13.10.2024 Testo della Predica - Predigttext


Dove e quando?


Domenica 13 ottobre 2024

ore 11:00


Chiesa San Francesco d'Assisi Via San Francesco d'Assisi 11 Torino


20a domenica dopo la Trinità

Predica su 2 Corinzi 3:1-9

Graphik Grafica: Pfeffer
Graphik Grafica: Pfeffer

Wo und Wann?


Sonntag, 13. Oktober 2024

11:00 Uhr

Chiesa San Francesco d'Assisi Via San Francesco d'Assisi 11 Torino


20. Sonntag nach Trinitatis

Predigt über Korinther 3,1-9



Predica


Cara comunità, care sorelle e cari fratelli!

Il 22 settembre, il nuovo pastore valdese di Torino Francesco Sciotto - successore della pastora Maria Bonafede - è stato introdotto nella sua carica con un solenne culto di insediamento. Anch'io ho partecipato a quel culto e ho tenuto un discorso di benvenuto. Sicuramente, i presenti avranno fatto delle considerazioni e si saranno chiesti se Francesco Sciotto possa essere un buon pastore. Probabilmente le persone avranno pensato: è simpatico? Sa predicare bene? Riesce ad avvicinare le persone con il suo modo di fare? È in grado di ispirare i giovani, di cui la Chiesa ha così urgentemente bisogno? Immagino che le persone si siano poste domande del genere. Se questa mattina Vi chiedo: un Pastore, che cosa dovrebbe saper fare bene secondo Voi?  Come potrebbe svolgere al meglio il suo ministero? Sì, in cosa consiste effettivamente il suo ministero? - Come rispondereste a queste domande?

 

Il testo della predica di oggi, tratto dalla seconda lettera dell'apostolo Paolo ai Corinzi, un testo biblico molto difficile, ci porta proprio a queste domande e ci fornisce una risposta chiara. Riusciamo a cogliere le domande e le risposte contenute nel testo? Queste sono le sue parole:

1 Cominciamo forse di nuovo a raccomandare noi stessi? O abbiamo bisogno, come alcuni, di lettere di raccomandazione presso di voi o da voi? 2 La nostra lettera siete voi, scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini; 3 è noto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne.

4 Una simile fiducia noi l'abbiamo per mezzo di Cristo presso Dio. 5 Non già che siamo da noi stessi capaci di pensare qualcosa come se venisse da noi; ma la nostra capacità viene da Dio.

6 Egli ci ha anche resi idonei a essere ministri di un nuovo patto, non di lettera ma di Spirito; perché la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica.

7 Ora se il ministero della morte, scolpito in lettere su pietre, fu glorioso, al punto che i figli d'Israele non potevano fissare lo sguardo sul volto di Mosè a motivo della gloria, che pur svaniva, del volto di lui, 8 quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito? 9 Se infatti il ministero della condanna fu glorioso, molto più abbonda in gloria il ministero della giustizia. 

L’apostolo Paolo scrisse questo brano in risposta all'ostilità nella comunità di Corinto nei suoi confronti. C'erano delle persone, probabilmente infiltrate nella comunità dall'esterno, che negavano che lui fosse un apostolo, un legittimo predicatore del Vangelo. Avrebbe mancato di oratoria, non sarebbe stato abbastanza eloquente e non era considerato un degno messaggero di Dio, anche nel suo aspetto fisico (con un handicap che non conosciamo esattamente). Queste erano le idee degli avversari di Paolo sul ministero di un predicatore del Vangelo, in termini moderni: di un pastore. E sfidarono Paolo: Dimostra te stesso e le tue capacità! Mostra ciò che è a tuo favore! Fatti scrivere una lettera di raccomandazione da un'autorità attendibile, come gli apostoli di Gerusalemme! Dicci chi ti legittima!

 

Credo che queste richieste a San Paolo, pur risalendo a 2.000 anni fa, non siano sostanzialmente diverse dalle aspettative riposte oggi nei pastori e nel loro ministero, compreso Francesco Sciotto e me stesso. Fondamentalmente, si tratta di determinate capacità e qualità umane. Più un pastore le soddisfa, più sembra adatto al suo ministero.

 

Come reagì Paolo allora a tale affronto? Paolo non rispose alla sfida, non si vantò delle sue capacità personali, non contrappose nulla di questo alle accuse, respinse anche una lettera di raccomandazione per sé stesso. Per Paolo, questo era un livello completamente sbagliato per discutere del ministero di un predicatore. Mostrò invece ai Corinzi ciò che è il principio alla base della chiesa, della comunità e quindi anche della missione di un predicatore. (Quel che Paolo disse in quell'occasione è di importanza basilare e indica la direzione da seguire. Costituisce un importante e fondamentale aiuto a tutte le comunità e a tutti i pastori di tutti i tempi, compresi noi oggi.).

