06.06.2021 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica, 6 giugno 2021

ore 11


Culto per la 1a Domenica dopo Trinitatis

2 Timoteo 3,14-17

Foto: Heiner Bludau
Foto: Heiner Bludau

Wo und Wann?


Sonntag, 6. Mai 2021

11 Uhr


Gottesdienst zum 1. Sonntag nach Trinitatis 

2 Timotheus 3,14-17



Testo della Predica


Cara comunità!

Nella lettura dell’epistola abbiamo sentito dire: “Dio è amore; e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.” E poi “Nell'amore non c'è paura; anzi, l'amore perfetto caccia via la paura”.

L’amore rivolge lo sguardo verso il prossimo, e questo è anche il tema del vangelo di oggi. L’amore che nasce dalla fede cambia però anche chi ama; “caccia via la paura”.

Il brano biblico di oggi, al quale fa riferimento la mia predica, poggia su questo secondo punto, sulla fede come base dell’amore. Tratta la ricerca di Dio e della questione su dove e su come questa fede sia ancorata. Il fatto che realizziamo l’amore amando il prossimo è una conseguenza importante. Ma l’amore verso il prossimo da solo non deve contenere necessariamente la fede in Dio.

Farsi condurre da Dio nel cammino attraverso la vita diventa sempre meno ovvio oggigiorno. È vero che dappertutto nelle città e nei paesini si trovano degli edifici di chiesa, ma coloro che non li visitano solo, bensì vi si riuniscono perché è il luogo nel quale trovano l’orientamento per la loro vita diventano sempre di meno.

Allo stesso tempo cresce il numero di altri concetti su come organizzare in modo sensato la propria vita, indipendentemente dalla fede cristiana. Alcuni di questi concetti vengono presentati come promesse di salvezza o offerte per il senso della vita, altri sono piuttosto delle manifestazioni della moda in relazione al comportamento. E così sempre più individui si orientano verso la salute o il successo, la ricchezza o la bellezza, verso la ragione scientifica e la tecnica che progredisce, o anche – certo – verso l’amore per il prossimo, ma senza legarlo alla fede in Dio.

Tutti questi aspetti non devono necessariamente contraddire la fede cristiana; la domanda però è la seguente: da che cosa mi faccio guidare alla fin fine? Qual è il riferimento che sta al di sopra di tutti gli altri? Soprattutto quando ho dei dubbi, sono in difficoltà o in situazioni di conflitto, in quale direzione proseguo allora?

Il brano biblico dalla seconda Lettera di Timoteo tratta la Sacra Scrittura come base della fede cristiana e ci invita a trovare in essa l’orientamento decisivo per la nostra vita.

14 Tu, invece, persevera nelle cose che hai imparate e di cui hai acquistato la certezza, sapendo da chi le hai imparate, 15 e che fin da bambino hai avuto conoscenza delle sacre Scritture, le quali possono darti la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù. 16 Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, 17 perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.

Nel Nuovo Testamento ci sono due scritti che si presentano come lettere dell’Apostolo Paolo a Timoteo. Timoteo era uno stretto collaboratore dell’apostolo e viene menzionato in tanti altri scritti del Nuovo Testamento. Nella seconda lettera indirizzata a lui, ci si rivolge a lui come persona alla guida della comunità di Efeso. Gli viene fatto notare quello a cui nella sua attività nella comunità deve porre attenzione, ma anche dove e come può trovare un continuo rafforzamento della sua fede. In questo – come abbiamo sentito – la Sacra Scrittura gioca un ruolo decisivo.

Bisogna però riflettere sul fatto che quando si parla di “Sacra Scrittura” nel Nuovo Testamento si intende soltanto l’Antico Testamento. Il Nuovo Testamento è nato più tardi dagli scritti che circolavano appunto tra i primi cristiani.

Allora quando nella lettera si dice che la Sacra Scrittura potrebbe insegnare a “dare la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù”, si intendono le Scritture dell’Antico Testamento come annuncio profetico della venuta di Gesù Cristo. Questo vuole dire che la storia di Dio con gli uomini non inizia con Gesù Cristo e non è nemmeno ridotta alla sua apparizione, bensì inizia con la creazione del mondo e trova poi la sua più grande chiarezza nella vita del figlio di Dio.

