12.09.2021 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica, 12 settembre 2021

ore 16

 

Parco della Mandria

nei pressi della Chiesetta di San Giuliano


Culto per il Ringraziamento per il Raccolto

2 Corinzi 9,6-15

Grafica - Graphik: Pfeffer
Grafica - Graphik: Pfeffer

Wo und Wann?


Sonntag, 12. September 2021

16 Uhr

 

Parco della Mandria

in der Nähe des Kirchleins San Giuliano


Gottesdienst zum Erntedank

2 Kor 9,6-15 



Testo della Predica


6 Chi semina scarsamente mieterà altresì scarsamente; e chi semina abbondantemente mieterà altresì abbondantemente. 7 Dia ciascuno come ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per forza, perché Dio ama un donatore gioioso. 8 Dio è potente da far abbondare su di voi ogni grazia, affinché, avendo sempre in ogni cosa tutto quel che vi è necessario, abbondiate per ogni opera buona; 9 come sta scritto:

«Egli ha profuso, egli ha dato ai poveri,

la sua giustizia dura in eterno».

10 Colui che fornisce al seminatore la semenza e il pane da mangiare, fornirà e moltiplicherà la semenza vostra e accrescerà i frutti della vostra giustizia. 11 Così, arricchiti in ogni cosa, potrete esercitare una larga generosità, la quale produrrà rendimento di grazie a Dio per mezzo di noi. 12 Perché l'adempimento di questo servizio sacro non solo supplisce ai bisogni dei santi ma più ancora produce abbondanza di ringraziamenti a Dio; 13 perché la prova pratica fornita da questa sovvenzione li porta a glorificare Dio per l'ubbidienza con cui professate il vangelo di Cristo e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti. 14 Essi pregano per voi, perché vi amano a causa della grazia sovrabbondante che Dio vi ha concessa. 15 Ringraziato sia Dio per il suo dono ineffabile!

Cara Comunità!

La festa del ringraziamento per il raccolto è un’occasione per ringraziare Dio per tutto quello che riceviamo da lui. In questo contesto la festa del ringraziamento per il raccolto ci invita però anche a riflettere su come trattiamo i doni di Dio.

Il passo della Bibbia tratto dalla seconda Lettera ai Corinzi dell’Apostolo Paolo alla comunità a Corinto che abbiamo ascoltato è un appello a fare donazioni. Paolo annuncia che andrà a Gerusalemme e che vorrebbe portare lì dei doni da Corinto. Il suo obiettivo è quello di rafforzare i rapporti tra la comunità dei cristiani di origine non ebraica di Corinto e la comunità di origine ebraica a Gerusalemme. Il contenuto dell’appello però è molto diverso dagli appelli che conosciamo.

In che senso ci viene chiesto normalmente di fare delle donazioni? Nella maggior parte dei casi non viene detto espressamente, ma il presupposto per fare delle donazioni si trova senz’altro nel dover creare una compensazione; che sia nella città nella quale viviamo, che sia nel mondo intero, dappertutto ci sono grandi differenze materiali. Taluni possiedono di più, altri di meno, e alcuni finiscono in continuazione in situazioni di difficoltà da non avere il minimo per vivere. L’appello a fare donazioni che riceviamo in tali occasioni ci dice tra le righe: se tu possiedi di più di queste persone bisognose, allora per favore contribuisci a compensare questa disparità. Da’ per favore qualcosa ai poveri. 

Tali appelli alla solidarietà possono avere un effetto psicologico forte. È davvero ingiusto che in questo mondo ci siano i ricchi e i poveri. E quando la gente è colpita da catastrofi, questo può creare della paura. Anch’io potrei essere colpito/ colpita da una catastrofe. In realtà non è giusto che la proprietà sia distribuita in modo ineguale. Inoltre il destino crea ulteriori vantaggi e svantaggi tra gli esseri umani. Se sono avvantaggiato e guardo verso coloro che sono svantaggiati, questo può scatenare un disagio. Per lottare contro la cattiva coscienza è bene allora donare qualcosa.

Tali considerazioni possono però anche portare alla rassegnazione. Anche nel caso io donassi tantissimo, posso cambiare davvero la situazione qui nella nostra città per non parlare poi nel mondo intero? Ma è inutile!

