31.10.2021 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica, 31 ottobre 2021

ore 10:30

 

Tempio Valdese

Corso Vittorio Emanuele II, 23

10125 Torino


Culto comune (valdesi e luterani) per la Festa della Riforma

Galati 5, 1-6

Foto: Steffen Schellhorn - Ausschnitt Lutherdenkmal Wittenberg - Dettaglio del monumento di Lutero a Wittenberg
Foto: Steffen Schellhorn - Ausschnitt Lutherdenkmal Wittenberg - Dettaglio del monumento di Lutero a Wittenberg

Wo und Wann?


Sonntag, 31. Oktober 2021

10:30 Uhr

 

Tempio Valdese

Corso Vittorio Emanuele II, 23

10125 Torino


Gemeinsamer Gottesdienst (Waldenser und lutherische Gemeinde) zum Reformationstag

Galater 5, 1-6 



Testo della Predica


 

Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dichiaro che, se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla.  Dichiaro di nuovo: ogni uomo che si fa circoncidere, è obbligato a osservare tutta la legge. Voi che volete essere giustificati dalla legge, siete separati da Cristo; siete scaduti dalla grazia. Poiché quanto a noi, è in spirito, per fede, che aspettiamo la speranza della giustizia.

Infatti, in Cristo Gesù non ha valore né la circoncisione né l'incirconcisione; quello che vale è la fede che opera per mezzo dell'amore.

Care sorelle e cari fratelli in Cristo!

La giornata odierna, nella quale ci ricordiamo dell’inizio della Riforma, è in realtà un giorno di festa. Celebriamo la Festa della Riforma. E qual è il senso di questa festa? Il 2 giugno per esempio – Festa della Repubblica – si festeggia la fondazione della Repubblica italiana. Oggi festeggiamo quindi la fondazione delle chiese protestanti? Siamo orgogliosi della loro esistenza e guardando indietro alla Riforma di 500 anni fa troviamo una conferma nella nostra identità?

Non dovremmo dimenticare che perlomeno Martin Lutero, che con le sue tesi del 31 ottobre ha iniziato la Riforma, non voleva fondare alcuna Chiesa propria. Voleva riformare la Chiesa esistente. E quindi è senz’altro più importante ricordare che cosa ha portato i Riformatori a prendere il cammino che hanno percorso piuttosto che sentirsi soddisfatti della meta alla quale questo cammino ha portato.

Il testo biblico che abbiamo sentito e che è previsto per la Festa della Riforma sottolinea questa prospettiva critica. Infatti l’Apostolo Paolo ha scritto una lettera alla Comunità di Galazia nella quale la comunità allora esistente non viene per niente osannata. Al contrario, Paolo ricorda il magnifico inizio, quando è nata la comunità. In tutti e sei i capitoli mette però le lettrici e i lettori a confronto con il fatto che il presente non corrisponde assolutamente più a quell’inizio. Nel versetto subito successivo al brano biblico di oggi lo si dice così riassumendo: “Voi correvate bene; chi vi ha fermati perché non ubbidiate alla verità?”

Di fronte a una tale affermazione ci possiamo mettere alle spalle di Paolo e dargli ragione riguardo all’atteggiamento sbagliato dei Galati? Oppure dovremmo piuttosto partire dal presupposto che noi in un certo senso siamo interessati dalla sua critica insieme ai Galati?

Guardiamo allora innanzitutto quello che Paolo critica o, per meglio dire, condanna nei Galati. Dal brano di oggi emerge che egli rinfaccia loro di disprezzare e abbandonare la libertà che Cristo dona loro. Sono infatti venuti da loro dei predicatori che hanno preteso di farsi circoncidere, cosa vista come necessaria nell’ebraismo. Paolo non lotta contro la circoncisione come tale poiché per il suo passato da ebreo è circonciso egli stesso, ma riconosce nella richiesta che i cristiani dovrebbero farsi circoncidere il distacco dall’interpretazione cristiana della volontà di Dio e la tendenza a volersi orientare in senso letterale alla legge contenuta nella Bibbia. Corrispondere appieno alla legge non è però possibile a nessun essere umano. Infatti chi ama veramente Dio “con tutto il cuore, con tutta l’anima sua e con tutte le sue forze” come richiede la legge? E così questo “giogo della schiavitù” della legge può solo portare alla condanna.