 

Ecco cosa disse Paolo - forse con nostro grande stupore: in pratica non esiste nessuna persona adatta alla missione di predicatore: né Paolo, né Francesco Sciotto, né Tobias Brendel. Non importa quanto abbia studiato, quanto elevata sia la sua capacità retorica, quanto sia attraente, quanto sia aperto e nei confronti delle persone e quanto riesca ad attirare la loro attenzione. Tutte le persone sono fondamentalmente inadatte. Perché il ministero di proclamare il Vangelo di Dio non è qualcosa di umano, ma qualcosa di divino, qualcosa che nessun essere umano è in grado di fare, ma che solo Dio può compiere. Come dice Paolo nel nostro brano: si tratta del fatto che attraverso la proclamazione del vangelo "lo Spirito del Dio vivente ” viene sulle persone, le risveglia dalla sfiducia e dalla miscredenza e dona loro la fede nel vangelo gioioso e liberatorio di Gesù Cristo. Attraverso questo ministero nasce la chiesa, cioè la comunità di tutti coloro che credono nel vangelo di Gesù Cristo. Ed è proprio questo, l'arrivo alla fede in Cristo attraverso lo Spirito Santo, questo elemento decisivo e centrale che fa della chiesa la chiesa, che nessun essere umano può realizzare, per quanto dotato possa essere, ma è solo opera di Dio.

 

Ecco perché Paolo definisce la comunità di Corinto una “lettera di Cristo”, “scritta con lo Spirito del Dio vivente”, e descriverebbe anche noi a Torino come una "lettera di Cristo”. Su di voi che credete in Cristo, Cristo stesso ha posto la sua mano, voi come comunità siete scritti con la sua scrittura. Essendo "lettera di Cristo”, dimostrate a questo mondo che Cristo stesso ha agito su di voi, siete la sua opera divina in questo mondo, la sua creazione divina - e non l'opera di un essere umano.

 

Ma qual è allora il ruolo di San Paolo, qual è il compito dei pastori, di una Maria Bonafede, di un Francesco Sciotto, di un Tobias Brendel, se non possiamo contribuire in alcun modo a questa questione cruciale della fede perché siamo umani? Noi predicatori del Vangelo siamo semplicemente strumenti nelle mani di Dio. Dio non vuole predicare il suo Vangelo da solo, ma vuole farlo attraverso persone che chiama e abilita a farlo. Questo è ciò che dice Paolo: “Non che siamo capaci da noi stessi [...] ma che siamo capaci viene da Dio, che ci ha anche resi capaci come ministri della nuova alleanza”. Si tratta quindi di un vero e proprio miracolo: Dio vuole dare il suo Spirito Santo attraverso i predicatori del Vangelo, anche se sono esseri umani, e condurre noi persone umane alla fede.

 

Chiaramente è un bene se io, nella mia veste di pastore, vi sono simpatico oppure se Francesco Sciotto fa delle belle prediche e riesce a coinvolgere le persone con il suo modo di fare, oppure se io riesco ad ispirare ed entusiasmare i giovani. Ma il fatto decisivo non è la missione di un predicatore di per sé, ma il fatto che Dio opera per mezzo di noi predicatori e compie le Sue opere – che solo Lui è in grado di fare – attraverso noi.

 

Per noi predicatori, compreso me personalmente, questo è un enorme sollievo: mi impegnerò con tutte le mie capacità a svolgere il mio ministero nel miglior modo possibile. Anche Paolo lo faceva. Dall'altra parte sono consapevole che il fattore decisivo non dipende da questo, ma che sono destinato ad essere semplicemente uno strumento nelle mani di Dio, attraverso il quale Dio vuole operare. Sono qui, posso dire a Dio: usami così come sono.

 

Per la vostra comunità questo significa: aspettatevi diligenza e impegno da parte di noi predicatori. Nelle vostre aspettative, nel vostro sostegno e nelle vostre preghiere per noi siate però consapevoli del fatto che, attraverso il nostro ministero, lo "Spirito del Dio vivente” viene sulle persone e le conduce alla fede, formando e preservando così la chiesa di Gesù Cristo.