Allo stesso modo si possono vedere le cose anche per quanto riguarda l’ambiente. Sì, è vero: il riscaldamento climatico aumenta, diventa percepibile e mostra degli effetti catastrofici. Noi tutti vi siamo coinvolti. Dobbiamo cambiare il nostro comportamento per fermare il riscaldamento e la distruzione della natura. Ma anche se mi impegno con tutte le mie forze per un cambiamento, a che cosa serve? Presto ci saranno 8 miliardi di persone sulla nostra terra, un singolo non è assolutamente importante.

E così continuiamo a fare come abbiamo fatto finora e doniamo un pochino e cerchiamo di comportarci in modo sostenibile per l’ambiente per non farci sopraffare dalla coscienza sporca.

L’Apostolo Paolo però ha una prospettiva completamente diversa. Per lui non sono importanti solo le cose materiali che abbiamo ricevuto da Dio. Certo, le menziona anche quando parla del “seminatore”. Seminare e mietere lo possiamo riferire sia alla giustizia sociale che alla natura e all’ambiente.

Il punto decisivo per Paolo però è qualcos’altro: è la grazia di Dio. In che cosa consiste la grazia di Dio? È ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Essa produce gioia nel cuore e dona la prospettiva e la speranza in vista della strada attraverso la vita. Questa grazia è abbondante. Si basa su un “felice scambio” del quale Paolo parla nel capitolo prima: “Infatti voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi”. Ricchi o poveri, sani o malati, giovani o vecchi, di successo o no, questa grazia è un dono di Dio per tutti. La dobbiamo soltanto accettare nella fede in Gesù Cristo.

E questa grazia crea comunione. Non solamente nella comunità di chiesa, bensì ben al di là. La grazia infatti viene offerta a tutti! Non è nostro compito giudicare chi ne deve far parte e chi forse no. Per noi è soltanto importante il fatto che la grazia di Dio non la riceva nessuno per se stesso da solo. E così la gioia per la grazia non si riferisce solo alla ricezione personale della stessa, bensì anche alla comunione alla quale essa ci lega.

Se Paolo esorta a dare, egli con questo non dice che sia il presupposto per ricevere la grazia. Sarebbe simile a ciò di cui parlavo all’inizio: faccio della beneficienza per raggiungere così qualcosa per me; una coscienza pulita o anche la grazia di Dio.

No, si tratta piuttosto di vivere realmente in questa grazia di Dio. Che io sia ricco o povero, sano o malato, giovane o vecchio, che abbia successo o meno, sono amato e accettato da Dio. Egli non mi giudica secondo il mio comportamento, egli mi dona ogni mattino nuovamente la sua grazia, mi perdona la mia colpa e mi dà nuova forza per vivere nello sguardo verso di lui.

Chi vive in questa grazia può condurre una vita felice. Si può rallegrare anche se tante cose all’esterno magari dicono il contrario. La gioia per la grazia di Dio, soprattutto per il fatto che questa grazia valga anche per me, è il centro della fede cristiana.

E poi si tratta di mettere davvero in pratica questa gioia. Da una parte è un compito spirituale. Si tratta di trovare delle forme spirituali per vivere la fede in Cristo nella vita quotidiana. I culti possono aiutare a farlo, delle letture della Bibbia, delle forme della preghiera che trovano posto nel proprio stile di vita. Ma la grazia di Dio si deve anche realizzare nella vita pratica. La comunione degli uni con gli altri, alla quale Dio ci invita con la sua grazia, non è un concetto teorico. Dio ci invita a vivere questa comunione, al di là di qualsiasi limite. Né la lingua né l’appartenenza a un determinato popolo o nazione né il colore della pelle o qualsiasi altra cosa deve limitare o addirittura impedire la comunione. Neanche la pandemia deve limitare la comunione. Dio ci dona la grazia nel suo amore e la comunione che ne deriva non deve essere determinata da nient’altro se non da questo amore.

In questo senso Paolo esorta a donare. La grazia di Dio è un dono che noi riceviamo. Essa genera gioia. Noi però a lungo termine non potremo vivere in questa gioia se la vogliamo trattenere solo per noi. Accettiamo la grazia di Dio trasmettendola agli altri. Da una parte in franchezza, nella gentilezza, nell’amore per il prossimo – così come la nostra vita non è soltanto spirituale, bensì anche materiale – condividendo delle cose con gli altri.

