11.12.2022 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica, 11 dicembre 2022

ore 11:00

Culto per la 3ª domenica dell’Avvento

Chiesa San Francesco d'Assisi

Via San Francesco d'Assisi 11

Torino


3ª domenica dell’Avvento

Isaia 40,1-11

Foto: Sabine Wolters
Foto: Sabine Wolters

Wo und Wann?


Sonntag,  13. November 2022

11:00 Uhr

Gottesdienst zum 3. Advent

Kirche San Francesco d'Assisi

Via San Francesco d'Assisi 11

Torino 


3. Adventssonntag

Jesaja 40, 1-11



Testo della Predica


1 Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio. 2 Parlate al cuore di Gerusalemme e proclamatele che il tempo della sua schiavitù è compiuto; che il debito della sua iniquità è pagato, che essa ha ricevuto dalla mano del SIGNORE il doppio per tutti i suoi peccati. 3 La voce di uno grida: «Preparate nel deserto la via del SIGNORE, appianate nei luoghi aridi una strada per il nostro Dio! 4 Ogni valle sia colmata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; i luoghi scoscesi siano livellati, i luoghi accidentati diventino pianeggianti. 5 Allora la gloria del SIGNORE sarà rivelata, e tutti, allo stesso tempo, la vedranno; perché la bocca del SIGNORE l'ha detto». 6 Una voce dice: «Grida!» E si risponde: «Che griderò?» «Grida che ogni carne è come l'erba e che tutta la sua grazia è come il fiore del campo. 7 L'erba si secca, il fiore appassisce quando il soffio del SIGNORE vi passa sopra; certo, il popolo è come l'erba. 8 L'erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio dura per sempre». 9 Tu che porti la buona notizia a Sion, sali sopra un alto monte! Tu che porti la buona notizia a Gerusalemme, alza forte la voce! Alzala, non temere! Di' alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!» 10 Ecco il Signore, DIO, viene con potenza, con il suo braccio egli domina. Ecco, il suo salario è con lui, la sua ricompensa lo precede. 11 Come un pastore, egli pascerà il suo gregge: raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul petto, condurrà le pecore che allattano.

I

Cara comunità, care sorelle e cari fratelli!

«Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio». Con queste parole così belle, così consolatrici inizia oggi il nostro testo della predica.

 

Sono così belle perché fa tanto bene essere consolati! Un bambino è caduto e si è sbucciato un ginocchio. Adesso però è tra le braccia della sua mamma che lo tiene stretto in maniera così amorevole. Un uomo è stato operato e si trova senza forze in un letto di ospedale, ma riceve delle visite e delle telefonate dalla famiglia e dagli amici e gli arrivano dei messaggi incoraggianti sul suo cellulare. Un gruppo di profughi è in fuga per mari e monti in pericolo di vita. Però incontrano continuamente delle persone che li accolgono e che danno loro nuova speranza. Quale fonte di forza è la consolazione! Quanto suona bene quindi la frase «Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio»!

 

Ma abbiamo veramente bisogno di consolazione? Anche nel periodo dell’Avvento? Proprio adesso potremmo pensare: della consolazione non ne ho bisogno. Guarda la pubblicità per quello che gira intorno al Natale. Vedi un sacco di facce felici e raggianti. Va’ semplicemente a comprare e tutto si mette a posto. La consolazione? Non sembra necessaria.

 

Ci sono di sicuro non poche persone che la pensano così e quindi vanno a comprare a più non posso. Ma dobbiamo solo guardare dietro alla facciata luccicante del mondo dell’Avvento e guardare il nostro mondo più nel dettaglio e ascoltare in noi stessi più nel profondo. Allora ci accorgiamo in fretta di quanto questo mondo abbia necessità di consolazione totale, vera! Quanto ha bisogno di consolazione ogni singolo individuo! Così tante persone piangono dentro di sé. Così tante persone portano al di fuori una terribile sofferenza su di sé. Con così tanti conflitti il mondo sospira in tutti i continenti.

