24.12.2020 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Giovedì, 24 dicembre 2020

ore 16


Vigilia di Natale

Grafica | Graphik: Pfeffer
Grafica | Graphik: Pfeffer

Wo und Wann?


Donnerstag, 24. Dezember 2020 - 16 Uhr


Heiligabend



Testo della Predica


Cara comunità!

C’era una volta un popolo nel quale tutti sapevano cosa dovevano fare e cosa non dovevano fare. Sapevano cos’è importante se si vuole vivere bene. Ognuno si sforzava a modo suo di mettere in pratica le regole conosciute. E molti di loro si facevano venire in mente in continuazione nuove idee su come realizzare tutto questo in modo ancor più efficace.

In questo modo le persone si sentivano unite a Dio; erano sicure di compiere delle azioni che corrispondevano alle disposizioni di Dio. E queste disposizioni e prescrizioni non le prendevano soltanto come base del loro proprio comportamento, le vedevano anche come una protezione. Con esse costruirono una sorta di muro con il quale si volevano proteggere dal caos al di fuori.

Un giorno in questo popolo nacque un bambino, un bambino come tutti gli altri. Poiché la madre apparteneva a questo popolo, anche il bambino era ovviamente parte del popolo. Anche per questo bambino valevano le regole di vita sulle quali si basavano tutti e lui crebbe con queste.

Cosa strana però: mentre la maggior parte della gente riusciva a tirare avanti bene con le regole e si trovava più o meno bene nonostante tutti gli sforzi che dovesse fare e altri fossero oppressi perché trovavano le regole troppo stressanti, ma non se ne lamentavano in pubblico, la vita di questo bambino sembrò essere una sfida fin dall’inizio: il bambino che cresceva non voleva soltanto tirare avanti con le regole, voleva vivere totalmente nella presenza di Dio e nel suo amore e in questo modo seguire le disposizioni.

Spinto da questo atteggiamento chiamava Dio suo padre, il suo amato padre. Tanti intorno a lui non la ritenevano una buona cosa. Dio ha creato il mondo; dirlo è sufficiente! E poi questo ragazzo deve imparare finalmente a prendere in mano la sua vita…

Eppure questo bambino è rimasto un bambino in maniera insolita, anche da adulto. E quando alla fine è stato cacciato e perseguitato da coloro che non volevano condividere la sua idea di vita, ma che si volevano impegnare per la vita di tutti in un altro modo, egli continuava a chiamare Dio suo padre e poco dopo, quando morì, mise il proprio spirito nelle sue mani.

Però nel momento in cui il figlio di Dio è stato eliminato dal mondo in modo che il mondo rimanesse a posto secondo la volontà degli uomini, proprio in quel preciso momento l’ordine del mondo andò in frantumi. Tutto ciò che gli uomini avevano costruito con difficoltà e volentieri per sentirsi a casa nel loro mondo andò a rotoli con la morte del bambino che era diventato grande.

Però tutti quelli che riuscivano a vedere non solo con gli occhi ma con il cuore riconobbero a questo punto che fino ad allora non erano stati liberi, bensì dei servi. Si resero conto che il loro mondo era stato un enorme campo di lavoro. Molti furono tristi del fatto che la loro presunta libertà fosse finita; altri invece sentirono il messaggio del bambino e se ne rallegrarono. Tutto a un tratto potevano dire “padre” a Dio. Si potevano fidare di lui perché avevano sperimentato il suo amore, il suo grandissimo amore, che era diventato vivo in un bambino impotente… in uno che per certi versi era rimasto bambino anche dopo essere diventato un uomo.

Cara comunità, anche questa è una storia di Natale; riassume gli avvenimenti che sono descritti nel Nuovo Testamento. E lo fa sulla base di un breve brano nel quale l’Apostolo Paolo nella sua Lettera ai Galati descrive l’evento che noi festeggiamo oggi a Natale:

Galati 4,4-7

Ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l'adozione. E, perché siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, che grida: «Abbà, Padre». Così tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Ho narrato queste parole in modo leggermente diverso perché non vorrei tenere una relazione lunga e complicata su che cosa volesse dire l’Apostolo Paolo con le sue parole. Che cosa intende con “legge”, che cosa intende con “riscatto”, in che senso siamo dei “servi” e in che senso riceviamo “l’adozione” per mezzo di Gesù? Anziché discutere sull’interpretazione di questi termini, vi invito a entrare nel racconto e una volta lì a guardarvi intorno. Con chi mi posso identificare? Quali sono gli obiettivi della mia vita? Che cosa scatena in me il Bambin Gesù?

