18.09.2022 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica, 18 settembre 2022 -ore 15:00

Chiesa San Francesco d'Assisi

Via San Francesco d'Assisi 11

Torino


14ª domenica dopo Trinitatis Culto solenne con Santa Centa in occasione dell'insediamento del Pastore Tobias Brendel

Isaia 12,1-6

Foto: Sabine Wolters
Foto: Sabine Wolters

Wo und Wann?


Sonntag, 18. September 2022 - 15:00 Uhr

Kirche San Francesco d'Assisi

Via San Francesco d'Assisi 11

Torino 


14. Sonntag nach Trinitatis Festgottesdienst mit Abendmahl, Einführung von Pfarrer Tobias Brendel

Jesaja 12,1-6



Testo della Predica


I

Cara comunità, care sorelle e fratelli!

La nostra domenica si trova sotto il bel versetto dal Salmo 103: “Benedici, anima mia, il SIGNORE e non dimenticare nessuno dei suoi benefici”. Oggi si parla di lodare e ringraziare, e questo si addice perfettamente a questa giornata. Sotto tanti punti di vista è un’occasione per ringraziare Dio, un’occasione per non dimenticare quello che Dio ci ha fatto di benefico.

Ecco alcuni esempi:

Voi torinesi sarete felici: per un periodo bello e ricco di 12 anni con il Pastore Heiner Bludau e sua moglie Annette. Ora avete trovato in me un successore per il posto di pastore.

Voi, miei e nostri cari ospiti dalla Franconia che siete venuti così numerosi percorrendo la lunga strada dalla Germania vi rallegrate di aver fatto questo viaggio e di poter partecipare a questo culto per il mio insediamento.

E io guardo indietro con grande riconoscenza ai miei più di 13 anni in Franconia e adesso anche ai 6 anni davanti a me a Torino dei quali mi rallegro e che non ritengo assolutamente un’ovvietà.

Tanti di noi hanno quindi motivo per ringraziare per i doni che Dio ci ha regalato.

Ora il testo della predica di oggi ci porta però a un dono che definirei il più alto di tutti tra quelli che possiamo ricevere: nessun dono esteriore come un nuovo pastore, un bel viaggio, un posto di pastore interessante… bensì: Dio stesso è il dono, Dio in persona come dono, il rapporto verso di lui come dono. Dio si potrebbe negare a noi, allora non avremmo nessun dono, allora non avremmo assolutamente niente. Oggi ci deve diventare chiaro come sia la cosa più bella e più grande e migliore avere Dio stesso come dono.

Il nostro testo della predica di oggi parla con i toni più alti di questa fortuna. Sentiamo dal Libro del Profeta Isaia, cioè dall’Antico Testamento nel capitolo 12:

1 In quel giorno dirai: «Io ti lodo, SIGNORE! Infatti, dopo esserti adirato con me, la tua ira si è calmata, e tu mi hai consolato.

2 Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, e non avrò paura di nulla; poiché il SIGNORE, il SIGNORE è la mia forza e il mio cantico; egli è stato la mia salvezza».

3 Voi attingerete con gioia l'acqua dalle fonti della salvezza,

4 e in quel giorno direte: «Lodate il SIGNORE, invocate il suo nome, fate conoscere le sue opere tra i popoli, proclamate che il suo nome è eccelso!

5 Salmeggiate al SIGNORE, perché ha fatto cose grandiose; siano esse note a tutta la terra!

6 Abitante di Sion, grida, esulta, poiché il Santo d'Israele è grande in mezzo a te».

II

Abbiamo sentito? Qui non si tratta di un dono esteriore qualsiasi. Qui si tratta di Dio stesso: Dio la mia salvezza, Dio la mia forza, Dio il mio cantico – e della felicità di quando rivolge la sua attenzione verso di noi, quando si dona a noi.

Ma questo salmo parla anche di come sia grave e doloroso quando tutto ciò non si verifica, quando Dio non rivolge la sua attenzione verso di noi, quando Dio si sottrae a noi.

