07.11.2021 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica, 7 novembre 2021

ore 11

Chiesa San Francesco d'Assisi

Via San Francesco d'Assisi 11

Torino


Culto alla terzultima domenica dell’anno liturgico

1 Tessalonicesi 5,1-11

Foto: Lotz
Foto: Lotz

Wo und Wann?


Sonntag, 7. November 2021

11 Uhr

Kirche San Francesco d'Assisi

Via San Francesco d'Assisi 11

Torino 


Gottesdienst am Drittletzten Sonntag des Kirchenjahres

1 Thess 5,1-11 



Testo della Predica


Quanto poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva;  perché voi stessi sapete molto bene che il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte. Quando diranno: «Pace e sicurezza», allora una rovina improvvisa verrà loro addosso, come le doglie alla donna incinta; e non scamperanno.

Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno abbia a sorprendervi come un ladro; perché voi tutti siete figli di luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre.  Non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri; poiché quelli che dormono, dormono di notte, e quelli che si ubriacano, lo fanno di notte.  Ma noi, che siamo del giorno, siamo sobri, avendo rivestito la corazza della fede e dell'amore e preso per elmo la speranza della salvezza. Dio infatti non ci ha destinati a ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, il quale è morto per noi affinché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò, consolatevi a vicenda ed edificatevi gli uni gli altri, come d'altronde già fate.

Cara comunità!

Siamo arrivati a novembre. L’autunno va verso l’inverno, l’anno liturgico si avvicina al suo termine. Oggi è la sua terzultima domenica.

I temi delle ultime domeniche dell’anno liturgico ruotano intorno al fatto che non solo l’anno liturgico ha una fine, bensì anche la vita di ogni singolo essere umano e anche il mondo nel suo insieme hanno una fine. Quest’ultima cosa si fa largo nella coscienza soprattutto quando la situazione sulla nostra terra è particolarmente difficile. Allora viene spesso annunciata la vicina fine del mondo. Nella storia dell’umanità questo ha caratterizzato già diverse volte lo spirito in diverse epoche. Anche nel presente tali pensieri non ci sono estranei di fronte al riscaldamento climatico e altre dinamiche problematiche. Indipendentemente da ciò però è un dato di fatto che la vita sul nostro pianeta non ha durata eterna. Ha avuto un inizio e avrà una fine.

Le affermazioni bibliche delle quali si parla nel culto di oggi hanno però un altro sfondo della paura umana della morte e della fine del mondo. O meglio: si tratta piuttosto di una risposta a questa paura che un prodotto della stessa. Certo: anche nella Bibbia ci sono degli scritti apocalittici e dei modi di pensare apocalittici che si possono paragonare senz’altro alle tesi della fine del mondo di altre culture. Il messaggio di fondo nel Nuovo Testamento però è un altro: è il messaggio della resurrezione di Gesù Cristo dai morti. Questo messaggio è legato all’annuncio del Regno di Dio tramite Gesù Cristo prima della sua crocifissione. Gesù ha annunciato la realizzazione del Regno di Dio che era già stato profetizzato nell’Antico Testamento. Ed egli ha mostrato con il suo comportamento verso il suo prossimo quali sono gli elementi decisivi del Regno di Dio: la vita che scaturisce dal legame con Dio e quello che ne deriva: pace interiore, amore, mancanza di violenza ecc. ma anche la sua morte sulla croce vi fa parte e poi anche la sua resurrezione. Il Regno di Dio non è limitato come la vita sulla nostra terra. La morte come limitazione determinante della vita è superata in Gesù Cristo. E con ciò la vita nel Regno di Dio non è limitata al presente. Non è però nemmeno un qualcosa esclusivamente dell’Aldilà. Il Regno di Dio è iniziato con Gesù Cristo, noi nella fede in Cristo possiamo vivere qui e ora in questo regno e con ciò si apre la speranza di una continuazione di questo regno in eterno.

Descrivere questa realtà complessa non è facile. Anche nella Bibbia ci sono approcci diversi in questo contesto. Il Regno di Dio viene descritto con diverse immagini e l’affermazione finale del Regno di Dio di fronte a tanti altri regni umani nel Nuovo Testamento rifacendosi agli annunci profetici nell’Antico Testamento viene descritto come “giorno del Signore” o anche come nuova “venuta del Signore”. In alcuni punti vengono anche utilizzate delle categorie apocalittiche.