Gesù Cristo però ha liberato coloro che credono in lui dal seguire la legge in modo tale che nella vita si debba corrispondere a ogni singolo precetto. Nella fede in lui non ci dobbiamo guadagnare un giudizio positivo di Dio sulla strada della legge, bensì ci viene assicurato, senza un nostro proprio merito, che Dio ci accetta così come siamo. Accettati da Dio possiamo essergli ubbidienti in tutt’altro modo di quando con il nostro comportamento ci prefiggiamo di essere accettati da lui.

Proprio queste due possibilità però non sono da collegare tra di loro. O si percorre la strada della legge – e allora Cristo non gioca nessun ruolo – o si crede in Gesù Cristo e allora la strada della legge è terminata. “Cristo è il termine della legge” si dice in un altro punto.

La libertà verso la quale Cristo libera non è però una libertà dell’autodeterminazione nel senso di autonomia dell’essere umano. Martin Lutero nel suo scritto Sulla libertà del cristiano ha definito la libertà cristiana con le seguenti frasi “Un cristiano è un libero signore sopra ogni cosa, e non sottoposto a nessuno. Un cristiano è un servo volonteroso in ogni cosa, e sottoposto a ognuno”. Purtroppo adesso non posso leggere tutto lo scritto nel quale vengono spiegate queste due affermazioni contraddittorie. Già queste frasi da sole rendono però chiaro che la libertà della quale si parla qui non consiste nel poter fare ognuno e ognuna ciò che vuole. La libertà consiste piuttosto nel non doversi guadagnare il riconoscimento di Dio, bensì una volta riconosciuti da Dio poter seguire la sua volontà e poter dare più spazio a questa volontà che alle pretese del prossimo.

Questo per quanto riguarda il confronto dell’Apostolo Paolo con i Galati poco meno di 2000 anni fa. Ma in che modo questo riguarda noi oggi? La questione della circoncisione non è di sicuro attuale. Ma come ho già detto, per Paolo non si trattava della circoncisione in sé. La richiesta di farsi circoncidere era per lui la prova che veniva chiesto di percorrere un’altra strada da quella della fede in Gesù Cristo.

Stiamo anche noi nel punto in cui siamo disposti a orientarci piuttosto verso la legge che a vivere nella libertà verso la quale Cristo ci libera? Certo non nel senso in cui era il caso presso i Galati. La legge contenuta nella Bibbia per noi non gioca un ruolo così decisivo. Ma non ci sono tante altre regole che spesso determinano la nostra vita più della fede in Gesù Cristo?

Viviamo in un tempo di secolarizzazione crescente. Non solo la fede in Gesù Cristo fa sempre più passi indietro, anche la fede in Dio in generale gioca sempre meno un ruolo. Verso che cosa si orientano le persone in questa situazione odierna? In molti casi nemmeno a regole e leggi. Certi politici populisti hanno successo facendo qualche promessa senza dover provare un rapporto concreto con la realtà. Chi però riflette sulla propria vita cercherà anche un suo fondamento. E allora le regole e le leggi giocano un ruolo importante.

Quando ci riuniamo qui al culto, lo facciamo su un’altra base. Crediamo in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e con ciò anche in Gesù Cristo. Ma la nostra fede in Gesù Cristo è davvero così forte da determinare la nostra vita e il nostro comportamento nella vita quotidiana? Ciò che succede nella vita secolare intorno a noi ha naturalmente anche degli effetti su di noi. Le persone cercano un contatto tra di loro, sempre più in Internet che in presenza. Ci si sente bene quando si ha trovato un gruppo con il quale si è d’accordo sulle proprie convinzioni. E più ci si sente a casa in un tale gruppo, più si assimilano anche le convinzioni degli altri di questo gruppo.

Questa non è una nuova tendenza. Il fatto che la gente cerchi l’unione con altri ha caratterizzato la storia dell’umanità. A causa di questo il mondo è suddiviso in diverse nazioni, culture, classi, diversi sistemi politici. E anche in diverse religioni e confessioni. In questo senso ci sono tante possibilità anche per noi come chiese o singoli cristiani di farci sottomettere a un giogo della schiavitù nel quale guastiamo e perdiamo la libertà in Cristo.