Il Vangelo di Gesù Cristo quindi in quella che viene chiamata “Sacra Scrittura” non è ancora contenuto in maniera esplicita. Nel paragrafo precedente però vi si fa riferimento, più precisamente con il riferimento all’insegnamento dell’Apostolo Paolo. Timoteo deve seguire questo insegnamento e in questo orientarsi verso ciò da cui questo insegnamento è nato, cioè verso la Sacra Scrittura.

Proiettato su di noi oggi questo significa innanzitutto cercare il Vangelo di Gesù Cristo nel Nuovo Testamento e poi da lì recepire il contenuto di tutta la Bibbia, cioè quello del Vecchio e del Nuovo Testamento.

Per noi luterani questo è uno dei criteri fondamentali della fede. La teologia luterana si può riassumere sotto i titoli: solo Cristo, solo per la Grazia, solo per la Fede, solo per la Scrittura. Solus Christus, sola gratia, sola fide, sola scriptura.

L’esortazione del brano biblico di oggi la possiamo prendere quindi benissimo alla lettera: “Tu, invece, persevera nelle cose che hai imparate e di cui hai acquistato la certezza, sapendo da chi le hai imparate, e che fin da bambino hai avuto conoscenza delle sacre Scritture”. Per ognuno di noi la storia con la Bibbia ha di sicuro un aspetto diverso; l’invito che dobbiamo portare con noi oggi consiste nel dedicarsi di nuovo alla lettura della Bibbia.

La Bibbia è un libro che nessuno nella propria vita ha fatto suo appieno; persino Lutero che ha tradotto la Bibbia alla fine della sua vita scrisse la frase: “Siamo mendicanti, è vero” e con questo voleva esprimere il fatto che noi cristiani siamo e rimaniamo umili destinatari dei doni che Dio distribuisce per mezzo delle Sacre Scritture. Ogni Scrittura è “ispirata da Dio”, viene detto nella seconda lettera a Timoteo. Su come sia da interpretare questo i teologi hanno discusso per secoli e lo fanno in parte ancora oggi. Tutte le frasi della Bibbia devono essere interpretate alla lettera? O piuttosto si tratta, come già descritto da Martin Lutero, della testimonianza della Scrittura in relazione a Gesù Cristo? Di conseguenza le singole affermazioni della Bibbia devono essere capite, e a volte anche relativizzate, a partire da questa premessa nel caso in cui corrispondano più ai concetti umani contemporanei che al messaggio teologico fondamentale del Vangelo.

Nonostante tutte le difficoltà della sua interpretazione, leggere la Bibbia e occuparsi delle sue affermazioni sulla base delle proprie esperienze non solo con la ragione, ma anche con il cuore crea orientamento nella vita che non è paragonabile a nessun concetto filosofico. Non si tratta qui soltanto di studiare dei singoli testi e interpretarli, bensì soprattutto di farsi guidare dalla Parola di Dio.

Credo che ogni essere umano faccia le proprie esperienze individuali quando si dedica alla lettura della Bibbia; e queste esperienze possono anche essere molto diverse nei singoli periodi della vita. Vale la pena osservare queste esperienze e approfondirle!

Quando io ho iniziato a leggere la Bibbia ai tempi della scuola, nacque a un certo punto il desiderio di leggerla dall’inizio alla fine. Ho iniziato a farlo allora, ma non riuscivo mai ad arrivare alla fine. Soprattutto i libri dei grandi profeti non riuscivo a leggerli da cima a fondo. Tutto il loro svolgimento mi ha più disorientato che illuminato. Ma ho trovato accesso a singoli punti. Dopo la scuola il sermone sul monte dal Vangelo di Matteo mi ha scosso molto; ha fatto nascere in me la convinzione che non è tanto importante studiare la Bibbia come libro quanto innanzitutto viverne il contenuto. Invece di studiare teologia ho quindi iniziato una formazione come muratore, non tanto per imparare il mestiere, ma più che altro per avere accesso a un mondo sociale che non mi era accessibile durante il liceo. Poi però ho notato che avevo poco per contrastare i valori di alcuni colleghi che erano fortemente condizionati dalla ricerca del benessere e dal consumo di alcool. Allora la Bibbia ha di nuovo avuto importanza per me e alla fine ho iniziato a studiare teologia all’università.