Determinante qui però non è la descrizione di un avvenimento futuro, bensì l’effetto sul presente di ciò che possiamo sperare. Dalla lettura dell’epistola dalla Lettera ai Romani abbiamo sentito quello che Paolo ha scritto a proposito della sofferenza: “Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi”. Su come ci si debba immaginare questa gloria non scrive niente, tranne che essa non contiene sofferenza. Per lui è importante trasmettere che nella speranza in questa gloria noi possiamo  affrontare qui e ora la nostra sofferenza. Lo sguardo verso la gloria futura non è una consolazione di distrazione, bensì un aiuto concreto per progettare la propria vita nonostante la sofferenza esistente. E questo a sua volta permette di vivere già adesso nel Regno di Dio.

In quello che abbiamo sentito oggi come vangelo questo è ancora più chiaro. Lì Gesù alla domanda «Quando verrà il regno di Dio?» risponde «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!». In origine Martin Lutero lo ha tradotto addirittura con le parole: “Il Regno di Dio è dentro di voi”. Ad ogni modo per noi cristiani non conta soltanto guardare a una grazia futura, nell’al di là, sopportando nel frattempo la vita presente così com’è. No, il Regno di Dio è già fra di noi adesso. Molte cose gli sono contrarie perché allo stesso tempo viviamo anche nel regno dell’uomo e questa realtà è molto più visibile e percepibile. Eppure il Regno di Dio esiste e noi siamo chiamati a scoprirlo e a vivere nella fede in Gesù Cristo secondo i suoi principi. Lo sguardo verso la grazia futura ci può aiutare in questo.

Nel passo della Bibbia che ho letto all’inizio della predica questo viene sottolineato. Esso origina – come anche la Lettera ai Romani – dall’Apostolo Paolo ed è diretto alla comunità di Salonicco (Tessalonica). “Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore” viene detto all’inizio. Anche a Salonicco c’erano a quel tempo evidentemente delle persone che ragionavano in maniera apocalittica e che volevano calcolare quando la fine (o il nuovo inizio) sarebbe arrivata. Paolo però rifiuta questo atteggiamento. “Come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore” scrive. Così come un ictus o un incidente stradale possono porre fine a una vita umana assolutamente all’improvviso, così anche il nuovo inizio può arrivare assolutamente inaspettato. Non ha nessun senso fare dei calcoli a questo riguardo.

Non dobbiamo però nemmeno dimenticare che la vita prima o poi avrà una fine. “E quando si dirà: «Pace e sicurezza», allora d’improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà” scrive poi Paolo. Organizzare la propria vita come se non avesse mai una fine non è una concezione che aiuta. E questo vale tanto per la vita individuale quanto per la vita dell’umanità sulla terra. Se ignoriamo i problemi e vogliamo solo prendere in considerazione “pace e sicurezza” e né la temperatura in aumento né la distruzione dell’ambiente e neanche i conflitti mondiali, allora le conseguenze ci assaliranno.

Come cristiani noi abbiamo una prospettiva totalmente diversa. Non abbiamo bisogno né di sprofondare nella paura di fronte agli sviluppi minacciosi né abbiamo bisogno di ignorare questi sviluppi. Nella fede in Gesù Cristo abbiamo una base completamente diversa. Paolo lo esprime così: “Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri”. La luce del giorno nella quale viviamo non è l’espressione di un ottimismo impacciato. No, non sappiamo come andranno le cose, né nella nostra vita né per quanto riguarda le condizioni di vita su questa terra. E non dobbiamo nemmeno fare come se fosse tutto caratterizzato da “pace e sicurezza” perché non si può certo dire che sia così. Non abbiamo nemmeno bisogno di farci condizionare da oscure paure. Nell’unione con Gesù Cristo viviamo nella luce. «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» dice Gesù di sé stesso. E in un altro punto «Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre».

Vivendo in questa luce possiamo tenere gli occhi aperti, anzi, li dobbiamo addirittura tenere aperti. Ovviamente dobbiamo dormire per riposarci e per non sprecare senza senso le nostre energie. Ma non dobbiamo dormire nel senso che ignoriamo ciò che succede in noi e intorno a noi. E Paolo non proibisce nemmeno l’alcool per principio, ma dobbiamo essere sobri nel senso che non fuggiamo in un qualche paesaggio dei sogni. Dobbiamo vivere in modo vigile e sobrio “rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza”. Per noi la corazza e l’elmo sono degli oggetti di armature piuttosto sconosciuti, ma possiamo comprendere che è importante farci proteggere dalla fede, l’amore e la speranza nei conflitti della vita e trovarvi anche il nostro orientamento su come comportarci.