“Infatti, in Cristo Gesù non ha valore né la circoncisione né l’incirconcisione; quello che vale è la fede che opera per mezzo dell’amore”. Ci viene chiesto di “vivere in Cristo”. Paolo dice di se stesso nella Lettera ai Galati: “Quanto a me, per mezzo della legge, sono morto alla legge affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!” e nel capitolo successivo egli scrive: “siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù. Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”.

Questo fu il punto decisivo della Riforma di 500 anni fa. Annunciare il Vangelo in modo che le persone vivano “in Cristo” e nel suo amore. Questo messaggio non è però soltanto un messaggio riformatore. È il messaggio fondamentale del cristianesimo. Noi come chiese protestanti oggi non dovremmo quindi festeggiare la nostra propria esistenza, bensì chiederci come possiamo vivere al meglio secondo questo messaggio e che cosa ci impedisce di metterlo in pratica. Probabilmente la via in questa direzione guida meno attraverso determinate attività quanto piuttosto nel lasciare dello spazio all’azione di Dio. Non ci risulta essere facile, ma laddove questo accade ci scopriamo legati in maniera sorprendente con persone con le quali altrimenti siamo stati in contrasto.

Grafica - Graphik: Pfeffer
Grafica - Graphik: Pfeffer

Predigttext


Zur Freiheit hat uns Christus befreit! So steht nun fest und lasst euch nicht wieder das Joch der Knechtschaft auflegen! Siehe, ich, Paulus, sage euch: Wenn ihr euch beschneiden lasst, so wird euch Christus nichts nützen. Ich bezeuge abermals einem jeden, der sich beschneiden lässt, dass er das ganze Gesetz zu tun schuldig ist. Ihr habt Christus verloren, die ihr durch das Gesetz gerecht werden wollt, aus der Gnade seid ihr herausgefallen. Denn wir warten im Geist durch den Glauben auf die Gerechtigkeit, auf die wir hoffen. Denn in Christus Jesus gilt weder Beschneidung noch Unbeschnittensein etwas, sondern der Glaube, der durch die Liebe tätig ist.

Liebe Schwestern und Brüder in Christus!

Der heutige Tag, an dem wir uns an den Beginn der Reformation erinnern, ist eigentlich ein Festtag. Wir feiern das Reformationsfest. Und was ist der Sinn von diesem Fest? Am 2. Juni zum Beispiel, dem Fest der Republik, wird die Gründung der italienischen Republik gefeiert. Also feiern wir heute die Gründung der protestantischen Kirchen? Und sind stolz in Bezug auf deren Existenz und lassen uns vom Rückblick auf die Reformation vor 500 Jahren in unserer Identität bestätigen?

Wir sollten nicht vergessen, dass jedenfalls Martin Luther, mit dessen Thesen vom 31. Oktober die Reformation begonnen hat, keine eigene Kirche gründen wollte. Er wollte die bestehende Kirche reformieren. Und so ist es wohl wichtiger, sich daran zu erinnern, was die Reformatoren dazu gebracht hat, den Weg einzuschlagen, den sie gegangen sind, als sich mit dem Ziel, zu dem dieser Weg geführt hat, bedenkenlos zufrieden zu geben.

Der Bibeltext, den wir gehört haben und der für das Reformationsfest vorgesehen ist, unterstreicht diese kritische Perspektive. Denn der Apostel Paulus hat an die Gemeinde in Galatien einen Brief geschrieben, in dem die damals bestehende Gemeinde in keiner Weise gefeiert wird. Im Gegenteil, Paulus erinnert an den wunderbaren Beginn, als die Gemeinde entstand, konfrontiert die Leserinnen und Leser aber in allen sechs Kapiteln damit, dass die Gegenwart dem überhaupt nicht mehr entspricht. Zusammengefasst heißt es im Vers unmittelbar nach dem heutigen Bibelabschnitt: „Ihr lieft so gut. Wer hat euch aufgehalten, der Wahrheit nicht zu gehorchen?“  

Können wir uns angesichts einer solchen Aussage einfach hinter Paulus stellen und ihm zustimmen? Oder müssen wir nicht eher davon ausgehen, dass wir in gewissem Sinn von seiner Kritik ebenso betroffen sind wie die Galater?

