07.03.2021 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica, 7 marzo 2021

ore 11


Oculi

Efesini 5,1-2.8-9

Foto: Lotz
Foto: Lotz

Wo und Wann?


Sonntag, 7. März 2021

11 Uhr


Okuli

Epheser 5,1-2.8-9



Efesini 5,1-2.8-9

Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati; e camminate nell'amore come anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave.

Perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce - poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità.


Testo della Predica


Cara comunità!

Come viviamo noi la nostra fede cristiana? Come la mettiamo in pratica, come la realizziamo? Ci sono moltissime possibilità per farlo. Uno frequenta regolarmente il culto e vede questo come fondamento per realizzare la propria fede. Un altro non partecipa mai al culto, ma forse si chiede prima di qualsiasi decisione: che cosa farebbe adesso Gesù al mio posto?

Anche nei vangeli ci sono varie forme di come gli uomini vivono la loro fede. Alcuni si rivolgono a Gesù perché sono in una situazione di necessità e vengono menzionati nella Bibbia soltanto da questo punto di vista. Altri si interessano a quello che Gesù annuncia e si radunano per ascoltarlo. E poi ci sono quelli che rimangono con lui, che camminano con lui per il Paese, che lo seguono. Tra questi ci sono i dodici discepoli, ma anche tanti altri; anche delle donne tra l’altro, anche se questo viene detto solo marginalmente.

Di questa forma, della sequela, si parla oggi. È vero che Gesù non arriva da noi come predicatore itinerante, ma anche per noi si pone la domanda su come possiamo restare legati a lui a lungo termine. Le affermazioni bibliche in proposito le dobbiamo adattare alla nostra situazione.

Nel vangelo che abbiamo sentito prima, Gesù risponde al desiderio di un uomo che lo vorrebbe seguire ed esorta un altro a seguirlo. Qui diventa chiaro che la sequela non è una faccenda semplice. Nel primo caso, a colui che chiede Gesù fa presente che per coloro che lo seguono non c’è nessun punto nel mondo al quale loro si possano legare. E nel secondo caso pretende da colui che lo segue che rinunci ai suoi legami. Niente nella propria vita deve quindi mettere in discussione il legame con Gesù.

Anche l’epistola che è la base per la predica di oggi fa riferimento in un certo senso alla sequela: »Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati e camminate nell’amore« si dice all’inizio del brano. Qui la sequela viene quindi vista come imitazione di Dio. La realizzazione di questo imitare Dio viene però descritta diversamente della sequela nel vangelo. Mentre lì, perlomeno a prima vista, sembra che si debba prendere Gesù come modello e agire come ha agito lui, qui viene stabilito un altro legame. Dobbiamo camminare nell’amore »come anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave«. Ci dobbiamo orientare verso quello che Gesù ci ha donato. E che cosa ci ha donato? Se stesso ci ha donato, come espressione dell’amore verso di noi. Egli si è sacrificato per noi. E così come vengono descritti i sacrifici nell’Antico Testamento che vengono accettati da Dio, anche qui come simbolo viene menzionato il »profumo di odore soave« del sacrificio. Non raggiungiamo quindi l’obiettivo compiendo il maggior numero possibile di azioni pie, vivendo come ha vissuto Gesù, bensì soltanto con la consapevolezza di quello che abbiamo ricevuto in dono da lui e vivendo la nostra vita con riconoscenza verso questi doni, cioè »camminiamo nell’amore«.

 

Forse l’uno o l’altra tra di voi si ricorderà che 10 anni fa quasi precisi insieme ad Annette ho tenuto il mio primo culto qui a Torino. In quell’occasione ci siamo presentati alla comunità e io ho tenuto la predicazione (in tedesco) sul testo biblico di oggi. Abbiamo anche svolto una piccola attività con i bambini presenti e per questo avevamo portato con noi un cono d’incenso. In proposito ho detto quanto segue:

»Nel testo biblico veniamo chiamati ˈfigli amatiˈ (in tedesco ˈgeliebte Kinderˈ e Kinder significa sia figli che bambini)«. Ma questo ovviamente non si riferisce soltanto ai bambini, ma anche a noi adulti. E perché siamo dei figli amati? Perché Cristo ci ha amati e si è dato come offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave. Adesso un bambino accende alla fiamma della candela un cono d’incenso che abbiamo portato dalla Sassonia, dall’Erzgebirge, i Monti Metalliferi. Lì questi coni fanno parte della tradizione di Natale. Il cono d’incenso deve servire da simbolo per il »profumo di odore soave«. Trovo che questo simbolo sia molto adatto perché questo cono d’incenso spargendo il suo profumo si consuma. Così come Cristo nel suo amore per noi ha dato e sacrificato se stesso”. E poi ho detto: »Dobbiamo vivere in modo conforme a questo amore. Questo è il messaggio centrale del passo biblico di oggi: »camminate nell’amore«.

Da questa definizione è già chiaro che non si può trattare soltanto di rispettare determinati comandamenti e divieti. L’amore non vive grazie al comportamento corretto, l’amore vive grazie al perdono. L’amore sa che noi esseri umani non siamo perfetti, né i bambini né noi adulti. Tutti commettono degli sbagli. E se amo una persona con l’aspettativa che faccia tutto in modo corretto, non è vero amore.

O per dirla in altre parole: non possiamo perdurare davanti a Dio per il solo fatto che facciamo tutto giusto. Noi siamo strettamente legati all’ingiustizia, ai contesti di violenza e mancanza di pace, alla distruzione del Creato. Ci possiamo sforzare – e lo dobbiamo anche fare – di opporre qualcosa all’avidità, all’aggressione e alla mancanza di scrupolo laddove incontriamo queste forze nemiche della vita, ma queste forze agiscono anche dentro di noi. Non abbiamo mai le mani totalmente pulite. Eppure possiamo sapere di essere protetti presso Dio, amati da lui: come dei bambini che sanno benissimo che sovente non corrispondono alle aspettative dei genitori. E che però si spera vivano lo stesso nella consapevolezza che i loro genitori sono saldamente al loro fianco.

Non è però che abbiamo carta bianca! C’è il pericolo – e questo lo si trova anche nel passo biblico di oggi – di gettare al vento l’amore. Non è una cosa innocua agire contro il volere di Dio. Nel contesto sociale lo si vede facilmente.

Quando il divario sociale diventa troppo grande, finisce la democrazia.

Quando prevale la violenza, il diritto non ha più nessuna chance.

Quando si superano certi limiti ecologici, ci sono delle conseguenze catastrofiche.

La volontà di Dio è la volontà di vivere. La sua strada è la strada dell’amore. L’amore però non copre soltanto, chiede anche. E l’asticella è ben alta: »Siate dunque imitatori di Dio« viene detto all’inizio del passo. Dobbiamo imparare l’amore da Dio e tramandarlo. Così come noi sentiamo lui, così gli altri dovrebbero sentire noi«.

 

Questi erano alcuni estratti dalla mia predica di 10 anni fa. Li ho letti perché penso che valgano oggi come allora. Le nostre condizioni di vita sono però cambiate, soprattutto nel corso dell’ultimo anno. E in questa nuova situazione la seconda parte del passo biblico di oggi per noi è ancora più importante di allora. Intendo le seguenti due frasi: »perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità«.

Trovo particolarmente degno di nota e importante che la luce e le tenebre qui non vengano riferite alle condizioni di vita esteriori. Non: la pandemia è tenebre e una vita in salute e senza regole  restrittive è luce. Bensì: »in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore«. La luce di cui si parla qui non ci illumina dall’esterno, ma è in noi. E ci può catturare a tal punto da diventare noi stessi fonte di luce e splendere, vale a dire se ci lasciamo illuminare dalla luce che emana da Gesù Cristo così come adesso in primavera ci lasciamo illuminare volentieri dal sole quando splende nel cielo blu.

Nel Vangelo di Giovanni Gesù dice di se stesso: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Dicendo queste parole durante il battesimo accendo spesso la candela del battesimo e la consegno al battezzato (o se si tratta di un neonato, ai genitori). In questo modo deve diventare chiaro che questa luce inizia a splendere dentro noi cristiani già con il battesimo. Nella Lettera agli Efesini, alcuni versetti dopo il brano di oggi, viene detto: »Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà«. Anche queste parole venivano dette probabilmente al battezzato nelle comunità cristiane dei primordi al momento del battesimo.