 

Perché la chiesa di Gesù Cristo è soprattutto questo: Dio sta compiendo la sua opera in mezzo a noi, Dio ci dona il suo Spirito Santo, Dio si rivolge a noi e ci accetta, in modo che nella chiesa di Gesù Cristo possiamo vivere con gioia e amore per Dio e per gli altri - e forse questa gioia sarà percepita subito dopo il nostro culto, quando ci ritroveremo insieme al caffè della chiesa, perché Dio si è rivolto a noi in modo così amorevole nel precedente culto. Ed è proprio questa cura amorevole che Dio vuole riservarci attraverso il ministero del predicatore.

 

Preghiamo: “Nostro Dio, padre celeste, tu prendi le persone al tuo servizio per annunciare il tuo vangelo liberatorio attraverso di loro. Stamattina ti chiediamo che noi tutti insieme, Pastore e comunità, possiamo condividere con tutto il cuore questo modo di compiere la tua opera. Aiutami a svolgere il ministero di Pastore che mi hai affidato, con fedeltà, dedizione e cura per la nostra comunità e opera tu stesso attraverso questo ministero. Dona nuovamente la forza del tuo Spirito Santo alla nostra comunità, affinché la fede viva e l’amore reciproco possano caratterizzare la nostra comunità, e fa' che la nostra comunità possa crescere attraverso le persone a cui tu regali la fede in Gesù Cristo. Vieni, nostro Dio, compi la tua opera e scendi di nuovo tra noi attraverso il tuo Spirito Santo. Amen”.

"E la pace di Dio, che supera di gran lunga ogni comprensione umana, mantenga la vostra mente e la vostra volontà nella bontà, sicuri nella comunione di Gesù Cristo". (Filippesi 4:7)

Pastore Tobias Brendel

Pastore Francesco Sciotto durante la sua introduzione - Waldenserpfarrer Francesco Sciotto bei seiner Einführung in Turin Foto: Brendel
Pastore Francesco Sciotto durante la sua introduzione - Waldenserpfarrer Francesco Sciotto bei seiner Einführung in Turin Foto: Brendel

Predigt


Liebe Gemeinde, liebe Schwestern und Brüder!

Am 22. September wurde der neue Turiner Waldenserpastor Francesco Sciotto – Nachfolger von Pastorin Maria Bonafede – in einem Festgottesdienst in sein Amt eingeführt. Auch ich war in diesem Gottesdienst und habe auch ein Grußwort gesprochen. Sicherlich wurde Francesco Sciotto von den Anwesenden gemustert, ob er denn ein guter Pfarrer sein könnte. Ich kann mir vorstellen, dass die Menschen sich etwa gefragt: Ist er sympathisch? Kann er gut predigen? Erreicht er mit seiner Art die Menschen? Kann er junge Menschen begeistern, die die Kirche so dringend braucht? Fragen solcher Art könnten sich die Menschen gestellt haben. Wenn ich nun heute Morgen Euch frage: Was sollte Eurer Meinung nach ein Pfarrer gut können? Auf welche Weise füllt er sein Amt am besten aus? Ja, worin besteht eigentlich sein Amt? - was würdet Ihr auf solche Fragen antworten?

 

Unser heutiger Predigttext aus dem 2. Brief des Apostels Paulus an die Korinther, ein sehr schwieriger Bibeltext, führt uns genau in solche Fragen hinein – und gibt eine klare Antwort. Ob es uns gelingt, Fragen und Antwort aus dem Text herauszuhören? So jedenfalls lautet der Text: 

1 Fangen wir denn abermals an, uns selbst zu empfehlen? Oder brauchen wir, wie gewisse Leute, Empfehlungsbriefe an euch oder von euch? 2 Ihr seid unser Brief, in unser Herz geschrieben, erkannt und gelesen von allen Menschen! 3 Ist doch offenbar geworden, dass ihr ein Brief Christi seid durch unsern Dienst, geschrieben nicht mit Tinte, sondern mit dem Geist des lebendigen Gottes, nicht auf steinerne Tafeln, sondern auf fleischerne Tafeln der Herzen. 4 Solches Vertrauen aber haben wir durch Christus zu Gott. 5 Nicht dass wir tüchtig sind von uns selber, uns etwas zuzurechnen als von uns selber; sondern dass wir tüchtig sind, ist von Gott, 6 der uns auch tüchtig gemacht hat zu Dienern des neuen Bundes, nicht des Buchstabens, sondern des Geistes. Denn der Buchstabe tötet, aber der Geist macht lebendig. 

7 Wenn aber der Dienst, der den Tod bringt und der mit Buchstaben in Stein gehauen war, Herrlichkeit hatte, sodass die Israeliten das Angesicht des Mose nicht ansehen konnten wegen der Herrlichkeit auf seinem Angesicht, die doch aufhörte, 8 wie sollte nicht der Dienst, der den Geist gibt, viel mehr Herrlichkeit haben? 9 Denn wenn der Dienst, der zur Verdammnis führt, Herrlichkeit hatte, wie viel mehr hat der Dienst, der zur Gerechtigkeit führt, überschwängliche Herrlichkeit.