Schauen wir zunächst, was Paulus denn an den Galatern kritisiert, oder besser gesagt: verurteilt. Aus dem heutigen Abschnitt geht hervor, dass er ihnen vorwirft, sie würden die Freiheit, die Christus ihnen schenkt, missachten und verlassen. Es sind wohl Prediger zu ihnen gekommen, die von ihnen verlangt haben, sich beschneiden zu lassen, wie dies im Judentum als notwendig angesehen wird. Paulus kämpft nicht gegen die Beschneidung als solche, denn er ist aufgrund seiner jüdischen Vergangenheit selbst beschnitten. Aber er erkennt in der Forderung, Christen müssten sich beschneiden lassen, die Abkehr von der christlichen Interpretation des Willens Gottes und die Hinwendung dazu, sich an dem in der Bibel enthaltenen Gesetz in buchstäblicher Weise orientieren zu wollen. Dem Gesetz wirklich ganz zu entsprechen, ist aber keinem Menschen möglich. Denn welcher Mensch hat wirklich Gott lieb „von ganzem Herzen, von ganzer Seele und mit all seiner Kraft“ (Dtn 6,5) wie es das Gesetz fordert? Und so kann dieses „Joch der Knechtschaft“ des Gesetzes nur zur Verurteilung führen. 

Jesus Christus aber hat die, die an ihn glauben, davon befreit, dem Gesetz so zu folgen, dass allen einzelnen Geboten im Leben entsprochen werden muss. Im Glauben an ihn müssen wir uns ein positives Urteil Gottes nicht auf dem Weg des Gesetzes erarbeiten, sondern bekommen ohne eigenen Verdienst zugesagt, dass Gott uns annimmt. Von Gott angenommen können wir in ganz anderer Weise ihm gehorsam sein, als wenn wir mit unserem Verhalten  beabsichtigen, von ihm angenommen zu werden. 

Genau diese beiden Möglichkeiten aber sind nicht miteinander zu verbinden. Entweder es wird der Weg des Gesetzes gegangen, dann spielt Christus keine Rolle dabei. Oder es wird an Jesus Christus geglaubt, dann ist der Weg des Gesetzes damit beendet. „Christus ist das Ende des Gesetzes“ heißt es an anderer Stelle.

Die Freiheit, zu der Christus befreit, ist aber keine Freiheit der Selbstbestimmung im Sinne von Autonomie des Menschen. Martin Luther hat in seiner Schrift „Von der Freiheit eines Christenmenschen“ die christliche Freiheit mit folgenden zwei Sätzen nebeneinander definiert: „Ein Christenmensch ist ein freier Herr über alle Dinge und Niemand untertan; ein Christenmensch ist ein dienstbarer Knecht aller Dinge und Jedermann untertan.“ Leider kann ich jetzt nicht die ganze Schrift vorlesen, in der diese beiden widersprüchlichen Aussagen erläutert werden. Aber schon die beiden Sätze machen wohl deutlich, dass die Freiheit, um die es hier geht, nicht darin besteht, dass jeder und jede machen kann was er oder sie will. Die Freiheit besteht vielmehr darin, sich die Anerkennung Gottes nicht erarbeiten zu müssen, sondern von Gott anerkannt seinem Willen folgen zu können und diesem Willen mehr Raum geben zu können, als den Forderungen der Mitmenschen.

Soviel zunächst zu der Auseinandersetzung des Apostels Paulus mit den Galatern vor knapp 2000 Jahren. Inwiefern aber betrifft uns das heute? Die Frage nach der Beschneidung ist wohl nicht aktuell. Aber wie ich schon sagte, ging es Paulus auch gar nicht um die Beschneidung selbst. Die Forderung, sich beschneiden zu lassen, war für ihn Beweis dafür, dass ein anderer Weg als der des Glaubens an Jesus Christus gegangen werden soll. 