 

Chi vede il mondo così – così bisognoso di consolazione – la vede come la vede Dio. Sono le parole di Dio che incontriamo oggi: «Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio». Sì, Dio stesso vuole che il mondo venga consolato.

II

Oggi incontriamo un esempio concreto dalla Bibbia su come Dio consola. Le parole «Consolate, consolate il mio popolo!» le troviamo nel Libro del Profeta Isaia. Dio si rivolge al suo popolo Israele dicendo «il mio popolo». Da decenni si trova prigioniero in esilio in Babilonia. La sua patria, la città di Gerusalemme e la regione circostante della Giudea sono distrutte e devastate.

 

Adesso però questo periodo difficile deve avere una fine: «Consolate, consolate il mio popolo!». Dio mobilita dei messaggeri celesti per trasmettere il messaggio liberatore al popolo. Sono dei messaggeri che assomigliano agli angeli che nella notte santa annunciano la lieta novella ai pastori: «Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia!»

I messaggeri di Dio devono parlare a Israele in modo amorevole: «Parlate con Gerusalemme cordialmente» o tradotto diversamente «Parlate al cuore di Gerusalemme». I messaggeri devono annunciare che il peccato di Israele è perdonato, che la prigionia avrà una fine, che Israele tornerà nella sua patria.

 

Sì, Dio stesso partirà e li riporterà con le sue mani a casa. In una magnifica traversata del deserto vengono riportati in patria da Dio. In qualità di buon pastore lui li guiderà, protettivo e amorevole. Con profonda premura Dio è preoccupato per il suo gregge Israele in modo che nessuna delle sue pecore – neanche una singola – subisca dei danni.

 

«Ecco il vostro Dio!», si dice in Isaia. Lui… per sempre con voi! E voi… per sempre con lui!

Il passato oscuro e pieno di sofferenza dell’esilio sarà per sempre superato. Il tempo della salvezza è iniziato, in modo definitivo e irrevocabilmente.

 

Queste sono davvero belle parole, parole buone e consolatorie, parole che parlano al cuore e che arrivano al cuore. Sono un esempio di come recepiamo la consolazione di Dio nella Bibbia.

III

Ora però si pone una domanda di un certo peso e incalzante per tutti coloro che prendono la consolazione di Dio sul serio e che la vorrebbero ricevere per sé stessi. La domanda è: nella Bibbia Dio dice solo delle belle parole sulla sua consolazione, ma alla fine Dio non fa seguire nessuna azione con la quale adempie alle sue parole? Come se fosse solo “aria fritta”, come si dice?

 

Guardiamo ancora una volta verso il popolo Israele! È davvero tornato nella sua patria Israele dall’esilio in Babilonia e ha potuto ricostruire Gerusalemme. Ma il suo ritorno non è stato in nessun modo l’inizio definitivo della salvezza, la totale liberazione, come aveva invece annunciato il Profeta Isaia: “Allora la gloria del SIGNORE sarà rivelata, e tutti, allo stesso tempo, la vedranno; perché la bocca del SIGNORE l’ha detto”. Queste grandi parole in effetti ancora oggi non si sono realizzate in Israele. Niente è davvero diventato buono e integro nel popolo di Israele. Questo lo sappiamo fin troppo bene noi e i lettori ebrei del Libro di Isaia. Al contrario, la storia di Israele è stata segnata fino ad oggi da un’enorme brutalità, fino al più profondo abisso dell’olocausto del periodo nazista. Dove, chiediamo, dove hai, Dio, messo in pratica la tua consolazione in Israele?

 

E ora ascoltiamo anche noi questa mattina nella Chiesa di San Francesco qui a Torino queste parole della salvezza e della consolazione di Dio. Noi sappiamo che in origine non erano rivolte a noi, bensì a Israele. Ma in quanto cristiani sappiamo anche che Dio promette a tutto il mondo liberazione da qualsiasi violenza, dolore e morte. Le parole della salvezza futura di Dio valgono per tutto il mondo, sì, valgono anche per noi stamattina.