Questa è la cosa particolare in questo salmo: il popolo Israele dice queste parole non nel presente, bensì nel futuro, in un tempo che non c’è ancora. In quel giorno dirai… oppure e in quel giorno direte… Il salmo parla di un tempo, di un giorno, che è sperato e desiderato ardentemente dal popolo Israele perché Dio lo ha promesso. Non è però ancora arrivato.

Al momento c’è ancora il presente e questo è indicato dalla piccola frasetta: dopo esserti adirato con me. Il presente è: Dio è adirato con Israele, perché si è ribellato contro di lui. Dio sta tenendo ora il suo giusto giudizio sul suo popolo. Dio si sottrae al suo popolo. Questo è il presente.

Ma in questa situazione si intravede ora come una schiarita all’orizzonte quel tempo, quel giorno nel quale l’ira di Dio conoscerà una svolta. Allora Israele dirà: Io ti lodo, SIGNORE!... dopo esserti adirato con me, la tua ira si è calmata, e tu mi hai consolato.

Come può essere annientante stare sotto l’ira e il giudizio di Dio, avere Dio non dalla propria parte, ma contro lo ha vissuto in modo particolare l’uomo che conoscete tutti voi: Martin Lutero. A lungo la sua domanda vitale più pressante è stata: “Come ottengo un Dio misericordioso?”, come diventa il Dio adirato, sotto il cui giudizio mi trovo perché davanti a lui sono un peccatore, che rimane debitore dell’adorazione… come diventa misericordioso verso di me questo Dio adirato? Come il popolo Israele anche Martin Lutero desidera ardentemente il giorno di cui Isaia dice: dopo esserti adirato con me, la tua ira si è calmata, e tu mi hai consolato.

Martin Lutero andò in convento per forzare a venire questo giorno con i propri sforzi. In convento voleva condurre la vita più perfetta possibile davanti a Dio che fosse immaginabile per lui. In questo modo voleva placare l’ira di Dio, ma non trovava pace.

III

Ora chiedo: esiste questo giorno nel quale Dio abbandona la sua ira, il suo giudizio da noi uomini? Conosciamo, conosci questo giorno nel quale Dio ci perdona, si dona a noi e noi possiamo essere completamente suoi?

A Israele questo giorno è stato promesso da Dio. In quel giorno dirai… Martin Lutero lo sapeva e non voleva stare fermo ad aspettare finché avesse trovato questo giorno promesso. Nell’Antico Testamento però – per esempio nel Libro del Profeta Isaia – non lo trovò. Lo trovò nel Nuovo Testamento.

Nel Nuovo Testamento sentiamo in effetti l’Apostolo Paolo proclamare questo giorno su tutto il mondo: “Eccolo ora il tempo favorevole; eccolo ora il giorno della salvezza!” (2 Cor. 6,2). Secondo Paolo questo giorno decisivo su tutto sorse quando Gesù Cristo, il figlio di Dio, morì sul Golgota sulla croce e nel mattino della Pasqua è risorto dai morti. Il giorno iniziò quando Dio per mezzo di Gesù non soltanto prese su di sé le manchevolezze del popolo Israele, bensì anche quelle di un Martin Lutero e anche le mie e le tue e quelle dell’intera umanità. Iniziò quando Gesù stesso sopportò il giusto giudizio che in verità vale per te e per me. Eccolo il giorno di cui Isaia aveva detto: la tua ira si è calmata, e tu mi hai consolato.

Quando Martin Lutero scoprì questo giorno nel Nuovo Testamento, disse che per lui è stato così liberatorio come se fosse entrato nel Paradiso stesso. Ora lo sapeva: Dio mi è misericordioso con me… per mezzo di Gesù.