Se noi quello che riceviamo non lo teniamo per noi ma in vario modo lo passiamo ad altri, ciò che riceviamo non diventa di meno, ma – anzi – di più. Non nel senso che Dio ci premia per questo, bensì perché diventiamo aperti per ricevere sempre più della ricchezza sconvolgente della sua grazia che Dio distribuisce.

In questo senso possiamo capire quello che l’Apostolo Paolo scrive: “Dio ama un donatore gioioso” e “chi semina abbondantemente mieterà altresì abbondantemente”.

Vivere gioiosamente nella grazia di Dio e trasmetterla ad altri crea un dinamismo che non si risolve semplicemente in una compensazione tra ricco e povero. Ciò che viene seminato qui sono dei granelli di senape dei quali Gesù dice: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi; ma, quand’è cresciuto, è maggiore degli ortaggi e diventa un albero; tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami».

Quindi ringraziamo oggi Dio non solo per tutto il cibo e tutte le altre cose che mette a disposizione della nostra vita, bensì anche per la sua grazia che ci permette una vita indipendentemente dalle condizioni esteriori. Ringraziamo Dio per questo e viviamo in questa grazia.

Foto: Lehmann
Foto: Lehmann

Predigttext


6Wer da kärglich sät, der wird auch kärglich ernten; und wer da sät im Segen, der wird auch ernten im Segen. 7Ein jeder, wie er’s sich im Herzen vorgenommen hat, nicht mit Unwillen oder aus Zwang; denn einen fröhlichen Geber hat Gott lieb. 8Gott aber kann machen, dass alle Gnade unter euch reichlich sei, damit ihr in allen Dingen allezeit volle Genüge habt und noch reich seid zu jedem guten Werk; 9wie geschrieben steht (Ps 112,9): »Er hat ausgestreut und den Armen gegeben; seine Gerechtigkeit bleibt in Ewigkeit.« 

10Der aber Samen gibt dem Sämann und Brot zur Speise, der wird auch euch Samen geben und ihn mehren und wachsen lassen die Früchte eurer Gerechtigkeit. 11So werdet ihr reich sein in allen Dingen, zu geben in aller Lauterkeit, die durch uns wirkt Danksagung an Gott. 12Denn der Dienst dieser Sammlung füllt nicht allein aus, woran es den Heiligen mangelt, sondern wirkt auch überschwänglich darin, dass viele Gott danken. 13Um dieses treuen Dienstes willen preisen sie Gott für euren Gehorsam im Bekenntnis zum Evangelium Christi und für die Lauterkeit eurer Gemeinschaft mit ihnen und allen. 14Und in ihrem Gebet für euch sehnen sie sich nach euch wegen der überschwänglichen Gnade Gottes bei euch. 15Gott aber sei Dank für seine unaussprechliche Gabe!

Liebe Gemeinde!

 

Das Erntedankfest ist Anlass Gott zu danken für alles das, was wir von ihm empfangen. In diesem Zusammenhang lädt uns das Erntedankfest aber auch ein, darüber nachzudenken, wie wir mit Gottes Gaben umgehen.

Der Bibelabschnitt aus dem 2. Brief des Apostels Paulus an die Gemeinde in Korinth, den wir gehört haben, ist ein Spendenaufruf. Paulus kündigt an, dass er nach Jerusalem reisen wird und dorthin Gaben aus Korinth mitnehmen möchte. Sein Ziel ist, die Beziehung zwischen der heidenchristliche Gemeinde in Korinth und der judenchristlichen Gemeinde in Jerusalem zu stärken. Der Inhalt des Aufrufes ist aber sehr anders als die Aufrufe, die wir kennen.

In welchem Sinne werden wir normalerweise aufgefordert zu spenden? Meist wird das nicht ausdrücklich gesagt, aber die Voraussetzung für Spenden liegt doch wohl darin, dass damit ein Ausgleich geschaffen werden soll. Sei es in der Stadt, in der wir leben, sei es in der ganzen Welt, überall gibt es große materielle Unterschiede. Manche Menschen besitzen mehr, andere weniger, und immer wieder geraten Menschen derart in Not, dass ihnen das Minimum zum Leben fehlt. Der Spendenaufruf, den wir bei solchen Anlässen empfangen, sagt uns zwischen den Zeilen: Wenn du mehr besitzt als diese bedürftigen Menschen, dann trage doch bitte dazu bei, diesen Unterschied auszugleichen. Gib den Armen doch bitte etwas ab.