E come ci dovremmo comportare nei confronti di questo fatto, noi che siamo sì battezzati, ma il nostro battesimo è ormai molto indietro nel tempo? Un altro versetto del Vangelo di Giovanni dice: »Mentre avete la luce, credete nella luce, affinché diventiate figli di luce«. Orientarsi verso Gesù Cristo ci rende liberi dalle nuvole scure che ci circondano e che producono le tenebre esteriori. Ci rende figli della luce. E come tali possiamo accogliere le parole finali del passo di oggi che dicono: »Comportatevi come figli di luce poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità«.

Traduzione dal tedesco di Katia Cavallito

 

Foto: Lotz
Foto: Lotz

Epheser 5,1-2.8-9 

Ahmt Gott nach als geliebte Kinder und wandelt in der Liebe, wie auch Christus uns geliebt hat und hat sich selbst für uns gegeben als Gabe und Opfer, Gott zu einem lieblichen Geruch.

Denn ihr wart früher Finsternis; nun aber seid ihr Licht in dem Herrn. Wandelt als Kinder des Lichts; die Frucht des Lichts ist lauter Güte und Gerechtigkeit und Wahrheit. 


Predigttext


Liebe Gemeinde!

Wie leben wir unseren christlichen Glauben? Wie setzen wir ihn um, realisieren ihn? Es gibt sehr verschiedene Möglichkeiten, dies zu tun. Einer besucht regelmäßig den Gottesdienst und sieht dies als Grundlage dafür, seinen Glauben zu realisieren. Ein anderer nimmt nie am Gottesdienst teil, fragt sich aber vielleicht vor jeder Entscheidung: Was würde Jesus jetzt an meiner Stelle tun?

Auch in den Evangelien kommen verschiedene Formen vor, wie Menschen ihren Glauben leben. Manche wenden sich an Jesus, weil sie in Not sind und werden nur unter diesem Gesichtspunkt im Bibeltext erwähnt. Andere interessieren sich für das, was Jesus verkündet und versammeln sich um ihm zuzuhören. Und dann gibt es diejenigen, die bei ihm bleiben, die mit ihm durchs Land ziehen, die ihm nachfolgen. Dazu gehören die zwölf Jünger, aber auch noch viel mehr Menschen; auch Frauen übrigens, auch wenn das nur am Rande erwähnt wird.

Um diese Form des Glaubens, die Nachfolge, geht es heute. Zwar kommt Jesus nicht als Wanderprediger zu uns, aber dennoch stellt sich auch uns die Frage, wie wir auf Dauer mit ihm verbunden bleiben können. Die biblischen Aussagen dazu müssen wir in unsere Situation übersetzen.  

Im Evangelium, das wir vorhin gehört haben, antwortet Jesus auf den Wunsch eines Menschen, der ihm nachfolgen möchte, und er fordert einen anderen dazu auf, ihm nachzufolgen. Dabei wird deutlich, dass die Nachfolge keine einfache Angelegenheit ist. Im ersten Fall wird der Fragende von Jesus darauf hingewiesen, dass es für diejenigen, die ihm nachfolgen, keinen Punkt in der Welt gibt, an den sie sich binden können. Und im zweiten Fall verlangt er von dem Nachfolgenden, dass er seine bestehenden Bindungen aufgebe. Nichts im eigenen Leben soll also die Bindung an Jesus in Frage stellen. 