Der Apostel Paulus hat diesen Abschnitt geschrieben als Reaktion auf Anfeindungen gegen seine Person in der Gemeinde von Korinth. Dort gab es Menschen, wahrscheinlich von außen in die Gemeinde eingedrungen, die es Paulus absprachen, ein Apostel, ein legitimer Prediger des Evangeliums zu sein. Es mangele ihm an Redekunst, er sei zu wenig wortgewaltig und er sei auch in seiner körperlichen Erscheinung (mit einer Behinderung, die wir nicht genau kennen) kein würdiger Bote Gottes. Solcher Art waren die Vorstellungen jener Gegner des Paulus von der Amtsführung eines Predigers des Evangeliums, modern gesprochen: eines Pfarrers. Und sie forderten Paulus heraus: Weise dich und deine Fähigkeiten aus! Zeige, was für dich spricht! Lass dir von autorisierter Stelle – etwa von den Aposteln in Jerusalem – einen Empfehlungsbrief ausstellen! Sage uns, wer dich legitimiert!

 

Auch wenn diese Forderungen an Paulus 2000 Jahre alt sind, so meine ich, dass sie im Wesentlichen keine anderen Erwartungen sind, als wie sie heute an Pfarrer und Pfarrerinnen und ihre Amtsführung gerichtet werden, wohl auch an Francesco Sciotto, wohl auch an mich selber als Pfarrer. Im Grunde geht es um bestimmte menschliche Fähigkeiten und Vorzüge. Je mehr sie ein Pfarrer erfüllt, umso geeigneter scheint er für seinen Dienst.

 

Wie hat Paulus damals reagiert, als er so konfrontiert wurde? Paulus hat sich nicht herausfordern lassen, er hat nicht mit dem argumentiert, was er als Mensch ja doch alles kann und leistet, nichts davon hat er jenen Vorwürfen entgegengestellt, er hat auch einen Empfehlungsbrief für sich zurückgewiesen. Für Paulus war das die völlig falsche Ebene, um über das Amt eines Predigers zu reden. Vielmehr hat er den Korinthern aufgezeigt, worum es grundsätzlich in der Kirche, in der Gemeinde und darum auch im Amt eines Predigers geht. (Was Paulus damals gesagt hat, ist so grundsätzlich und richtungsweisend, dass es wichtig und hilfreich ist für alle Gemeinden und alle Pfarrer aller Zeiten, auch für uns heute.)

 

Das hat Paulus gesagt – vielleicht zu unserem Erstaunen: Für das Amt eines Predigers gibt es prinzipiell keinen geeigneten Menschen: keinen Paulus, keinen Francesco Sciotto, keinen Tobias Brendel. Der Prediger mag noch so studiert sein, noch so rhetorisch begabt, noch so attraktiv, noch so offen und ansprechend für die Menschen. Alle Menschen sind grundsätzlich ungeeignet. Denn in dem Amt, das Evangelium Gottes zu verkünden, geht es um nichts Menschliches, sondern um etwas Göttliches, um etwas, was kein Mensch tun kann, sondern was nur Gott tun kann. In den Worten des Paulus aus unserem Abschnitt: Es geht darum, dass durch die Verkündigung des Evangeliums „der Geist des lebendigen Gottes“ über die Menschen kommt, sie aufweckt aus Misstrauen und Unglauben und ihnen den Glauben an das frohmachende, befreiende Evangelium von Jesus Christus schenkt. Es geht darum, dass durch dieses Amt die Kirche entsteht, das ist die Gemeinschaft all derer, die an das Evangelium von Jesus Christus glauben. Und genau das, das Zum-Glauben-Kommen an Christus durch den heiligen Geist, dieses Entscheidende und Zentrale, das die Kirche zur Kirche macht, das kann kein Mensch bewirken, so hochbegabt er auch sei, sondern das ist alleine Gottes Werk.

 

Deswegen nennt Paulus die Gemeinde in Korinth auch einen „Brief Christi“, „geschrieben [] mit dem Geist des lebendigen Gottes“, und er würde auch uns in Turin als einen solchen „Brief Christi“ bezeichnen. Bei euch, die ihr an Christus glaubt, hat Christus selbst seine Hand angelegt, ihr als Gemeinde seid mit seiner Handschrift geschrieben. Als ein „Brief Christi“ dokumentiert ihr in dieser Welt, dass Christus selbst an euch gehandelt hat, ihr seid inmitten dieser Welt sein göttliches Werk, seine göttliche Schöpfung – und nicht das Werk eines Menschen.