 

Eppure: non contraddicono anche da noi la nostra esperienza di mondo? Dov’è la consolazione, dov’è visibile la salvezza di Dio in questo mondo? Invece della “magnificenza di Dio” vediamo quotidianamente così tanta brutalità, sofferenza e morte nel nostro mondo. Così tanto sfruttamento dei poveri da parte dei paesi ricchi. Così tanta guerra dei paesi potenti contro i paesi deboli. Così tanta frode, menzogna, avidità, disprezzo, abusi e violenza. Dove, chiediamo, dove hai, Dio, messo in pratica la tua consolazione finora nel mondo?

IV

Ora, stamattina il mio compito è quello di annunciarvi la salvezza di Dio in questo culto. Ma che cosa dovrei dire? Come lo posso fare di fronte a questo mondo massacrato? Come me ne posso prendere la responsabilità? Voglio dire, lo posso fare soltanto attenendomi contro qualsiasi esperienza e contro la voce del mio proprio cuore alla Parola di Dio, a questa unica e sola solida base della quale in Isaia si dice: “perché la bocca del SIGNORE l’ha detto”. Posso riferire la mia predica solo a quello che ha detto la bocca di Dio.

 

Questa bocca di Dio però non ha solo pronunciato la Parola anticotestamentaria della profezia, come abbiamo per esempio oggi davanti a noi in Isaia. Dio ha anche pronunciato la Parola neotestamentaria del Vangelo. Questa Parola si chiama Gesù Cristo. Attraverso Cristo, così ci promette Dio, il mondo deve trovare la sua consolazione definitiva e la sua totale salvezza.

 

L’inizio è già stato fatto: Gesù è diventato uomo per noi, è morto per noi, è risorto per noi. Ha fatto delle nostre sofferenze – sì, di quelle di tutta l’umanità perduta – le sue sofferenze, le ha sopportate per noi. Ora aspettiamo il giorno del suo ritorno. Lo aspettiamo come il giudice, ma anche come il salvatore di tutta la povera umanità.

 

Poi, nel giorno del suo ritorno, si avvererà quello che Dio ha detto: Dio “asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate”. Questo vuol dire: in questo giorno del ritorno di Gesù si avvereranno anche le parole belle, buone e consolatrici del Profeta Isaia, che abbiamo sentito questa mattina in questa ora.

 

Essere così sicuri di questa cosa è possibile soltanto se ci atteniamo alla Parola di Dio, che ha pronunciato, contro qualsiasi esperienza e contro la voce del nostro proprio cuore, se riteniamo quindi fedele e veritiero Dio. Tutti coloro che credono desidereranno ardentemente il giorno nel quale Gesù ritornerà, questo ultimo, grande giorno della consolazione di Dio. Vi invito a pregare in questo senso per noi e per tutto il mondo dell’umanità: “Amen! Vieni, Signore Gesù!

“E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”.

Traduzione dal tedesco di Katia Cavallito

Foto: Okapia
Foto: Okapia

Predigttext


1 Tröstet, tröstet mein Volk!, spricht euer Gott. 2 Redet mit Jerusalem freundlich und predigt ihr, dass ihre Knechtschaft ein Ende hat, dass ihre Schuld vergeben ist; denn sie hat die volle Strafe empfangen von der Hand des HERRN für alle ihre Sünden. 

3 Es ruft eine Stimme: In der Wüste bereitet dem HERRN den Weg, macht in der Steppe eine ebene Bahn unserm Gott! 4 Alle Täler sollen erhöht werden, und alle Berge und Hügel sollen erniedrigt werden, und was uneben ist, soll gerade, und was hügelig ist, soll eben werden; 5 denn die Herrlichkeit des HERRN soll offenbart werden, und alles Fleisch miteinander wird es sehen; denn des HERRN Mund hat’s geredet. 