Auch die Epistel, die heute die Grundlage für die Predigt ist, bezieht sich in gewissem Sinn auf die Nachfolge. „Ahmt Gott nach als geliebte Kinder und wandelt in der Liebe“ heißt es zu Beginn des Abschnitts. Hier wird die Nachfolge also als Nachahmung Gottes verstanden. Die Verwirklichung dieser Nachahmung Gottes wird aber anders beschrieben als die Nachfolge  im Evangelium. Während es dort zumindest auf den ersten Blick so aussieht, als solle man sich Jesus zum Vorbild nehmen und so handeln wie er gehandelt hat, wird hier ein anderer Zusammenhang hergestellt. Wir sollen in der Liebe wandeln, „wie auch Christus uns geliebt hat und hat sich selbst für uns gegeben als Gabe und Opfer, Gott zu einem lieblichen Geruch“. Wir sollen uns an dem orientieren, was Jesus uns geschenkt hat. Und was hat er uns geschenkt? Sich selbst hat er uns geschenkt, als Ausdruck seiner Liebe zu uns. Er hat sich selbst für uns geopfert. Und so wie im Alten Testament Opfer beschrieben werden, die von Gott angenommen werden, so wird auch hier der „liebliche Geruch“ des Opfers als Zeichen dafür genannt. Nicht dadurch kommen wir also ans Ziel, dass wir möglichst viele fromme Leistungen erbringen indem wir so leben, wie Jesus gelebt hat, sondern nur dadurch, dass wir wahrnehmen, was wir von ihm geschenkt bekommen und unser Leben in Dankbarkeit dieser Gabe gegenüber gestalten, also „in der Liebe wandeln“.

 

Vielleicht erinnert sich der eine oder die andere unter Euch daran, dass ich vor ziemlich genau 10 Jahren zusammen mit Annette den ersten Gottesdienst hier in Turin gehalten habe. Wir haben uns damit damals der Gemeinde vorgestellt und ich habe über den heutigen Bibeltext gepredigt. Dabei haben wir auch eine kleine Aktion mit den anwesenden Kindern durchgeführt und hatten dafür eine Räucherkerze mitgebracht. Ich habe dazu folgendes gesagt: 

„Wir werden im Bibeltext „geliebte Kinder“ genannt. Aber das bezieht sich natürlich nicht nur auf die Kinder, sondern auch auf uns Erwachsene. Und warum sind wir geliebte Kinder? Weil Christus uns geliebt hat und sich für uns gegeben hat als Gabe und Opfer, Gott zu einem lieblichen Geruch. Jetzt zündet ein Kind an der Kerze eine Räucherkerze an. Die haben wir aus Sachsen, aus dem Erzgebirge mitgebracht. Die gehören dort zu den Weihnachtstraditionen. Die Räucherkerze soll ein Symbol sein für den „lieblichen Geruch“ Ich finde dieses Symbol passt sehr gut, denn indem diese Räucherkerze ihren Duft abgibt, verbraucht und verzehrt sie sich selbst. So wie Christus in seiner Liebe zu uns sich selbst gegeben und geopfert hat.“

Und dann habe ich weiter dazu gesagt: „Wir sollen so leben, wie es dieser Liebe entspricht. Das ist der Kern des heutigen Predigtabschnittes: Wandelt in der Liebe.

Von dieser Überschrift her ist es eigentlich schon klar, dass es dabei nicht nur darum gehen kann, bestimmte Gebote und Verbote einzuhalten. Liebe lebt nicht von korrektem Verhalten, sondern Liebe lebt von der Vergebung. Die Liebe weiß, dass wir Menschen nicht perfekt sind, die Kinder nicht, und wir Erwachsenen auch nicht. Alle machen Fehler. Und wenn ich einen anderen Menschen mit der Erwartung liebe, er würde immer alles richtig machen, dann ist das keine wirkliche Liebe. 

Oder, um es anders herum zu formulieren: Wir können nicht dadurch vor Gott bestehen, dass wir alles richtig machen. Wir sind verflochten in die Ungerechtigkeit, in die Zusammenhänge von Gewalt und Unfrieden, in die Zerstörung der Schöpfung. Wir können uns bemühen – und wir sollen es auch – der Gier und der Aggression und der Skrupellosigkeit, etwas entgegenzusetzen, dort wo wir solchen lebensfeindlichen Kräften begegnen. Aber diese Kräfte wirken ja auch in uns. Wir stehen niemals mit weißer Weste da. Und dennoch dürfen wir uns bei Gott geborgen wissen, von ihm geliebt. Wie Kinder, die durchaus wissen, dass sie oft nicht den Erwartungen der Eltern entsprechen. Und die hoffentlich dennoch in dem Bewusstsein leben, dass ihre Eltern fest an ihrer Seite stehen.