Il racconto non è semplicemente una cronistoria del passato; si riferisce anche al presente, a noi e al nostro mondo. Va a finire che veniamo esortati dal bambino a restare noi stessi in un certo senso bambini, così come abbiamo sentito prima da Gesù quando incontrava dei bambini (Marco 10,15). Vogliamo restare dei bambini, non comportandoci in modo infantile, bensì guardando verso il padre al quale apparteniamo.

Se ascoltiamo il racconto con questo atteggiamento, forse esso si può dischiudere a noi in modo particolare. Magari ci stimola a riflettere in maniera nuova sul nostro strano mondo. Sono davvero soltanto le preoccupazioni della vita quotidiana con le quali siamo alle prese? Oppure ci tormentano anche cose totalmente diverse, che hanno piuttosto a che fare con le nostre concezioni di vita? A volte ci sentiamo rinchiusi, non solo in questo periodo della pandemia. A volte invece ci riteniamo liberi, eppure veniamo impediti nel nostro libero sviluppo in vario modo da regole e principi sia interiori che esteriori. È come se vivessimo in prigione senza sapere che è davvero così. I muri intorno a noi ci sembrano le pareti di una casa grande e bella che ci siamo costruiti noi stessi.

Ma come possiamo esserne liberati? Meno siamo consapevoli di essere rinchiusi, più c’è bisogno di un grande miracolo per liberarci. Proprio questo miracolo si avvera a Natale. Il liberatore viene al mondo. E non è come per la nascita di un futuro sovrano o un’eroina in cui ora dovremmo aspettare che lui o lei sia maggiorenne in modo che possa agire. No, Gesù agisce già da bambino. Fin dall’inizio è quello che egli si riterrà più tardi: il figlio di Dio. Neanche da adulto sviluppa le sue idee e i suoi progetti, ma sa di essere diretto, accompagnato e sostenuto da suo padre in cielo.

E questo atteggiamento egli lo trasmette a noi che siamo battezzati nel suo nome. Legati a lui diventiamo anche noi dei figli di Dio. Veniamo per così dire adottati dal padre in cielo. Questa è da un lato una faccenda giuridica: in qualità di figli di Dio siamo eredi del suo Regno. Gesù risveglia in noi la speranza che le notizie catastrofiche che ci vengono comunicate regolarmente e sempre più spesso non avranno l’ultima parola. Piuttosto la storia della salvezza della quale parla la Bibbia arriverà al suo traguardo e come figli di Dio noi vi prenderemo parte.

Questa però non è soltanto una speranza provvisoria. Dio invia d’altro canto già adesso lo spirito di suo figlio nei nostri cuori. In questo spirito possiamo esclamare insieme: Abbà, caro padre! Lo facciamo per esempio pregando il Padrenostro. Però meno noi nel farlo pronunciamo solo le parole conosciute, più confidiamo davvero con il nostro cuore nel padre in cielo, più siamo disposti a farci dirigere da lui e portiamo a lui le nostre preoccupazioni invece di cercare una nostra soluzione, più facilmente potremo abbandonare le nostre illusioni e immaginazioni e più liberi e allegri continueremo il nostro cammino.

Ascoltiamo il messaggio del bambino di cui oggi festeggiamo la nascita. Facciamoci portare da lui in una nuova direzione dello sguardo verso il mondo. Insieme a lui non guardiamo alla fine cupa di questo mondo con le sue catastrofi, bensì veniamo sostenuti dalla speranza della salvezza. Chiamiamo insieme a lui Dio il nostro caro padre che è in cielo e che lì ci porterà.

 

Traduzione dal tedesco di Katia Cavallito


Grafica-Graphik: Plaßmann
Grafica-Graphik: Plaßmann

Predigttext


Liebe Gemeinde!

Es war einmal ein Volk, in dem alle wussten, was sie zu tun und zu lassen hatten. Sie wussten, worauf es ankommt, wenn man richtig leben will. Jeder strengte sich auf seine Weise an, die bekannten Regeln umzusetzen. Und viele von ihnen entwickelten sogar immer wieder neue Ideen, wie das noch erfolgreicher realisierbar sein könnte. 

Die Menschen fühlten sich dabei verbunden mit Gott. Sie waren sich sicher, dass ihr Handeln den Anordnungen Gottes entsprach. Und diese Anordnungen und Vorschriften nahmen sie nicht nur als Grundlage ihres eigenen Verhaltens, sie empfanden sie auch als Schutz. Sie bauten daraus so etwas wie eine Mauer, mit der sie sich vor dem Chaos außerhalb schützen wollten.