6 Es spricht eine Stimme: Predige!, und ich sprach: „Was soll ich predigen? Alles Fleisch ist Gras, und alle seine Güte ist wie eine Blume auf dem Felde. 7 Das Gras verdorrt, die Blume verwelkt; denn des HERRN Odem bläst darein. Ja, Gras ist das Volk!“ 8 „Das Gras verdorrt, die Blume verwelkt, aber das Wort unseres Gottes bleibt ewiglich.“

9 Zion, du Freudenbotin, steig auf einen hohen Berg; Jerusalem, du Freudenbotin, erhebe deine Stimme mit Macht; erhebe sie und fürchte dich nicht! Sage den Städten Judas: Siehe, da ist euer Gott; 10 siehe, da ist Gott der HERR! Er kommt gewaltig, und sein Arm wird herrschen. Siehe, was er gewann, ist bei ihm, und was er sich erwarb, geht vor ihm her. 11 Er wird seine Herde weiden wie ein Hirte. Er wird die Lämmer in seinen Arm sammeln und im Bausch seines Gewandes tragen und die Mutterschafe führen.

I

Liebe Gemeinde, liebe Schwestern und Brüder!

Tröstet, tröstet mein Volk!, spricht euer Gott. (Vers 1)“ Mit so schönen, tröstlichen Worten beginnt heute unser Predigttext.

 

Sie sind so schön, weil es ja so gut tut, wenn wir getröstet werden! Ein Kind ist gestürzt und hat sich das Knie aufgeschlagen. Jetzt aber liegt es in den Armen seiner Mutter und wird von ihr liebevoll gehalten. – Ein Mann wurde operiert und liegt geschwächt im Krankenhaus. Aber er erhält Besuche und Anrufe seiner Familie und von Freunden und ermutigende Nachrichten auf sein Handy. – Eine Gruppe von Flüchtlingen ist auf lebensgefährlicher Flucht über Land und Meer. Immer wieder aber treffen sie auf Menschen, die sie aufnehmen und ihnen neue Hoffnung geben. – Was für eine Kraftquelle ist der Trost! Wie schön klingt darum der Satz: „Tröstet, tröstet mein Volk!, spricht euer Gott“!

 

Aber haben wir wirklich Trost nötig? Auch in der Adventszeit? Gerade jetzt könnten wir meinen: Trost brauchen wir nicht. Schau dir die Werbung für das Weihnachtsgeschäft an. Da siehst du lauter glückliche und strahlende Gesichter. Geh einfach einkaufen, und alles wird gut. Trost? Scheint nicht nötig zu sein.

 

Es gibt bestimmt nicht wenige Menschen, die so denken und darum einkaufen gehen, wie sie nur können. Aber wir müssen ja nur hinter die Glitzerfassade der Adventswelt blicken und unsere Welt genauer ansehen und tiefer in uns selbst hineinhören. Dann stellen wir schnell fest: Wie sehr hat diese Welt ganzen, echten Trost nötig! Wie sehr hat jeder einzelne Mensch Trost nötig! So viele Menschen weinen in ihrem Inneren. So viele Menschen tragen äußerlich ein schlimmes Leiden an sich. Unter so vielen Auseinandersetzungen seufzt die Welt auf allen Kontinenten.

 

Wer die Welt so sieht, so bedürftig nach Trost, der sieht sie so, wie Gott sie sieht. Es sind ja Gottes Worte, denen wir heute begegnen: „Tröstet, tröstet mein Volk!, spricht euer Gott.“ Ja, Gott selbst will, dass die Welt getröstet wird.