La speranza della salvezza è l’elemento al quale alla fine dell’anno liturgico veniamo avvicinati in modo particolare. Credo che valga la pena riflettere nelle prossime settimane su quale aspetto abbia questa speranza per ognuna e ognuno di noi personalmente. E se uno non va avanti, si può chiedere a Dio anche in preghiera di dare un’indicazione.

Traduzione dal tedesco di Katia Cavallito

Foto: Lehmann
Foto: Lehmann

Predigttext


Von den Zeiten aber und Stunden, Brüder und Schwestern, ist es nicht nötig, euch zu schreiben; denn ihr selbst wisst genau, dass der Tag des Herrn kommt wie ein Dieb in der Nacht. Wenn sie sagen: »Friede und Sicherheit«, dann überfällt sie schnell das Verderben wie die Wehen eine schwangere Frau, und sie werden nicht entrinnen.

Ihr aber seid nicht in der Finsternis, dass der Tag wie ein Dieb über euch komme. Denn ihr alle seid Kinder des Lichtes und Kinder des Tages. Wir sind nicht von der Nacht noch von der Finsternis. So lasst uns nun nicht schlafen wie die andern, sondern lasst uns wachen und nüchtern sein. Denn die da schlafen, die schlafen des Nachts, und die da betrunken sind, die sind des Nachts betrunken. Wir aber, die wir Kinder des Tages sind, wollen nüchtern sein, angetan mit dem Panzer des Glaubens und der Liebe und mit dem Helm der Hoffnung auf das Heil.  Denn Gott hat uns nicht bestimmt zum Zorn, sondern dazu, die Seligkeit zu besitzen durch unsern Herrn Jesus Christus, der für uns gestorben ist, damit, ob wir wachen oder schlafen, wir zugleich mit ihm leben. Darum tröstet euch untereinander und einer erbaue den andern, wie ihr auch tut.

Liebe Gemeinde!

Wir sind im November angekommen. Der Herbst geht auf den Winter zu, das Kirchenjahr geht seinem Ende entgegen. Heute ist der drittletzte Sonntag des Kirchenjahres.

Die Themen der letzten Sonntage des Kirchenjahres kreisen um die Tatsache, dass nicht nur das Kirchenjahr ein Ende hat, sondern auch das Leben eines jeden Menschen und auch die Welt als Ganze. Letzteres drängt sich vor allem dann ins Bewusstsein, wenn die Lage auf unserer Erde  besonders schwierig ist. Dann wird oft der baldige Untergang der Welt angekündigt. In der Geschichte der Menschheit hat dies schon mehrmals das Lebensgefühl in verschiedenen Zeitaltern geprägt. Auch in der Gegenwart sind uns solche Gedanken wohl nicht fremd angesichts der Klimaerwärmung und anderer problematischer Entwicklungen. Unabhängig davon ist es aber jedenfalls eine Tatsache, dass das Leben auf unserem Planeten keinen ewigen Bestand hat. Es hatte einen Anfang und es wird ein Ende haben.

Die biblischen Aussagen, um die es im heutigen Gottesdienst geht, haben allerdings einen anderen Hintergrund als die menschliche Furcht vor dem Tod und vor dem Untergang der Welt. Oder besser: es handelt sich eher eine Antwort auf diese Furcht als um ein Produkt derselben. Sicherlich: Es gibt auch in der Bibel apokalyptische Schriften und apokalyptische Denkweisen, die sich durchaus mit Thesen vom Weltuntergang aus anderen Kulturen vergleichen lassen. Aber die Grundbotschaft im Neuen Testament ist eine andere. Es ist die Botschaft von der Auferstehung Jesu Christi von den Toten. Diese Botschaft ist verbunden mit der Verkündigung des Reiches Gottes durch Jesus Christus vor seiner Kreuzigung. Jesus hat die Verwirklichung des Reiches Gottes angekündigt, das schon vor ihm im Alten Testament verheißen worden war. Und er hat mit seinem Verhalten gegenüber den Mitmenschen gezeigt, welches die entscheidenden Elemente des Reiches Gottes sind: Leben aus der Verbundenheit mit Gott und dem, was daraus entsteht – innerer Friede, Liebe, Gewaltlosigkeit etc..Aber auch sein Tod am Kreuz gehört mit dazu, und dann auch seine Auferstehung. Das Reich Gottes ist nicht wie das Leben auf unserer Erde begrenzt. Der Tod als die entscheidende Begrenzung des Lebens ist in Jesus Christus überwunden. Und damit ist das Leben im Reich Gottes nicht auf die Gegenwart beschränkt. Es ist aber auch nicht etwas nur Jenseitiges. Das Reich Gottes hat mit Jesus Christus begonnen, wir können hier und jetzt im Glauben an Christus in diesem Reich leben und dabei öffnet sich die Hoffnung auf eine Fortführung dieses Reiches in alle Ewigkeit.