In modo molto simile è la reazione verso la misericordia di Dio nel nostro salmo. Sentiamo parole piene di felicità: Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, e non avrò paura di nulla; poiché il SIGNORE, il SIGNORE è la mia forza e il mio cantico; egli è stato la mia salvezza. Queste sono delle parole su un miracolo, su qualcosa che non si capisce per niente da sé: Dio che noi dimentichiamo così spesso, dal quale così spesso ci allontaniamo voltandogli le spalle, che noi così spesso buttiamo giù dal suo trono e che egli a ragione ci giudica come suoi nemici e come peccatori… questo Dio ci ritiene così preziosi e cari che non ci abbandona, bensì rimette il peccato, ci assolve e ci unisce a lui. E da cristiani aggiungiamo ciò che è impronunciabile: sacrificando Dio per questo perfino suo figlio Gesù. soltanto chi ha capito che il perdono di Dio è un miracolo soltanto lui capisce davvero ciò che vuol dire “Dio la mia forza, il mio cantico, la mia salvezza!”

Nel nostro salmo non c’è più nessun arresto. Dopo che Dio è stato nominato – la mia forza, il mio cantico, la mia salvezza – la felicità interiore di chi parla lì si deve aprire un varco ed essere portata in tutto il mondo. Nel nostro salmo esplode un giubilo e una lode… e tutti i credenti vengono esortati a intonare: «Lodate il SIGNORE… Salmeggiate al SIGNORE, perché ha fatto cose grandiose… Abitante di Sion, grida, esulta, poiché il Santo d'Israele è grande in mezzo a te». È così quando qualcuno ha capito quello che Dio ha fatto su di lui o lei.

Nemmeno Martin Lutero si è potuto trattenere e compose entusiastico:

Rallegrati, cristianità,

cristiani esultiamo,

e pieni di felicità

con gioia, amor cantiamo

che cosa Dio da noi stornò, l’azione

sua si rivelò, ha riscattato caro.

Ti auguro che anche a te l’azione di Dio, appunto perché vale anche per TE, ti arrivi appieno al cuore e che tu stia davanti a lui con meraviglia e che tu non possa afferrare la tua fortuna di quale Dio misericordioso tu abbia. Egli non ti dona una cosa qualsiasi, egli ti regala suo figlio Gesù, ti regala… se stesso. Una cosa più grande non esiste.

Cameo San Francesco, facciata della Chiesa San Francesco d'Assisi, Torino. Foto: Sabine Wolters
Cameo San Francesco, facciata della Chiesa San Francesco d'Assisi, Torino. Foto: Sabine Wolters

IV

Che cosa deriva ora da tutto questo? Ne derivano due cose: innanzitutto vivere davvero del perdono di Dio, farlo agire nella vita e poi portare il messaggio del perdono di Dio nel mondo, in modo che esso liberi a nuova vita persone che non conoscono Dio.

Se oggi vengo insediato in questa comunità come pastore, allora il mio cuore batte proprio per queste due cose. Sono sicuro che Dio vive in questa comunità e che agisce in lei. “Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”, dice Gesù. sì, la Chiesa, la Comunità è il luogo sulla Terra nel quale Dio attraverso Gesù è presente tra di noi. Per questo vorrei proprio in questa chiesa, ma anche nelle case dove vivete, fare con voi quello che il salmo dice così: “Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza”. Questo vuol dire che vivrete del perdono inesauribile di Dio e attraverso questo potrete rinnovare la vostra vita. Questo lo voglio fare volentieri con voi. Come questo sia possibile lo vediamo se facciamo caso alla seconda cosa che ci dice il salmo.

Cioè: la magnifica azione di Dio sul suo popolo. Il suo perdono deve essere portato in tutto il mondo: “Lodate il SIGNORE, invocate il suo nome, fate conoscere le sue opere tra i popoli, proclamate che il suo nome è eccelso! Salmeggiate al SIGNORE, perché ha fatto cose grandiose; siano esse note a tutta la terra!” Questo vuol dire: il traboccante perdono di Dio, le acque delle sue sorgenti della salvezza dalle quali noi cristiani beviamo devono essere portate da noi fuori verso coloro che non conoscono Dio in modo che anche loro possano bere da esse.