II

Wir begegnen heute einem konkreten Beispiel aus der Bibel, wie Gott tröstet. Die Worte „Tröstet, tröstet mein Volk!“, finden wir im Buch des Propheten Jesaja. Gott spricht sein Volk Israel an: „mein Volk“. Seit Jahrzehnten befindet es sich gefangen im Exil in Babylon. Seine Heimat, die Stadt Jerusalem und die umliegende Region Juda, sind zerstört und verwüstet. 

 

Aber nun soll diese schwere Zeit ein Ende haben: „Tröstet, tröstet mein Volk!“ Gott bietet himmlische Boten auf, um dem Volk die befreiende Botschaft zu überbringen. Es sind Boten, die den Engeln gleichen, die in der Heiligen Nacht den Hirten die frohe Botschaft verkündigen: „Füchtet Euch nicht! Siehe, ich verkündige Euch große Freude!

 

Liebevoll sollen die Boten Gottes zu Israel reden: „Redet mit Jerusalem freundlich“ oder anders übersetzt: „Redet Jerusalem zu Herzen.“ Die Boten sollen verkündigen, dass die Schuld Israels vergeben ist, dass die Gefangenschaft ein Ende haben wird, dass Israel in seine Heimat zurückkehren wird.

 

Ja, Gott selbst wird aufbrechen und sie eigenhändig nach Hause zurückbringen. In einem wunderbaren Zug durch die Wüste werden sie von Gott in die Heimat zurückgebracht. Als der gute Hirte wird er sie leiten, behutsam und liebevoll. In inniger Fürsorge ist Gott um seine Herde Israel besorgt, damit keines seiner Schafe – kein einziges – zu Schaden komme. 

 

Siehe, da ist euer Gott! (Vers 9)“, heißt es bei Jesaja. Er – für immer bei euch! Und ihr – für immer bei ihm!

Die dunkle und leidvolle Vergangenheit des Exils wird auf ewig vergangen sein. Die Zeit des Heils ist angebrochen, endgültig und unwiderruflich. 

 

Das sind wirklich schöne Worte, gute und tröstliche Worte, Worte, die das Herz ansprechen und zu Herzen gehen. Sie sind ein Beispiel dafür, wie wir Gottes Trost in der Bibel wahrnehmen.

III

Nun allerdings stellt sich eine sehr gewichtige und bedrängende Frage für alle, die Gottes Trost ernst nehmen und selbst für sich empfangen möchten. Die Frage lautet: Macht Gott in der Bibel nur gute Worte über seinen Trost, aber letztlich lässt Gott keine Taten folgen, mit denen er seine Worte erfüllt? Als würde er nur „Dampf plaudern“, wie man das im Deutschen sagt?

 

Sehen wir noch einmal auf das Volk Israel! Es ist zwar tatsächlich aus dem Exil in Babylon in seine Heimat Israel zurückgekehrt und konnte Jerusalem wieder aufbauen. Aber seine Rückkehr war in keinster Weise der endgültige Anbruch der Heilszeit, die vollständige Erlösung des Volkes Israel, wie ihn der Prophet Jesaja angekündigt hatte. „Die Herrlichkeit des HERRN soll offenbart werden, und alles Fleisch miteinander [alle Menschen, die ganze Welt] wird es sehen. (Vers 5)“ Diese großen Worte sind tatsächlich bis heute an Israel nicht in Erfüllung gegangen. Nichts ist wirklich gut und heil geworden im Gottesvolk Israel. Das wissen wir und die jüdischen Leser des Jesajabuches nur zu gut. Im Gegenteil, die Geschichte Israels war bis heute oft von enormer Brutalität gezeichnet, bis hin zur tiefsten Tiefe des Holocausts der Nazi-Zeit. Wo, fragen wir, wo hast du, Gott, deinen Trost an Israel in die Tat umgesetzt?

