ein, im Stillen mitzubeten. „Herr, unser Gott, himmlischer Vater, der du tröstest, wie einen seine Mutter tröstet, der du in unsere Tiefe gekommen bist durch deinen Sohn Jesus Christus! Heute Morgen stehen wir vor dir mit einem schwachen, leeren Herzen. Wir sehnen uns zutiefst nach deinem Trost und deiner Hoffnung. Alle Türen unseres Lebens öffnen wir vor dir und bitten dich: Kehre bei uns ein, halte deinen Advent bei uns. Fülle unser Herz und Leben aus. Nimm alle Angst und Not von uns. Zünde deine Hoffnungslichter in uns an. Richte uns auf. Weise uns neu deinen Weg. Von dir geleitet wollen wir durchs Leben gehen. Ja, weil du in Jesus Mensch geworden bist, vertrauen wir dir. Du wirst kommen, auch zu uns, auch in unsere Tiefe. Voller Glauben und Erwartung blicken wir dir entgegen. Wir danken dir, dass du uns hörst. Amen."

„Und der Friede Gottes, der alles menschliche Begreifen weit übersteigt, bewahre euer Denken und Wollen im Guten, geborgen in der Gemeinschaft mit Jesus Christus.“ (Philipper 4,7)

Pfarrer Tobias Brendel