Sapete chi ha vissuto questo in modo esemplare? Ho parlato di Martin Lutero e per un culto luterano è ovvio. MA celebriamo questo culto in questa chiesa francescana bella e piena di storia, che appartiene alla diocesi del duomo. Abbiamo il permesso di usarla non soltanto oggi, bensì regolarmente la domenica per i nostri culti, e per questo siamo molto riconoscenti. Quindi sia menzionato ora anche Don Bosco, questo grande torinese che in tutto il mondo viene venerato come santo. Qui in questa chiesa ha celebrato la sua prima messa e ha iniziato con il suo lavoro fenomenale tra i giovani. Qui durante le messe ha attinto all’acqua del perdono delle sorgenti di Dio… e poi l’ha portata fuori dalla chiesa a coloro che gli erano stati affidati da Dio.

Durante gli ultimi giorni nel mio posto precedente di pastore a Dürrenmungenau, nell’agosto scorso, mi ha fatto visita un prete cattolico in pensione, Kurt Gartner, che ha più di 80 anni, che abita in un centro per anziani ad Abenberg, alcuni di voi dalla Franconia lo conosceranno senz’altro. Egli è cresciuto nell’assistenza ai giovani dei salesiani che derivano da Don Bosco. Mi ha raccontato al tavolino del caffè con occhi lucidi come ha iniziato il suo lavoro Don Bosco, cioè andando in prigione e confessando i giovani detenuti.

La vedo così: egli fece attingere l’acqua dalle fonti della salvezza a questi ragazzi, di cui tanti erano caricati dal peccato – peccato verso sé stessi, verso altri, verso Dio – ha fatto assaggiare loro il perdono di Dio come un magnifico elisir di vita in modo che la loro vita potesse di nuovo rinnovarsi, ricevessero di nuovo speranza e – così ce lo dobbiamo immaginare – loro mettessero tutto a un tratto la loro vita al servizio di Dio e da allora in poi vivessero per lui. Questo riesce a fare il perdono di Dio, questa è la sua forza. E questo è quello che vuol dire vivere da esso. Nel caso di Don Bosco dalla forza del perdono di Dio è nato un movimento mondiale.

Ora dovrei davvero arrivare alla conclusione. Sicuramente alcuni di voi stanno esaurendo la concentrazione. Ma non posso fare a meno di dire una frase e dovrei menzionare ancora un nome: il fondatore e di questa venerabile chiesa e alla quale dà il nome, San Francesco d’Assisi. Perché? Perché anche lui fece proprio questo: portare nel mondo la salvezza di Dio. l’ha portata agli oppressi, ai malati e ai morenti… sì predicò il Vangelo persino agli animali.

È una fortuna che noi come comunità luterana possiamo essere uniti con coloro che sono vissuti prima di noi – San Francesco e Don Bosco – e con loro qui in questa chiesa francescana possiamo prendere parte all’azione di Dio sul suo popolo. Qui il Santo d'Israele è grande in mezzo a noi, come dice il salmo, e da qui annunciamo che il suo nome è eccelso.

Ora termino con le parole con le quali ho iniziato questa predica. Ascoltate le parole del nostro versetto della settimana:

“Benedici, anima mia, il SIGNORE

e non dimenticare nessuno dei suoi benefici”

“E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”.

Traduzione dal tedesco di Katia Cavallito

Cappella dell'Angelo Custode con ritratto di Don Bosco, Chiesa San Francesco d'Assisi, Torino. Foto: Sabine Wolters
Cappella dell'Angelo Custode con ritratto di Don Bosco, Chiesa San Francesco d'Assisi, Torino. Foto: Sabine Wolters

Predigttext


I

Liebe Gemeinde, liebe Schwestern und Brüder!

Unser Sonntag steht unter dem schönen Wochenspruch aus Psalm 103: „Lobe den Herrn, meine Seele, und vergiss nicht, was er dir Gutes getan hat.“ Es geht heute ums Loben und Danken, und das passt doch hervorragend zu diesem Tag. Er ist in vielerlei Hinsicht ein Anlass, Gott zu danken, ein Anlass dafür, nicht zu vergessen, was Gott uns Gutes getan hat.