Stehen wir auch an dem Punkt, dass wir eher bereit sind uns am Gesetz zu orientieren, als in der Freiheit zu leben, zu der Christus uns befreit? Wohl eher nicht in dem Sinn, wie dies bei den Galatern der Fall war. Das in der Bibel enthaltene Gesetz spielt wohl keine so entscheidende Rolle für uns. Aber gibt es nicht viele andere Regeln, die unser Leben oft mehr prägen als der Glaube an Jesus Christus? 

Wir leben in einer Zeit zunehmender Säkularisierung. Nicht nur der Glaube an Jesus Christus tritt immer mehr zurück, auch der Glaube an Gott überhaupt spielt immer weniger eine Rolle. Woran orientieren sich die Menschen in dieser heutigen Situation? Vielfach nicht einmal mehr an Regeln und Gesetzen. Populistische Politiker sind erfolgreich, indem sie irgendwelche Versprechungen machen, ohne dabei einen zutreffenden Bezug zur Wirklichkeit nachweisen zu müssen. Wer aber über sein Leben nachdenkt, wird nach einer Grundlage dafür suchen. Und dann spielen Regeln und Gesetze doch eine wichtige Rolle.

Wenn wir hier zum Gottesdienst zusammenkommen, tun wir das auf einer anderen Ebene. Wir glauben an Gott, den Vater, den Sohn und den Heiligen Geist und damit auch an Jesus Christus. Aber ist unser Glaube an Jesus Christus wirklich so stark, dass er unser Leben und unser Verhalten im Alltag bestimmt? Was in der säkularisierten Welt um uns herum geschieht, hat natürlich auch Auswirkungen auf uns. Menschen suchen Kontakt miteinander, immer mehr im Internet als in Präsenz. Man fühlt sich wohl, wenn man eine Gruppe gefunden hat, mit der man in Bezug auf die eigenen Überzeugungen übereinstimmt. Und je mehr man sich in solch einer Gruppe zu Hause fühlt, desto mehr übernimmt man auch die Überzeugungen anderer in dieser Gruppe.

Das ist keine neue Entwicklung. Dass Menschen Gemeinschaft suchen hat die gesamte Geschichte der Menschheit geprägt. Die Welt ist dadurch aufgeteilt in verschiedene Nationen, Kulturen, Klassen, politische Systeme. Und auch in verschiedene Religionen und Konfessionen. In diesem Sinne gibt es auch für uns als Kirchen oder als einzelne Christen sehr viele Möglichkeiten, uns in ein knechtendes Joch einfangen zu lassen, bei dem wir die Freiheit in Christus verderben und verlieren. 

„In Christus Jesus gilt weder Beschneidung noch Unbeschnittensein etwas, sondern der Glaube, der durch die Liebe tätig ist“ Wir sind aufgefordert, „in Christus zu leben“. Paulus sagt von sich selbst im Galaterbrief: „Ich bin durchs Gesetz dem Gesetz gestorben, damit ich Gott lebe. Ich bin mit Christus gekreuzigt. Ich lebe, doch nun nicht ich, sondern Christus lebt in mir.“ Und im darauffolgenden Kapitel schreibt er: „Ihr seid alle durch den Glauben Gottes Kinder in Christus Jesus. … Hier ist nicht Jude noch Grieche, hier ist nicht Sklave noch Freier, hier ist nicht Mann noch Frau; denn ihr seid allesamt einer in Christus Jesus."

Dies war der entscheidende Punkt der Reformation vor 500 Jahren: Das Evangelium zu verkünden, damit die Menschen „in Christus“ und in seiner Liebe leben. Diese Botschaft ist aber nicht nur eine reformatorische Botschaft. Es ist die christliche Grundbotschaft. Wir sollten deshalb als protestantische Kirchen heute nicht unsere eigene Existenz feiern, sondern uns fragen, wie wir am besten dieser Botschaft entsprechend leben können und was uns hindert, sie umzusetzen. Vermutlich geht es dabei weniger um bestimmte Aktivitäten als darum, dem Handeln Gottes Raum zu lassen. Das fällt uns nicht leicht, aber wo dies geschieht, werden wir uns in überraschender Weise als mit Menschen verbunden erfahren, mit denen wir sonst im Gegensatz gestanden sind.

Pfarrer Heiner Bludau