In generale leggo volentieri i libri; non importa che siano dei saggi o dei romanzi, alcuni libri mi affascinano molto e mi aprono nuovi mondi. La Bibbia per me non è però un singolo esempio di tali libri: essa mi accompagna in modo diverso. A differenza di quanto è stato con tutti gli altri libri, non l’ho mai messa da parte da quando ho iniziato a leggerla. Di sicuro questo ha a che fare con la mia professione, ma non solo. Ogni mattino mi faccio dare un impulso personale da un singolo versetto della Bibbia che trovo in Un giorno una parola. E questo ha poco a che fare con il fatto che sono pastore. A volte le parole non mi dicono assolutamente niente, a volte invece aprono una porta per uno sguardo su ciò che sto vivendo in quell’istante. E a volte aiuta anche leggere in un’altra lingua delle frasi che ho già sentito o letto molte volte perché sono pastore. Questo procura un nuovo accesso.

Non ho raccontato tutto questo su di me perché io pensi che questa sia una strada esemplare. No, è stata la mia strada e credo che ci siano tante altre strade personali legate alla Bibbia. Ho raccontato qualcosa della mia strada per invitarvi a riflettere sulle vostre proprie strade. E soprattutto per invitarvi a questo: leggete la Bibbia.

Traduzione dal tedesco di Katia Cavallito

Grafica-Graphik: Pfeffer
Grafica-Graphik: Pfeffer

Predigttext


Liebe Gemeinde!

 

Bei der Lesung der Epistel haben wir gehört: „Gott ist Liebe; und wer in der Liebe bleibt, der bleibt in Gott und Gott in ihm.“ (1 Joh 4,16b) und dann: „Furcht ist nicht in der Liebe, sondern die vollkommene Liebe treibt die Furcht aus.“ (1 Joh 4,18a) 

Die Liebe richtet den Blick auf den Nächsten, und das ist auch das Thema des heutigen Evangeliums. Die Liebe, die aus dem Glauben entsteht, verändert aber auch den Liebenden, die Liebende. Sie „treibt die Furcht aus“.

Der heutige Bibelabschnitt, auf den sich meine Predigt bezieht, setzt an diesem zweiten Punkt an, an dem Glauben als der Grundlage der Liebe. Er handelt von der  Suche nach Gott und von der Frage, wo und wie dieser Glaube denn verankert ist. Dass wir den Glauben dadurch realisieren, dass wir den nächsten lieben, ist eine wichtige Konsequenz. Aber die Liebe zum Nächsten allein muss nicht den Glauben an Gott beinhalten.

Sich auf dem Weg durchs Leben von Gott leiten zu lassen, wird in der Gegenwart immer weniger selbstverständlich. Zwar stehen überall in den Städten und Dörfern Kirchengebäude, aber diejenigen, die sie nicht nur besichtigen, sondern sich dort versammeln, weil es der Ort ist, an dem sie Orientierung für ihr Leben finden, werden immer weniger. 

Gleichzeitig wächst die Zahl anderer Konzepte, sein Leben sinnvoll zu gestalten – unabhängig vom christlichen Glauben. Manche werden als Heilsversprechen oder Sinnangebote präsentiert, andere sind eher Modeerscheinungen in Bezug auf das Verhalten. Und so orientieren sich immer mehr Menschen an Gesundheit oder Erfolg, an Reichtum oder an Schönheit, an wissenschaftlicher Vernunft und voranschreitender Technik, oder auch durchaus an Nächstenliebe, aber ohne sie mit dem Glauben an Gott zu verbinden.

Alle diese Aspekte müssen dem christlichen Glauben ja nicht widersprechen. Die Frage ist aber: Wovon lasse ich mich letzten Endes leiten? Welche ist die Ausrichtung, die über allen anderen steht?  Besonders, wenn ich in Zweifel, Schwierigkeiten oder Konflikte gerate, in welche Richtung gehe ich dann weiter?

Der Bibelabschnitt aus dem 2. Timotheusbrief handelt von der Heiligen Schrift als Grundlage des christlichen Glaubens und lädt uns ein, in ihr die entscheidende Orientierung für unser Leben zu finden.