 

Und nun hören auch wir heute Morgen in der Chiesa San Francesco hier in Turin diese Worte des Heils und des Trostes Gottes. Wir wissen: Ursprünglich sind sie nicht an uns gerichtet, sondern an Israel. Aber als Christen wissen wir auch: Gott sagt der ganzen Welt Erlösung zu, Erlösung von aller Gewalt, Schmerz und Tod. Die Worte von Gottes kommendem Heil gelten der ganzen Welt, ja, sie gelten auch uns heute Morgen.

 

Aber: Widersprechen sie nicht auch bei uns unserer Welterfahrung? Wo ist der Trost, wo ist das Heil Gottes in dieser Welt sichtbar? Anstatt „die Herrlichkeit Gottes“ sehen wir alltäglich so viel Brutalität, Leid und Tod in unserer Welt. So viel Ausbeutung der armen durch die reichen Länder. So viel Krieg der mächtigen Länder gegen die schwachen Länder. So viel Betrug, Lüge, Gier, Verachtung, Missbrauch und Gewalt. Wo, fragen wir, wo hast du, Gott, deinen Trost an der Welt bisher in die Tat umgesetzt? 

IV

Nun ist es heute Morgen meine Aufgabe, dass ich Euch Gottes Heil verkündige in diesem Gottesdienst. Was aber soll ich sagen? Wie kann ich das tun angesichts dieser geschundenen Welt? Wie kann ich das verantworten? Ich meine, ich kann das nur tun, indem ich mich gegen alle Erfahrung und gegen die Stimme meines eigenen Herzens an das Wort Gottes halte, an diesen einen und einzigen festen Grund, von dem es bei Jesaja heißt: „Denn des HERRN Mund hat’s geredet. (Vers 5)“ Ich kann meine Predigt nur aus dem beziehen, was Gottes Mund gesprochen hat.

 

Dieser Mund Gottes hat aber nicht nur das alttestamentliche Wort der Prophetie geredet, wie wir es etwa bei Jesaja heute vor uns haben. Sondern Gottes Mund hat auch das neutestamentliche Wort des Evangeliums geredet. Dieses Wort heißt Jesus Christus. Durch Jesus, so verheißt uns Gott, soll die Welt ihren endgültigen Trost und ihre vollkommene Erlösung finden.  

 

Der Anfang ist bereits gemacht: Jesus ist für uns Mensch geworden, er ist für uns gestorben, er ist für uns auferstanden. Er hat unsere Leiden – ja die der ganzen verlorenen Menschheit – zu seinen Leiden gemacht, er hat sich für uns getragen. Nun erwarten wir den Tag seines Wiederkommens. Wir erwarten ihn als den Richter, aber eben auch als den Retter der ganzen, armen Menschheit.

 

Dann, am Tag seiner Wiederkunft, wird sich erfüllen, was Gott gesprochen hat: Gott „wird abwischen alle Tränen von ihren Augen, und der Tod wird nicht mehr sein, noch Leid, noch Geschrei, noch Schmerz wird mehr sein; denn das Erste ist vergangen. (Offenbarung 21,4)“ Das heißt: An diesem Tag der Wiederkunft Jesu werden sich auch die schönen, guten und tröstlichen Worte der Prophetie des Jesaja erfüllen, die wir heute Morgen in dieser Stunde vernommen haben.

 

Dieser Sache so gewiss sein, können wir nur, wenn wir uns an Gottes Wort festhalten, das er gesprochen hat, gegen alle Erfahrung und gegen die Stimme unseres eigenen Herzens, wenn wir also Gott für treu und wahrhaftig halten. Alle, die glauben, werden darum den Tag, an dem Jesus wiederkommt, herbeisehnen, diesen letzten, großen Tag des Trostes Gottes. Ich lade Euch ein, dass wir in diesem Sinne für uns und für die ganze Menschenwelt beten: „Amen, ja komm, Herr Jesus! (Offenbarung 22,20)“

„Und der Friede Gottes, der höher ist als alle Vernunft, der bewahre eure Herzen und Sinne in Christus Jesus.“

Pfarrer Tobias Brendel   

Foto: Okapia
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