Eines Tages wurde in diesem Volk ein Kind geboren, ein Kind wie jedes andere auch. Weil die Mutter zu diesem Volk gehörte, war auch das Kind selbstverständlich ein Teil des Volkes. Auch für dieses Kind galten die Lebensregeln, nach denen sich alle richteten, und es ist mit ihnen aufgewachsen.

Aber seltsam: Während die meisten Menschen mit den Regeln gut zurecht kamen und sich trotz aller Anstrengungen einigermaßen wohl fühlten und während einige andere bedrückt waren, weil sie sich von den Regeln überfordert fühlten, aber mit diesem Unbehagen nicht in die Öffentlichkeit traten, wirkte das Leben dieses Kindes von Anfang an wie eine Herausforderung. Das heranwachsende Kind wollte nicht nur mit den Regeln zurechtkommen, sondern ganz in Gottes Gegenwart und in seiner Liebe leben und so den Anordnungen folgen.  

Aus dieser Haltung heraus rief es Gott als seinen Vater an, als seinen lieben Vater. Viele Menschen in seiner Umgebung fanden das verkehrt. Gott hat die Welt geschaffen, das zu sagen genügt doch! Und dann soll dieser Junge endlich lernen, sein Leben selbst in die Hand zu nehmen…

Aber dieses Kind blieb auf eigenartige Weise ein Kind, auch als es erwachsen wurde. Und als er schließlich gejagt und verfolgt wurde von denen, die sein Lebenskonzept nicht teilten, sondern auf andere Weise sich für das Leben aller Menschen einsetzen wollten, da rief er weiterhin Gott als seinen Vater an und gab dann wenig später, als er starb, seinen Geist in dessen Hände.

In dem Moment jedoch, als das Gotteskind aus der Welt geschafft wurde, damit die Welt nach dem Willen der Menschen in Ordnung bleibe, in diesem Augenblick brach die Ordnung der Welt auseinander. All das, was die Menschen über lange Zeit mühsam und gerne aufgebaut hatten, um sich in ihrer Welt zu Hause zu fühlen, ging mit dem Tod des herangewachsenen Kindes zugrunde. 

Alle aber, die nicht nur mit den Augen, sondern auch mit dem Herzen sehen konnten, erkannten an dieser Stelle, dass sie bisher keine freien Leute, sondern Knechte gewesen waren. Sie merkten, dass ihre Welt ein riesiges Arbeitslager gewesen war. Viele waren traurig darüber, dass ihre eingebildete Freiheit zu Ende gegangen war. Andere aber hörten die Botschaft des Kindes und freuten sich. Sie konnten auf einmal zu Gott „Vater“ sagen. Sie konnten ihm vertrauen, denn sie hatten seine Liebe erfahren, seine umfassende Liebe, die in einem wehrlosen Kind lebendig geworden war – in einem Menschen der in gewisser Weise Kind blieb, auch als er ein Mann wurde.

Liebe Gemeinde, auch dies ist eine Weihnachtsgeschichte. Sie fasst die Ereignisse zusammen, die im Neuen Testament beschrieben werden. Und sie tut dies auf der Grundlage eines kurzen Abschnitts, in dem der Apostel Paulus in seinem Brief an die Galater das Ereignis beschreibt, dass wir heute an Weihnachten feiern:

Galater 4,4-7              

Als aber die Zeit erfüllt war, sandte Gott seinen Sohn, geboren von einer Frau und unter das Gesetz getan, auf dass er die, die unter dem Gesetz waren, loskaufte, damit wir die Kindschaft empfingen. Weil ihr nun Kinder seid, hat Gott den Geist seines Sohnes gesandt in unsre Herzen, der da ruft: Abba, lieber Vater! So bist du nun nicht mehr Knecht, sondern Kind; wenn aber Kind, dann auch Erbe durch Gott.

Ich habe diese Worte in etwas anderer Weise nacherzählt, weil ich keinen langen und komplizierten Vortrag darüber halten möchte, was der Apostel Paulus denn mit seinen Worten sagen wollte. Was meint er mit „Gesetz“, was meint er mit „Loskauf“, in welchem Sinn sind wir „Knechte“ und im welchem Sinn empfangen wir „Kindschaft“ durch Jesus? Statt die Auslegung dieser Begriffe zu diskutieren, lade ich Euch mit der Erzählung ein, in sie einzutreten und sich dort umzusehen. Mit wem kann ich mich identifizieren? Welche sind meine Lebensziele? Was löst das Kind Jesus in mir aus?