14Du aber bleibe bei dem, was du gelernt hast und was dir anvertraut ist; du weißt ja, von wem du gelernt hast 15und dass du von Kind auf die heiligen Schriften kennst, die dich unterweisen können zur Seligkeit durch den Glauben an Christus Jesus. 16Denn alle Schrift, von Gott eingegeben, ist nütze zur Lehre, zur Zurechtweisung, zur Besserung, zur Erziehung in der Gerechtigkeit, 17dass der Mensch Gottes vollkommen sei, zu allem guten Werk geschickt. 

Im Neuen Testament gibt es zwei Schriften, die sich als Briefe des Apostels Paulus an Timotheus präsentieren. Timotheus war ein enger Mitarbeiter des Apostels und wird in vielen anderen Schriften des neuen Testaments erwähnt. In dem 2. Brief an ihn wird er als leitende Person der Gemeinde Ephesus angesprochen. Er wird darauf hingewiesen, worauf er bei seiner Tätigkeit in der Gemeinde achten soll, aber auch darauf, wo und wie er eine kontinuierliche Stärkung  seines Glaubens finden kann. Dabei spielt die Heilige Schrift – wie wir gehört haben – eine entscheidende Rolle. 

Zu bedenken ist dabei allerdings, dass wenn im Neuen Testament von „Heiliger Schrift“ die Rede ist, damit nur das Alte Testament gemeint ist. Das Neue Testament entstand ja erst später aus eben den Schriften, die unter den frühen Christen kursierten. Wenn es also in dem Brief heißt, dass die Heilige Schrift unterweisen könne „zur Seligkeit durch den Glauben an Christus Jesus“ so werden die Schriften des Alten Testaments als prophetische Ankündigung von Jesus Christus verstanden. Das heißt, die Geschichte Gottes mit den Menschen beginnt nicht erst mit Jesus Christus und ist auch nicht auf sein Erscheinen reduziert, sondern beginnt mit der Erschaffung der Welt und findet dann ihre größte Klarheit in dem Leben des Sohnes Gottes. 

Das Evangelium von Jesus Christus ist also in dem, was in dem Brief „Heilige Schrift“ genannt wird, explizit noch gar nicht enthalten. Es wird aber in dem Absatz vorher darauf hingewiesen, nämlich mit dem Hinweis auf die Lehre des Apostels Paulus. Ihr soll Timotheus folgen und sich dabei an dem orientieren, woraus diese Lehre entstanden ist, nämlich an der Heiligen Schrift.

Übertragen auf uns heute bedeutet dies, zunächst das Evangelium von Jesus Christus im Neuen Testament aufzusuchen, und dann von dort aus den Inhalt der gesamten Bibel wahrzunehmen, also den des Alten und des Neuen Testaments.

Für uns Lutheraner ist das eines der grundlegenden Kriterien des Glaubens. Die lutherische Theologie lässt sich zusammenfassen unter den Überschriften: Allein Christus, allein aus Gnade, allein durch den Glauben, allein aus der Heiligen Schrift. Solus Christus, sola gratia, sola fide, sola scriptura. 

Die Aufforderung des Bibelabschnitts des heutigen Sonntag können wir also durchaus ganz wörtlich nehmen: „Du aber bleibe bei dem, was du gelernt hast und was dir anvertraut ist; du weißt ja, von wem du gelernt hast und dass du von Kind auf die Heilige Schrift kennst.“ Bei jedem von uns sieht die Geschichte mit der Bibel sicher unterschiedlich aus; die Einladung, die wir heute mitnehmen sollten, besteht darin, sich wieder neu der Lektüre der Bibel zuzuwenden.

Die Bibel ist ein Buch, das niemand in seinem Leben je ganz durchdrungen hat. Selbst Luther, der die Bibel übersetzt hat, schrieb am Ende seines Lebens den Satz auf: „Wir sind Bettler, das ist wahr“, und wollte damit zum Ausdruck bringen, dass wir Christen demütige Empfänger der Gaben sind und bleiben, die Gott durch die Heiligen Schriften verteilt. Alle Schrift ist „von Gott eingegeben“ heißt es im 2. Timotheusbrief. Wie das zu verstehen ist, darüber haben Theologen Jahrhunderte lang gestritten und tun es zum Teil bis heute noch. Sind alle Sätze der Bibel wörtlich zu verstehen? Oder geht es nicht eher, wie bereits von Martin Luther beschrieben, um das Zeugnis der Schrift in Bezug auf Jesus Christus? Demnach müssen dann die einzelnen Aussagen der Bibel von dieser Mitte her verstanden und manchmal auch relativiert werden, weil sie mehr den zeitgenössischen menschlichen Vorstellungen als der theologischen Grundbotschaft entsprechen.