Diese komplexe Wirklichkeit zu beschreiben, ist nicht einfach. Auch in der Bibel gibt es unterschiedliche Ansätze in diesem Zusammenhang. Das Reich Gottes wird mit verschiedenen Bildern beschrieben. Und die endgültige Durchsetzung des Reiches Gottes gegenüber dem Bestand vieler anderer, menschlicher Reiche, wird im Neuen Testament mit Bezug auf die prophetischen Verkündigungen im Alten Testament als „Tag des Herrn“ beschrieben, oder auch als erneute „Ankunft des Herrn“. Auch apokalyptische Kategorien werden dabei an manchen Stellen verwendet.

Entscheidend ist dabei aber nicht die Beschreibung eines zukünftigen Ereignisses, sondern die Wirkung dessen, was wir erhoffen dürfen, auf die Gegenwart. Bei der Lesung der Epistel aus dem Römerbrief haben wir gehört, was Paulus im Blick auf das Leiden geschrieben hat: „Ich bin überzeugt, dass dieser Zeit Leiden nicht ins Gewicht fallen gegenüber der Herrlichkeit, die an uns offenbart werden soll.“ (Röm 8,18) Darüber, wie man sich diese Herrlichkeit vorstellen soll, schreibt er nichts, außer dass sie kein Leiden beinhaltet. Wichtig ist ihm, zu vermitteln, dass wir in der Hoffnung auf diese Herrlichkeit mit unseren Leiden hier und jetzt umgehen können. Der Blick auf die zukünftige Herrlichkeit ist damit keine ablenkende Vertröstung, sondern eine konkrete Hilfe, trotz vorhandener Leiden sein Leben zu gestalten. Und dies wiederum ermöglicht es, schon jetzt im Reich Gottes zu leben.

In dem, was wir als Evangelium heute gehört haben, wird dies noch deutlicher. Dort antwortet Jesus auf die Frage „Wann kommt das Reich Gottes?“  (Lukas 17,20f): „Das Reich Gottes kommt nicht mit äußeren Zeichen; man wird auch nicht sagen: Siehe, hier!, oder: Da! Denn sehet, das Reich Gottes ist mitten unter euch.“ Ursprünglich hat Martin Luther dies sogar mit den Worten übersetzt: „Das Reich Gottes ist inwendig in euch.“ Jedenfalls geht es für uns Christen nicht darum, nur auf eine zukünftige, jenseitige Herrlichkeit zu schauen und dabei das gegenwärtige Leben, so wie es ist, zu ertragen. Nein, das Reich Gottes ist jetzt schon mitten unter uns. Vieles spricht dagegen, weil wir gleichzeitig auch im Reich der Menschen leben und diese Realität sehr viel sichtbarer und spürbarer ist. Aber das Reich Gottes ist da und wir sind aufgerufen, es aufzuspüren und im Glauben an Jesus Christus nach seinen Prinzipien zu leben. Der Blick auf die zukünftige Herrlichkeit kann uns dabei helfen.

Dies wird in dem Bibelabschnitt, den ich zu Beginn der Predigt vorgelesen habe, unterstrichen. Er stammt – wie der Römerbrief – ebenfalls vom Apostel Paulus und ist an die Gemeinde in Thessaloniki gerichtet. „Von den Zeiten aber und Stunden, Brüder und Schwestern, ist es nicht nötig, euch zu schreiben; denn ihr wisst genau, dass der Tag des Herrn kommt wie ein Dieb in der Nacht.“ heißt es am Anfang. Auch in Thessaloniki gab es damals offensichtlich Menschen, die apokalyptisch dachten und ausrechnen wollten, wann das Ende (oder der neue Anfang) denn eintreten wird. Paulus aber lehnt das ab. „Der Tag des Herrn kommt wie ein Dieb in der Nacht“ schreibt er. So wie ein Schlaganfall oder auch ein Verkehrsunfall das Leben eines Menschen ganz plötzlich beenden kann, so kann auch der neue Anfang ganz unerwartet eintreten. Es macht keinen Sinn, in dieser Hinsicht Berechnungen anzustellen. 