Ein paar Beispiele:

Ihr Turiner werdet froh sein: für eine sehr schöne und reiche Zeit von 12 Jahren mit Pastor Heiner Bludau und seiner Frau Annette. Und nun habt Ihr mit mir einen Nachfolger für die Pfarrstelle gefunden.

Ihr meine und unsere lieben Gäste aus Franken, die Ihr so zahlreich den weiten Weg aus Deutschland gekommen seid, Ihr freut Euch, dass Ihr diese Fahrt unternehmen und diesen Gottesdienst zu meiner Einführung erleben könnt.

Und ich blicke mit großer Dankbarkeit auf meine mehr als 13 Jahre in Franken zurück und nun auch voraus auf 6 Jahre in Turin. Auf die freue ich mich und halte sie für keine Selbstverständlichkeit.

So haben viele von uns heute Grund zu danken für die Gaben, die Gott uns geschenkt hat.

Nun führt uns unser heutiger Predigttext allerdings auf eine Gabe hin, die ich die allerhöchste bezeichnen würde, die wir je empfangen können: keine äußerliche Gabe wie einen neuen Pfarrer, eine schöne Fahrt, eine interessante Pfarrstelle – sondern: Gott selbst als Gabe, Gott in Person als Gabe, die Beziehung zu ihm als Gabe. Gott könnte sich uns ja verweigern, dann hätten wir keinerlei Gabe aus seinen Händen, dann hätten wir gar nichts. Heute soll uns deutlich werden, wie es das Schönste und Größte und Beste ist, Gott selbst als Gabe zu haben.

Unser Predigttext spricht in den höchsten Tönen von diesem Glück. Er ist ein Psalm, ein Gebet des Volkes Israel. Wir hören aus dem Buch des Propheten Jesaja, also aus dem Alten Testament, im 12. Kapitel:

1 Zu der Zeit wirst du sagen: Ich danke dir, HERR, dass du bist zornig gewesen über mich und dein Zorn sich gewendet hat und du mich tröstest. 

2 Siehe, Gott ist mein Heil, ich bin sicher und fürchte mich nicht; denn Gott der HERR ist meine Stärke und mein Psalm und ist mein Heil. 

3 Ihr werdet mit Freuden Wasser schöpfen aus den Brunnen des Heils. 

4 Und ihr werdet sagen zu der Zeit: Danket dem HERRN, rufet an seinen Namen! Machet kund unter den Völkern sein Tun, verkündiget, wie sein Name so hoch ist! 

5 Lobsinget dem HERRN, denn er hat sich herrlich bewiesen. Solches sei kund in allen Landen! 

6 Jauchze und rühme, die du wohnst auf Zion; denn der Heilige Israels ist groß bei dir!

II

Haben wir es gehört? Hier geht es nicht um irgendeine äußerliche Gabe. Hier geht es um Gott selbst: Gott mein Heil, Gott meine Stärke, Gott mein Psalm – und um das Glück, wenn er sich uns zuwendet, wenn er sich uns schenkt.

Aber dieser Psalm geht auch darüber, wie schlimm und schmerzhaft es ist, wenn all das ausbleibt, wenn Gott sich nicht zuwendet, wenn Gott sich uns entzieht.

Wir müssen wissen: Das Volk Israel spricht diese Worte nicht in der Gegenwart, sondern in der Zukunft, in einer Zeit, die noch nicht da ist. Zu der Zeit wirst du sagen… bzw. Und ihr werdet sagen zu der Zeit…. Der Psalm spricht von einer Zeit, von einem Tag, der vom Volk Israel erhofft und herbeigesehnt wird, weil Gott ihn verheißen hat. Noch aber ist er nicht da. 

Noch ist die Gegenwart da, und sie ist gekennzeichnet mit dem kleinen Sätzchen: Du bist zornig gewesen über mich. Die Gegenwart ist: Gott ist zornig über Israel, weil es sich gegen ihn aufgelehnt hat. Gott hält gerade sein gerechtes Gericht über sein Volk. Gott entzieht sich seinem Volk. Das ist die Gegenwart.