Doch das ist kein Freibrief! Es gibt – und das steht auch in dem heutigen Predigtabschnitt – die Gefahr, sich die Liebe zu verscherzen. Es ist nicht harmlos, dem Willen Gottes entgegenzuhandeln. Im gesellschaftlichen Zusammenhang ist das leicht einzusehen. 

Wenn der soziale Graben zu tief wird, hört die Demokratie auf.

Wenn Gewalt überhand nimmt, hat das Recht keine Chance mehr. 

Wenn bestimmte ökologische Grenzen überschritten werden, hat das katastrophale Folgen. 

Gottes Wille ist der Wille zum Leben. Sein Weg ist der Weg der Liebe. Die Liebe aber deckt nicht nur Versagen zu, sie fordert auch. Und die Latte hängt ganz schön hoch: „Ahmt Gott nach“ heißt es zu Beginn des Abschnitts. Wir sollen von Gott die Liebe lernen und sie weitergeben. So, wie wir ihn erleben, so soll man auch uns erleben.“

 

Soweit einige Auszüge aus meiner Predigt von vor 10 Jahren. Ich habe sie vorgelesen, weil ich denke, dass sie heute ebenso zutreffen wie damals. Allerdings haben sich unsere Lebensbedingungen verändert, vor allem im Verlauf des letzten Jahres. Und in dieser neuen Situation ist vielleicht der zweite Teil des heutigen Bibelabschnitts für uns noch bedeutsamer als damals. Ich meine die beiden folgenden Sätze: „Ihr wart früher Finsternis; nun aber seid ihr Licht in dem Herrn. Wandelt als Kinder des Lichts; die Frucht des Lichts ist lauter Güte und Gerechtigkeit und Wahrheit.“ 

Besonders bemerkenswert und wichtig finde ich dabei, dass Licht und Finsternis hier nicht auf die äußeren Lebensbedingungen bezogen wird. Nicht: die Pandemie ist Finsternis und ein Leben in Gesundheit und ohne einschränkende Regeln ist Licht. Sondern: „Ihr wart früher Finsternis; nun aber seid ihr Licht in dem Herrn.“ Das Licht, von dem hier die Rede ist, bescheint uns nicht von außen, sondern ist in uns. Und es kann uns so sehr ergreifen, dass wir selbst zur Lichtquelle werden und leuchten. Dann nämlich, wenn wir uns von dem Licht bescheinen lassen, das von Jesus Christus ausstrahlt, so wie wir uns jetzt im Frühling gerne von der Sonne bescheinen lassen, wenn sie am blauen Himmel steht.

Im Johannesevangelium sagt Jesus von sich selbst: „Ich bin das Licht der Welt. Wer mir nachfolgt, der wird nicht wandeln in der Finsternis, sondern wird das Licht des Lebens haben.“ (8,12) Mit diesen Worten zünde ich bei der Taufe oft die Taufkerze an und überreiche sie dem Täufling (oder, wenn es sich um einen Säugling handelt, den Eltern). Auf diese Weise soll deutlich werden: Dieses Licht beginnt mit der Taufe im Inneren von uns Christen zu leuchten. Im Epheserbrief heißt es einige Verse nach unserem heutigen Abschnitt: „Wach auf, der du schläfst, und steh auf von den Toten, so wird dich Christus erleuchten.“ (5,14) Auch diese Worte wurden vermutlich in den frühchristlichen Gemeinden dem Täufling bei der Taufe zugesprochen.

Und wie sollen wir damit umgehen, die wir zwar getauft sind, deren Taufe aber schon lange zurückliegt? Ein anderer Vers aus dem Johannesevangelium sagt: „Glaubt an das Licht, solange ihr’s habt, damit ihr Kinder des Lichts werdet.“ (12,36) Sich an Jesus Christus zu orientieren, macht uns frei von den dunklen Wolken, die uns umgeben und die äußere Finsternis erzeugen. Es macht uns zu Kindern des Lichts. Und als solche können wir die Schlussworte des heutigen Abschnitts aufnehmen, die lauten: „Wandelt als Kinder des Lichts; die Frucht des Lichts ist lauter Güte und Gerechtigkeit und Wahrheit.“

Pfarrer Heiner Bludau