Die Erzählung ist nicht einfach ein Bericht aus der Vergangenheit. Sie ist durchaus auch auf die Gegenwart bezogen, auf uns und unsere Welt. Sie läuft darauf hinaus, dass wir von dem Kind Jesus aufgefordert werden, selbst in gewissem Sinn Kinder zu bleiben, so wie wir es vorhin von Jesus gehört haben, als er Kindern begegnet ist. (Markus 10,15) Wir sollen Kinder bleiben, nicht so, dass wir uns kindisch benehmen, sondern im Blick auf den Vater, zu dem wir gehören. 

Wenn wir die Erzählung in dieser Haltung hören, dann kann sie sich uns vielleicht in besonderer Weise erschließen. Vielleicht regt sie uns dann an, über unsere merkwürdige Welt neu nachzudenken. Sind es wirklich nur die Sorgen des Alltags, mit denen wir uns abmühen? Oder quälen uns auch ganz andere Dinge, die eher mit unseren eigenen Lebenskonzepten zu tun haben? Manchmal fühlen wir uns eingesperrt, nicht nur in diesen Zeiten der Pandemie. Manchmal aber halten wir uns für frei und werden dennoch auf verschiedene Weisen durch äußere und innere Regeln und Prinzipien an der freien Entfaltung gehindert. Das ist so, als würden wir im Gefängnis leben ohne zu wissen, dass dies wirklich der Fall ist. Die Mauern um uns herum erscheinen uns als die Wände eines großen, schönen Hauses, das wir uns selbst eingerichtet haben. 

Wie aber können wir daraus befreit werden? Je weniger uns bewusst ist, dass wir eingesperrt sind, umso mehr bedarf es eines großen Wunders, uns zu befreien. Genau dieses Wunder ereignet sich an Weihnachten. Der Befreier wird geboren. Und es ist nicht wie bei der Geburt eines zukünftigen Herrschers oder einer Heldin, dass wir nun darauf warten müssten, dass er oder sie endlich volljährig wird, damit sie oder er handeln kann. Nein, Jesus ist bereits als Kind wirksam. Von Anfang an ist er bereits das, als was er sich auch später verstehen wird: Kind Gottes. Auch als Erwachsener entwickelt er nicht seine eigenen Konzepte und Pläne, sondern weiß sich geführt, begleitet und getragen von seinem Vater im Himmel. 

Und diese Haltung gibt er weiter an uns, die wir in seinem Namen getauft sind. Mit ihm verbunden werden auch wir zu Kindern Gottes. Wir werden sozusagen vom Vater im Himmel adoptiert. Das ist einerseits eine rechtliche Angelegenheit. Als Kinder Gottes sind wir Erben seines Reiches. Jesus weckt in uns die Hoffnung, dass die katastrophalen Nachrichten, die uns vermehrt regelmäßig übermittelt werden, nicht das letzte Wort haben werden. Vielmehr wird die Geschichte des Heils, von der die Bibel spricht, am Ende an ihr Ziel gelangen, und als Kinder Gottes werden wir daran Anteil haben. 

Das ist aber nicht nur eine vorläufige Hoffnung. Gott sendet andererseits schon jetzt den Geist seines Sohnes in unsere Herzen. In diesem Geist können wir gemeinsam mit Jesus rufen: Abba, lieber Vater! Wir tun das zum Beispiel, indem wir das Vaterunser beten. Je mehr wir aber dabei nicht nur die bekannten Worte sprechen, sondern uns wirklich mit unserem Herzen dem Vater im Himmel anvertrauen, bereit sind, uns von ihm leiten zu lassen und unsere Sorgen ihm vortragen anstatt eine eigene Lösung für sie zu suchen, desto leichter werden wir unsere Selbsttäuschungen und Einbildungen loslassen können und desto freier und froher werden wir unseren Weg fortsetzen, 

Lasst uns die Botschaft des Kindes hören, dessen Geburt wir heute feiern. Lassen wir uns von ihm mitnehmen in eine neue Blickrichtung auf die Welt. Zusammen mit ihm schauen wir nicht auf ein dunkles Ende dieser Welt mit ihren Katastrophen sondern werden getragen von der Hoffnung auf das Heil. Lasst uns zusammen mit ihm Gott als unseren lieben Vater im Himmel anrufen, der uns dorthin führen wird.