 

Was aber ist dann die Rolle des Paulus, was die Aufgabe der Pfarrerinnen und Pfarrer, einer Maria Bonafede, eines Francesco Sciotto, eines Tobias Brendel, wenn wir zu dieser entscheidenden Sache des Glaubens nichts, aber auch gar nicht beitragen können, weil wir Menschen sind? Wir sind als Prediger des Evangeliums schlicht Werkzeuge in der Hand Gottes. Gott will sein Evangelium nicht alleine predigen, sondern er will es durch Menschen tun, die er dazu beruft und die er dazu befähigt. So sagt es Paulus: „Nicht dass wir tüchtig sind von uns selber […], sondern dass wir tüchtig sind, ist von Gott, der uns auch tüchtig gemacht hat zu Dienern des neuen Bundes“. Es ist also eigentlich ein Wunder: Gott will durch die Prediger des Evangeliums, obwohl sie Menschen sind, seinen heiligen Geist geben und uns Menschen zum Glauben führen.

 

Natürlich ist es gut, falls ich als Pfarrer Euch sympathisch bin oder wenn Francesco Sciotto gut predigen und mit seiner Art Menschen erreichen kann oder falls ich junge Menschen begeistern kann. Aber im Amt eines Predigers ist das nicht das Entscheidende, sondern das Entscheidende ist, dass Gott durch uns Prediger wirkt und durch uns sein Werk tut, das nur er tun kann.

 

Für uns Prediger, auch für mich persönlich, ist das eine riesige Entlastung: Zwar werde ich mit allem Einsatz meiner Fähigkeiten mich darum bemühen, meinen Dienst so gut wie möglich zu machen. Das hat Paulus auch getan. Aber auf der anderen Seite darf ich wissen, dass davon das Entscheidende nicht abhängt, sondern ich einfach Werkzeug in der Hand Gottes sein soll, durch das Gott wirken möchte. Hier bin, darf ich zu Gott sagen, gebrauche mich so, wie ich bin.

 

Für Euch als Gemeinde soll das heißen: Erwartet von uns Predigern durchaus Fleiß und Einsatz, aber setzt Eure Erwartung, Eure Unterstützung und Euer Gebet für uns vor allen Dingen in die Richtung, dass durch unser Amt der „Geist des lebendigen Gottes“ über Menschen kommt und sie zum Glauben führt, dass also Gemeinde Jesu Christi entsteht und solche Gemeinde erhalten bleibt.

 

Denn darum geht es doch in der Gemeinde Jesu Christi als Allererstes: dass hier tatsächlich Gott sein Werk unter uns tut, dass Gott uns seinen heiligen Geist schenkt, dass Gott sich uns zuwendet und uns annimmt, so dass wir in der Gemeinde Jesu Christi fröhlich und in Liebe für Gott und füreinander leben können – und vielleicht wird diese Fröhlichkeit gleich nach unserem Gottesdienst im Kirchenkaffee spürbar, wenn wir dort miteinander zusammen sind, weil Gott sich uns zuvor so liebevoll zugewendet hat. Und um genau diese liebevolle Zuwendung zu uns zu üben, dazu möchte Gott das Amt des Pfarrers und des Predigers gebrauchen.

 

Lasst uns beten: „Unser Gott, himmlischer Vater, du nimmst Menschen in deinen Dienst, um durch sie dein befreiendes Evangelium zu verkünden. Wir bitten dich, dass wir heute Morgen alle miteinander, Pfarrer und Gemeinde, von ganzem Herzen einstimmen in diese deine Art, dein Werk zu tun. Hilf mir selbst als Pfarrer, in Treue, Hingabe und Fürsorge für unsere Gemeinde meinen Dienst zu tun, den du mir anvertraut hast, und wirke du selbst durch diesen Dienst. Schenke unserer Gemeinde aufs Neue die Kraft deines heiligen Geistes, dass lebendiger Glaube und gegenseitige Liebe unsere Gemeinde auszeichne, und lass unsere Gemeinde wachsen durch Menschen, denen du den Glauben an Christus schenkst. Komm, unser Gott, tue dein Werk und ziehe neu unter uns ein durch deinen heiligen Geist. Amen.“

„Und der Friede Gottes, der alles menschliche Begreifen weit übersteigt, bewahre euer Denken und Wollen im Guten, geborgen in der Gemeinschaft mit Jesus Christus.“ (Philipper 4,7)

Pfarrer Tobias Brendel