Solche Spendenaufrufe können eine starke psychologische Wirkung haben. Es ist ja ungerecht, dass es Reiche und Arme in dieser Welt gibt. Und wenn Menschen von Katastrophen betroffen sind, kann das Angst erzeugen. Auch mich könnte eine Katastrophe treffen. Eigentlich ist es nicht in Ordnung, dass der Besitz ungleich verteilt ist. Dazu schafft das Schicksal zusätzliche Vor- und Nachteile unter den Menschen. Wenn ich von den Vorteilen profitiere und auf diejenigen schaue, die Nachteile erleben, dann kann dies Unbehagen auslösen. Um das schlechte Gewissen zu bekämpfen, ist es dann gut, etwas zu spenden.

Derartige Überlegungen können aber auch zur Resignation führen. Selbst wenn ich ganz viel spenden würde, kann ich damit denn die Situation hier in unserer Stadt oder gar in der ganzen Welt wirklich ändern? Das ist doch vergeblich! 

Ähnlich kann man die Dinge auch in Bezug auf die Umwelt sehen. Ja, die Klimaerwärmung nimmt zu, wird jetzt spürbar und zeigt katastrophale Folgen. Wir alle sind daran beteiligt. Wir müssen unser Verhalten ändern um die Erwärmung und die Zerstörung der Natur aufzuhalten. Aber selbst wenn ich mich mit allen Kräften für eine Veränderung einsetze, was bringt das? Es gibt bald 8 Milliarden Menschen auf unserer Erde, da ist ein Einzelner doch ganz unwichtig.

Und so machen wir eben weiter wie bisher und spenden ein bisschen und versuchen uns ein bisschen umweltfreundlich zu verhalten, damit das schlechte Gewissen uns nicht überwältigt.

 

Der Apostel Paulus aber hat eine ganz andere Perspektive. Ihm geht es nicht nur darum, was wir an materiellen Dingen von Gott erhalten haben. Das erwähnt er schon auch, wenn er vom „Sämann“ spricht. Säen und Ernten können wir sowohl auf die soziale Gerechtigkeit beziehen, als auch auf Natur und Umwelt. Säen und Ernten schafft die notwendige Nahrung, die alle Menschen brauchen, es prägt aber auch unsere Beziehung zu Natur und Umwelt.

Der entscheidende Punkt für Paulus aber ist etwas anderes. Es ist die Gnade Gottes. Worin besteht die Gnade Gottes? Sie ist das, was das Leben lebenswert macht. Sie erzeugt Freude im Herzen und schenkt Perspektive und Hoffnung im Blick auf den Weg durchs Leben. Diese Gnade ist überschwänglich. Sie basiert auf einem „fröhlichen Wechsel“ von dem Paulus im Kapitel zuvor schreibt: „Ihr kennt die Gnade unseres Herrn Jesus Christus: obwohl er reich ist, wurde er doch arm um euretwillen, damit ihr durch seine Armut reich würdet.“ (2 Kor 8,9). Diese Gnade ist Gottes Geschenk für alle Menschen, ob reich ob arm, ob gesund ob krank, ob jung ob alt, ob erfolgreich oder nicht. Wir brauchen sie nur anzunehmen im Glauben an Jesus Christus.

Und diese Gnade schafft Gemeinschaft. Nicht nur in der Kirchgemeinde, sondern weit darüber hinaus. Die Gnade wird ja allen angeboten! Es ist nicht unsere Aufgabe, zu beurteilen, wer dazugehört und wer vielleicht nicht. Für uns ist nur wichtig, dass niemand die Gnade Gottes für sich alleine erhält. Und so bezieht sich die Freude über die Gnade nicht nur auf den persönlichen Empfang derselben, sondern auch auf die Gemeinschaft, zu der sie uns verbindet.