Aber in dieser Situation erscheint nun wie ein Silberstreif am Horizont diese Zeit, dieser Tag, an dem Gottes Zorn sich wenden wird. Dann wird Israel sagen: Ich danke dir, HERR, das du bist zornig gewesen über mich und dein Zorn sich gewendet hat und du mich tröstest.

Wie erdrückend es sein kann, unter Gottes Zorn und Gericht zu stehen, Gott nicht bei sich, sondern gegen sich zu haben, hat in besonderer Weise der Mann erlebt, den ihr alle kennt: Martin Luther. Lange Zeit war seine allerdrängendste Lebensfrage: „Wie bekomme ich einen gnädigen Gott?“ Wie wird der zornige Gott, unter dessen Gericht ich stehe, weil ich vor ihm ein Sünder bin, der ihm seine Verehrung schuldig bleibt – wie wird diese zornige Gott mir gnädig? Wie das Volk Israel sehnte Martin Luther den Tag herbei, von dem Jesaja sagt: dass du bist zornig gewesen über mich und dein Zorn sich gewendet hat und du mich tröstest. 

Martin Luther ging ins Kloster, um diesen Tag aus eigener Anstrengung herbeizuzwingen. Im Kloster wollte er vor Gott das vollkommenste Leben führen, das für ihn vorstellbar war. So wollte er Gottes Zorn stillen. Aber er fand keine Ruhe. 

III

Nun frage ich: Gibt es diesen Tag, an dem Gott seinen Zorn, sein Gericht, von uns Menschen wendet? Kennen wir, kennst du diesen Tag, an dem Gott uns vergibt, er sich uns schenkt und wir ganz sein eigen werden?

Israel war dieser Tag von Gott verheißen. An dem Tag wirst du sagen… Martin Luther wusste das und er wollte nicht eher ruhen, bis er diesen verheißenen Tag gefunden hatte. Aber im Alten Testament, etwa im Buch des Propheten Jesaja, fand er ihn nicht. Er fand ihn im Neuen Testament. 

Im Neuen Testament hören wir tatsächlich den Apostel Paulus diesen Tag über aller Welt ausrufen: „Siehe, jetzt ist die Zeit der Gnade, siehe, jetzt ist der Tag des Heils. (2. Kor 6,2)“ 

Nach Paulus brach dieser alles entscheidende Tag an, als Jesus Christus, der Sohn Gottes, auf Golgatha am Kreuz starb und am Ostermorgen von den Toten auferstand. Der Tag brach an, als Gott durch Jesus nicht nur die Verfehlungen des Volkes Israel auf sich selber nahm, sondern auch die eines Martin Luthers und auch meine und deine und die der ganzen Menschheit. Er brach an, als Jesus selbst das gerechte Gericht Gottes trug, das in Wahrheit dir und mir gilt. Da war der Tag da, von dem Jesaja gesagt hatte: dass dein Zorn sich gewendet hat und du mich tröstest.

Als Martin Luther diesen Tag im Neuen Testament entdeckte, sagte er, es sei für ihn so befreiend gewesen, als wäre er ins Paradies selbst eingetreten. Nun wusste er: Gott ist mir gnädig – durch Jesus.

Ganz ähnlich lautet die Reaktion auf Gottes Gnade in unserem Psalm. Wir hören Worte voller Glück: Siehe, Gott ist mein Heil, ich bin sicher und fürchte mich nicht; denn Gott der HERR ist meine Stärke und mein Psalm und ist mein Heil. Das sind Worte über ein Wunder, über etwas, das sich ganz und gar nicht von selbst versteht: Gott, den wir so oft vergessen, von dem wir uns so oft abwenden, den wir so oft von seinem Thron stürzen und der uns darum zu Recht als seine Feinde und als Sünder richtet – dieser Gott hält uns für so wertvoll und teuer, dass er uns nicht aufgibt, sondern die Sünde erlässt, uns freispricht und uns mit sich vereint. Und als Christen fügen wir das Unaussprechliche hinzu: indem Gott dazu seinen Sohn Jesus für uns opfert. Nur wer verstanden hat, dass Gottes Vergebung ein Wunder ist, nur der versteht wirklich, was es heißt: Gott du meine Stärke, mein Psalm, mein Heil!