Bei allen Schwierigkeiten der Interpretation: Die Bibel zu lesen und sich auf der Grundlage der eigenen Erfahrungen nicht nur mit dem Verstand sondern auch mit dem Herzen mit ihren Aussagen zu beschäftigen, das schafft eine Orientierung im Leben, die mit keinem philosophischen Konzept vergleichbar ist. Es geht dabei nicht nur darum, einzelne Texte zu studieren und zu interpretieren, sondern vor allem darum, sich vom Wort Gottes leiten zu lassen.

Ich glaube, dass jeder Mensch seine eigenen individuellen Erfahrungen macht, wenn er sich auf die Lektüre der Bibel einlässt. Und diese Erfahrungen können auch in den einzelnen Perioden des Lebens sehr unterschiedlich sein. Es lohnt sich, diese Erfahrungen anzusehen und sie zu vertiefen!

Als ich in der Schulzeit begonnen habe, in der Bibel zu lesen, entstand irgendwann der Wunsch, sie einmal von vorne bis hinten durchzulesen. Damit habe ich damals begonnen, bin aber nie ans Ende gekommen. Vor allem die Bücher der großen Propheten konnte ich nie von Anfang bis Ende lesen. Der gesamte Ablauf hat mich eher verwirrt als erleuchtet. Aber zu einzelnen Stellen habe ich Zugang gefunden. Nach der Schule hat mich die Bergpredigt aus dem Evangelium des Matthäus sehr bewegt. Sie hat in mir die Überzeugung ausgelöst, dass es nicht darum geht, die Bibel als Buch zu studieren, sondern darum, ihren Inhalt zu leben. Anstatt Theologie zu studieren habe ich deshalb eine Ausbildung als Maurer angefangen, weniger um das entsprechende Handwerk zu erlernen, als vielmehr um Zugang zu einer sozialen Welt zu finden, die mir auf dem Gymnasium nicht zugänglich war. Dann allerdings habe ich gemerkt, dass ich den Prinzipien mancher Kollegen, die stark von Streben nach Wohlstand und dem Konsum von Alkohol geprägt waren, wenig entgegenzusetzen hatte. Da wurde mir dann die Bibel erneut wichtig und ich begann dann letzten Endes doch, Theologie zu studieren. 

Ganz allgemein lese ich gerne Bücher. Egal ob Sachbücher oder Romane, manche Bücher faszinieren mich sehr und öffnen mir neue Welten. Die Bibel ist für mich aber nicht ein einzelnes Beispiel solcher Bücher. Sie begleitet mich auf andere Weise. Anders als das bei allen anderen Büchern der Fall ist, habe ich sie nie ganz beiseite gelegt, seit ich begonnen habe, in ihr zu lesen. Sicherlich hat das auch mit meinem Beruf zu tun, aber nicht nur. Ich lasse mir jeden Morgen einen persönlichen Impuls von einem einzelnen Bibelvers geben, den ich in den „Losungen“ finde.  Und das hat wenig zu tun mit der Tatsache, dass ich Pfarrer bin. Manchmal sagen mir die Worte überhaupt nichts, manchmal aber öffnen sie die Tür für einen neuen Blick auf das, was ich gerade erlebe. Und manchmal hilft es auch bei Sätzen, die ich als Pfarrer schon oft gehört oder gelesen habe, sie in einer anderen Sprache zu lesen. Das schafft dann einen neuen Zugang. 

Ich habe das alles von mir nicht erzählt, weil ich der Meinung wäre, das sei ein vorbildlicher Weg. Nein, es war mein Weg, und ich glaube, es gibt viele andere persönliche Wege, die mit der Bibel verbunden sind. Ich habe etwas von meinem Weg erzählt, um Euch anzuregen über Eure eigenen Wege nachzudenken. Und dann vor allem, um Euch einzuladen: Lest in der Bibel. 

Pfarrer Heiner Bludau