Wenn Paulus zum Geben aufruft, so sagt er damit nicht, dies sei die Voraussetzung, um die Gnade zu empfangen. Das wäre ja so ähnlich wie das, worüber ich eingangs gesprochen habe: ich spende um damit etwas für mich zu erreichen. Ein gutes Gewissen, oder auch die Gnade Gottes.

Nein, es geht vielmehr darum, tatsächlich in dieser Gnade Gottes zu leben. Unabhängig, ob reich ob arm, ob gesund oder krank, ob jung oder alt, ob erfolgreich oder nicht, ich bin von Gott geliebt und angenommen. Er beurteilt mich nicht nach meinem Verhalten, er schenkt mir jeden Morgen seine Gnade neu, vergibt mir meine Schuld und gibt mir neue Kraft zum Leben im Blick auf ihn.

Wer in dieser Gnade lebt, kann ein frohes Leben führen. Er kann sich freuen, auch wenn äußerlich vielleicht viele Dinge dagegen sprechen. Die Freude an der Gnade Gottes, vor allem daran, dass auch mir diese Gnade gilt, ist das Zentrum des christlichen Glaubens.

Und dann geht es darum, diese Freude wirklich umzusetzen. Das ist einerseits eine geistliche Aufgabe. Es geht darum, geistliche Formen zu finden, den Glauben an Christus im Alltag zu leben. Gottesdienste können dabei helfen, Lektüre der Bibel, Formen des Gebets, die Platz finden im eigenen Lebensstil. Aber die Gnade Gottes soll sich auch im praktischen Leben verwirklichen. Die Gemeinschaft untereinander, zu der Gott uns mit seiner Gnade einlädt, ist kein theoretisches Konzept. Gott lädt uns ein, diese Gemeinschaft zu leben, über alle Grenzen hinaus. Weder die Sprache, noch die Zugehörigkeit zu einem bestimmten Volk oder einer Nation, noch die Hautfarbe oder irgendetwas anders soll diese Gemeinschaft einschränken oder gar verhindern. Auch die Pandemie soll die Gemeinschaft nicht einschränken. Gott schenkt uns die Gnade in seiner Liebe und die daraus entstehende Gemeinschaft soll von nichts anderem geprägt sein, als von dieser Liebe.

In diesem Sinne ruft Paulus auf zu geben. Die Gnade Gottes ist eine Gabe, die wir empfangen. Sie löst Freude aus. Doch wir werden auf Dauer in dieser Freude nicht leben können, wenn wir sie nur für uns behalten wollen. Wir lassen uns auf die Gnade Gottes ein, indem wir sie weitergeben. Einerseits in Offenheit, in Freundlichkeit, in Nächstenliebe, dann aber auch – so wie unser Leben nicht nur geistlich sondern auch materiell ist – indem wir Dinge miteinander teilen. 

Wenn wir das, was wir empfangen, nicht für uns behalten, sondern in verschiedener Art und Weise weitergeben, dann wird das, was wir empfangen nicht weniger, sondern mehr. Nicht in dem Sinne, dass Gott uns dann belohnen würde, sondern so, dass wir offen werden, von dem überwältigenden  Reichtum seiner Gnade, den Gott verteilt, immer mehr zu empfangen.

In diesem Sinne können wir verstehen, was der Apostel Paulus schreibt: „Einen fröhlichen Geber hat Gott lieb“ und „wer da sät im Segen, der wird auch ernten im Segen“

Fröhlich in der Gnade Gottes zu leben und sie weiterzugeben schafft eine Dynamik, die nicht einfach nur auf einen Ausgleich zwischen arm und reich hinausläuft. Was da gesät wird, sind Senfkörner, von denen Jesus sagt: „Das Himmelreich gleicht einem Senfkorn, das ein Mensch nahm und auf seinen Acker säte; das ist das kleinste unter allen Samenkörnern; wenn es aber gewachsen ist, so ist es größer als alle Kräuter und wird ein Baum, sodass die Vögel unter dem Himmel kommen und wohnen in seinen Zweigen.“ (Mt 13,31b.32)

So lasst uns heute Gott danken, nicht nur für all das, was er uns an Nahrung und an anderen Dingen für unser Leben zur Verfügung stellt, sondern auch für seine Gnade, die uns ein Leben ermöglicht unabhängig von den äußeren Bedingungen. Lasst uns Gott dafür danken und lasst uns in dieser Gnade leben.