Wir sollen aber auch nicht vergessen, dass das Leben irgendwann ein Ende haben wird. „Wenn sie sagen: „Frieden und Sicherheit“, dann überfällt sie schnell das Verderben wie die Wehen eine schwangere Frau, und sie werden nicht entrinnen“ schreibt er weiter. Sich im Leben so einzurichten, als hätte es kein Ende, ist kein hilfreiches Konzept. Und das gilt für das individuelle Leben ebenso wie für das Leben der Menschheit auf der Erde. Wenn wir die Probleme ignorieren und nur „Frieden und Sicherheit“ wahrnehmen wollen und weder die ansteigende Temperatur, noch die Zerstörung der Umwelt und auch nicht die weltweiten Konflikte, dann werden uns die Folgen überfallen. 

Wir haben als Christen eine ganz andere Perspektive. Wir brauchen weder angesichts bedrohlicher Entwicklungen in der Furcht zu versinken, noch brauchen wir diese Entwicklungen zu ignorieren. Im Glauben an Jesus Christus haben wir eine völlig andere Grundlage. Paulus drückt das so aus: „Ihr aber seid nicht in der Finsternis, dass der Tag wie ein Dieb über euch komme. Denn ihr alle seid Kinder des Lichtes und Kinder des Tages. Wir sind nicht von der Nacht noch von der Finsternis. So lasst uns nun nicht schlafen wie die andern, sondern lasst uns wachen und nüchtern sein.“ Das Licht des Tages, in dem wir leben, ist nicht Ausdruck eines plumpen Optimismus. Nein, wir wissen nicht, wie es weitergehen wird, weder im eigenen Leben, noch in Bezug auf die Lebensbedingungen auf dieser Erde. Und wir sollten auch nicht so tun, als wäre alles von „Frieden und Sicherheit“ geprägt, denn das ist wahrlich nicht der Fall. Aber wir brauchen uns auch nicht von dunklen Ängsten bestimmen lassen. In Verbindung mit Jesus Christus leben wir im Licht. „Ich bin das Licht der Welt. Wer mir nachfolgt der wird nicht wandeln in der Finsternis, sondern wird das Licht des Lebens haben“ (Joh 8,12) sagt Jesus von sich selbst. Und an anderer Stelle (Joh 12,46) „Ich bin in die Welt gekommen als ein Licht, damit, wer an mich glaubt, nicht in der Finsternis bleibe.“ 

In diesem Licht lebend können wir die Augen offen behalten, ja wir sollen sie sogar offen behalten. Natürlich sollen wir schlafen um auszuruhen und unsere Kräfte nicht sinnlos zu verausgaben. Aber wir sollen nicht schlafen in dem Sinn, dass wir ignorieren, was in uns und um uns herum geschieht. Und Paulus verbietet auch nicht grundsätzlich den Alkohol. Aber wir sollen nüchtern sein in dem Sinn, dass wir nicht in irgendwelche Traumlandschaften fliehen. Wir sollen wach und nüchtern leben, „angetan mit dem Panzer des Glaubens und der Liebe und mit dem Helm der Hoffnung auf das Heil.“ Für uns sind Panzer und Helm ziemlich fremde Rüstungsgegenstände, aber wir können wohl verstehen, dass es darum geht, uns durch Glaube, Liebe und Hoffnung in den Auseinandersetzungen des Lebens schützen zu lassen und darin auch unsere Orientierung für das Verhalten zu finden.

Die Hoffnung auf das Heil ist dabei das Element, das uns am Ende des Kirchenjahres in besonderer Weise nahegebracht wird. Ich glaube, es lohnt sich, in den kommenden Wochen darüber nachzudenken, wie diese Hoffnung für einen persönlich aussieht. Und wenn man dabei nicht weiter kommt, kann man Gott auch im Gebet bitten, einem einen Anhaltspunkt zu übermitteln.

Pfarrer Heiner Bludau