In unserem Psalm gibt es nun kein Halten mehr. Nachdem Gott angeredet ist – meine Stärke, mein Psalm, mein Heil – muss sich das innerliche Glück derer, die da reden, Bahn brechen und hinausgerufen werden in die Welt. Es bricht in unserem Psalm ein Jubel und Lobpreis aus – und alle Gläubigen werden aufgefordert einzustimmen: Danket dem HERRN… Lobsinget dem HERRN, denn er hat sich herrlich bewiesen… Jauchze und rühme, die du wohnst auf Zion; denn der Heilige Israels ist groß bei dir! So ist das, wenn ein Mensch begriffen hat, was Gott an ihm getan hat. 

Auch Martin Luther konnte nicht an sich halten, sondern er dichtete überschwänglich:     

„Nun freut euch, lieben Christen g'mein,

und lasst uns fröhlich springen,

dass wir getrost und all in ein

mit Lust und Liebe singen,

was Gott an uns gewendet hat

und seine süße Wundertat;

gar teu'r hat er's erworben.“

Ich wünsche Dir, dass auch Dir Gottes Handeln, eben weil es auch DIR gilt, ganz und gar zu Herzen geht und Du staunend vor ihm stehst und Du Dein Glück nicht begreifen kannst, welch einen gnädigen Gott Du hast. Er schenkt Dir nicht irgendetwas, sondern er schenkt Dir seinen Sohn Jesus, er schenkt Dir – sich selbst. Etwas Größeres gibt es nicht.

Skulptur Don Bosco im Innenhof der Kirche San Francesco d'Assisi, Turin. Foto: Sabine Wolters
Skulptur Don Bosco im Innenhof der Kirche San Francesco d'Assisi, Turin. Foto: Sabine Wolters

IV

Was folgt nun aus alledem? Ein Zweifaches folgt daraus: einmal dass wir tatsächlich aus Gottes Vergebung leben, sie im Leben wirksam werden zu lassen – und dann dass wir die Botschaft von der Vergebung Gottes in die Welt tragen, damit sie Menschen, die Gott nicht kennen, zu neuem Leben befreit.

Wenn ich heute als Pfarrer dieser Gemeinde eingeführt werde, so schlägt mein Herz genau für dieses Zweifache. Einmal bin ich gewiss, dass Gott in dieser Gemeinde lebt und in ihr wirkt. „Wo zwei oder drei in meinem Namen versammelt sind, da bin ich mitten unter ihnen.“, sagt Jesus. Ja, die Kirche, die Gemeinde ist der Ort auf Erden, an dem Gott durch Jesus unter uns gegenwärtig ist. Darum möchte ich gerade hier in dieser Kirche, aber auch in den Häusern, in denen Ihr lebt, mit Euch zusammen das tun, was unser Psalm so sagt: „Ihr werdet mit Freuden Wasser schöpfen aus den Brunnen des Heils.“ Das heißt, ihr werdet aus Gottes unerschöpflicher Vergebung leben und durch ihn euer Leben erneuern lassen. Das will ich gerne mit Euch tun. Wie das gehen kann, sehen wir, wenn wir auf das Zweite achten, das der Psalm uns sagt. 

Nämlich: Das herrliche Tun Gottes an seinem Volk, seine Vergebung, muss hinausgetragen werden in alle Welt: Machet kund unter den Völkern sein Tun, verkündiget, wie sein Name so hoch ist! Lobsinget dem HERRN, denn er hat sich herrlich bewiesen. Solches sei kund in allen Landen! Das soll heißen: Die überfließende Vergebung Gottes, die Wasser seiner Heilsbrunnen, von denen wir als Christen trinken, die sollen wir zu den Menschen tragen, dass ein jeder von ihnen davon trinken kann.

Wisst Ihr, wer genau das vorbildlich getan hat? Ich habe von Martin Luther geredet, und das ist bei einem lutherischen Gottesdienst naheliegend. ABER: Wir feiern diesen Gottesdienst in dieser schönen und geschichtsträchtigen Franziskanerkirche, die zur katholischen Domgemeinde gehört. Wir dürfen sie nicht nur heute, sondern regelmäßig sonntags für unsere Gottesdienste nutzen, wofür wir sehr dankbar sind. So sei nun auch Don Bosco erwähnt, dieser große Turiner, der in der katholischen Kirche weltweit als Heiliger verehrt wird. Hier in dieser Kirche hat er seine erste Messe gefeiert und mit seiner großartigen Arbeit unter Jugendlichen begonnen hat. Hier hat er in den Messfeiern aus Gottes Heilsbrunnen das Wasser der Vergebung geschöpft – und dann hat er es aus der Kirche hinausgetragen, hin zu denen, die ihm von Gott anvertraut waren.

Noch in meinen letzten Tagen auf meiner früheren Pfarrstelle in Dürrenmungenau, im vergangenen August, besuchte mich ein katholischer Priester im Ruhestand, Kurt Gartner, über 80 Jahre alt, wohnhaft im Abenberger Seniorenzentrum, einige von Euch aus Franken werden ihn kennen. Er ist in der Jugendarbeit der Salesianer groß geworden, die auf Don Bosco zurückgehen. Er erzählte mir am Kaffeetisch mit leuchtenden Augen, wie Don Bosco seine Arbeit begonnen hat, nämlich indem er ins Gefängnis ging und den jungen Leuten dort die Beichte abnahm.

Ich verstehe das so: Don Bosco ließ diese Jugendlichen, von denen viele mit Schuld belastet waren – mit Schuld an sich selbst, an anderen, an Gott –, er ließ sie aus den Brunnen des Heils Wasser schöpfen, er ließ sie die Vergebung Gottes kosten wie ein herrliches Lebenselixier – so dass ihr Leben wieder neu werden konnte, sie wieder Hoffnung bekamen und – so müssen wir uns das vorstellen – dass sie ihr Leben auf einmal in Gottes Dienst stellten und von nun an für ihn lebten. Das richtet die Vergebung Gottes aus, das ist ihre Kraft. Und das heißt es, aus ihr zu leben. Bei Don Bosco wurde aus der Kraft der Vergebung Gottes eine weltweite Bewegung.

Nun sollte ich wirklich zum Ende kommen. Sicherlich sind manche von Euch mit ihrer Konzentration langsam am Ende. Aber um einen Satz komme ich nicht herum und sollte einen Namen noch erwähnen: den Begründer und Namensgeber dieser altehrwürdigen Kirche, den heiligen Franz von Assisi. Warum? Weil auch er genau das tat: das Heil Gottes hinaustragen in die Welt. Er trug es zu den Gebrochenen, Kranken und Sterbenden – ja sogar den Tieren predigte er das Evangelium.

Es ist ein Glück, dass wir als lutherische Gemeinde mit denen, die vor uns waren – mit Franziskus und Don Bosco –, verbunden sein dürfen und wir mit ihnen hier in der Franziskanerkirche teil haben an Gottes Wirken an seinem Volk. Hier ist der Heilige Israels groß bei uns, wie es der Psalm sagt, und von hier aus verkündigen wir den Menschen, wie sein Name so hoch ist!

Nun schließe ich mit den Worten, mit denen ich diese Predigt begonnen habe. Hört die Worte unseres Wochenspruches (Psalm 103):

„Lobe den Herrn, meine Seele, 

und vergiss nicht, was er dir Gutes getan hat.“   

„Und der Friede Gottes, der höher ist als alle Vernunft, der bewahre eure Herzen und Sinne in Christus Jesus.“

Pfarrer Tobias Brendel   



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